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Nel paradosso del Piemonte la crisi del settore e della politica

24 novembre 2017 - 11:16

Mentre la politica abdica le proprie responsabilità di fronte al caso Piemonte, prosegue la resistenza degli operatori con le inevitabili azioni legali.

Scritto da Ac
Nel paradosso del Piemonte la crisi del settore e della politica

In Piemonte è piena crisi. E non si tratta soltanto di quella economica, che attanaglia ormai da qualche anno l'intero paese, insieme a molti altri. Ad andare in crisi è il comparto del gioco pubblico nella sua declinazione locale - fatta di imprese, lavoratori e famiglie - che in virtù di una maldestra legge regionale si trova a rischio chiusura, vedendosi trasformare le proprie attività, da rivenditori di prodotti di Stato a fuorilegge. Ma ad andare in crisi, in Piemonte, è soprattutto la politica, a tutti i livelli. Sempre più incapace di governare il paese, l'economia e il territorio, e di trovare soluzioni efficaci nell'affrontare i problemi (reali) che riguardano i cittadini. Evitando, com'è evidente nel caso delle slot in Piemonte, di assumersi le proprie responsabilità: sia dal lato del governo, che da quello della Regione. Col risultato che appare oggi sotto gli occhi di tutti.
Il potere è la capacità di esercitare un comando. E la politica quella di prendere decisioni, di orientarle in un senso o nell’altro, sosteneva Zygmunt Bauman. Ma se la società attuale si rivela - parole sue - sempre più "liquida", la politica sembra addirittura evaporare davanti alle esigenze reali. E' quanto emerge con chiarezza dal balletto delle ultime settimane andato in scena tra Roma e Torino, in un continuo scaricabarile tra governo e regione che non ha portato ad alcun risultato. Nonostante la necessità - evidente a entrambi - di dover intervenire per scongiurare l'annunciato stato di crisi, che adesso rischia di compromettere seriamente il tessuto imprenditoriale e sociale locale. La politica, invece, ha scelto di non scegliere: e al di là dell'impegno verbale di entrambi i soggetti nel voler tutelare la cittadinanza e le imprese, non è stata presa alcuna decisione sostanziale, lasciando trascorrere il tempo e facendo in modo che l'iter della legge regionale facesse il suo naturale corso. E così, dallo scorso lunedì, oltre ventimila slot (offerte in nome e per conto dello Stato, ricordiamolo) sono diventate illegali. In barba alle leggi dello Stato stesso, dei lavori della Conferenza unificata (sottoscritti anche dal Piemonte) e pure delle varie carenze della stessa amministrazione locale, che avrebbe dovuto avviare una ricognizione con i comuni del posto prima dell'entrata in vigore definitiva della norma, che non è ancora stata avviata.

Il risultato è decisamente paradossale: con un'offerta di gioco di Stato impedita da organi dello Stato e nell'imbarazzo più totale di esercenti, gestori e concessionari che non sanno che pesci pigliare. E nella più totale confusione dei cittadini, per i quali sarà sempre più difficile, d'ora in poi, distinguere tra offerta legale e illegale, dopo gli sforzi enormi compiuti in questi anni dal Legislatore e della stessa industria, rimangiati in un sol colpo dall'esplosione del "caso Piemonte".
A rendere ancora più paradossale il tutto, in realtà, è anche il fatto di non aver assistito ancora oggi a nessun sequestro e all'erogazione di alcuna sanzione da parte delle autorità sul posto, nonostante gran parte degli addetti ai lavori siano tornati ad accendere le slot dopo le prime ore di interruzione. Per una possibile presa di coscienza da parte dell'amministrazione locale, che forse solo adesso si rende conto dei danni che questo tipo di norme possono creare a livello economico e sociale: ma che renderebbe il tutto ancora più paradossale, visto che si sarebbe potuto evitare tutto questo in maniera piuttosto semplice, e senza doversi rimangiare i propri impegni o le proprie parole, optando per una mera proroga dei termini, magari anche in attesa delle norme definitive da parte del governo. Invece, non è andata così. E il resto è storia di questi giorni.
Intanto però l'industria non può certo rimanere a guardare di fronte a una soluzione di questo tipo. Per tale ragione l'associazione dei gestori As.Tro, dopo le 1200 notifiche inviate ai comuni del territorio interessati dalla legge tramite Pec, e le otto missive inoltrate ai prefetti, ha avviato delle azioni legali sul territorio, in autotutela, auspicando l'intervento del legislatore locale e chiedendo, in alternativa, la censura da parte del tribunale civile, di una norma ritenuta illegittima, oltre che inattuabile.
Nel frattempo l'associazione Sapar convoca tutte le sigle del comparto, insieme a quelle degli esercenti (tra cui Fit, Fipe, Confcommercio e Confesercenti) in un incontro che si svolgerà il prossimo 28 novembre mirato all'istituzione di un tavolo di crisi riferito alla situazione del Piemonte. Rispetto alla quale si individuano troppi responsabili e poche soluzioni, se la politica continua ad abdicare di fronte alle proprie responsabilità.
L'unica strada che potrebbe portare a un cambiamento concreto sul territorio, sembra dunque essere quella giudiziale. E oltre al fronte civile già avviato da As.Tro, appare scontata l'immediata impugnativa del primo provvedimento sanzionatorio che verrà emesso nei confronti di un esercente piemontese (con la possibilità, annunciata dalla stesas associazione, che si possa assistere al deposito di ben 12mila ricorsi). Con il Tar che a quel punto verrebbe chiamato ad esprimersi sulla legge regionale, ma questa volta in riferimento agli sviluppi a livello centrale e dell'intesa siglata tra governo ed enti locali. E nel caso in cui dovesse essere un giudice a imporre la modifica della legge regionale, verranno tutti sollevati dall'imbarazzo di dover intervenire, senza essere accusati di emanare "diktat" né di eseguir "dietro-front", in un clima politico sempre più orientato alla campagna elettorale. È sempre più distante dalle esigenze dei cittadini. Per un paradosso ancora più evidente, con gli addetti ai lavori che l, a questo punto, dovrebbero quasi auspicare di ricevere una sanzione, pur di arrivare a un verdetto definitivo. Sia pure di un soggetto "terzo", com'è un tribunale, ma sempre più centrale nelle sorti del gioco pubblico. Per un altro immenso passo indietro.

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