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Proibizionismo (e distanziometro) tra scienza e giurisprudenza

09 dicembre 2017 - 09:34

Anche gli studi scientifici, in realtà, sono contro il proibizionismo al gioco legale. Ecco le prove, nell'articolo proposto dalla rivista Gioco News di dicembre 2017.

Scritto da Avv. Geronimo Cardia, autore del volume: “La questione territoriale”
Proibizionismo (e distanziometro) tra scienza e giurisprudenza

A prescindere dagli effetti dell’Intesa raggiunta tra Stato, da un lato, e Regioni e Comuni, dall’altro, riguardo quella che abbiamo da tempo definito la Questione Territoriale, consistente nel contrasto al proibizionismo inflitto al gioco legale dalla normativa territoriale, crediamo sia opportuno affrontare una volta per tutte una questione di merito fondamentale. I provvedimenti restrittivi del (solo) gioco legale adottati da Regioni e Comuni sono, lo ricordiamo di tre tipi. La fissazione di distanze da luoghi sensibili, la limitazione di orari di apertura/funzionamento del gioco, il divieto assoluto di pubblicità. Spesse volte abbiamo affrontato i temi dei distanziometri mettendo in rilievo quello che abbiamo definito il loro reale Effetto Espulsivo.  Con Effetto Espulsivo abbiamo indicato quel fenomeno secondo cui o per l’eccessivo numero di luoghi sensibili o per l’eccessiva estensione del raggio di interdizione di fatto l’intero territorio di riferimento risulta vietato, con la conseguenza che per anni e anni risulta impossibile l’apertura di ogni nuova realtà (i.e. blocco del mercato) e risulta matematica l’espulsione delle realtà esistenti allo spirare del periodo cosiddetto di bonus concesso a queste ultime (solitamente pari ad un quinquennio). 

 

 

Di qui la convinzione che la normativa locale abbia di fatto imposto un malcelato proibizionismo in luogo della invece asserita volontà di ulteriormente regolamentare la distribuzione del gioco legale. Su questo binario di riflessioni si sono poi sviluppate tutte le vicende che hanno portato alla Intesa tra Stato e Regioni, la cui implementazione è ancora un’incognita a cui si sta lavorando e che stiamo monitorando.
 
DISTANZIOMETRO MISURA EFFICACE? - Allo stesso tempo, da sempre, ci siamo interrogati sulla effettiva efficacia della misura individuata. Sia essa intesa come distanza effettiva (cioè che non espelle perché impone sul territorio una sorta di effetto leopardo), sia essa intesa come distanza espulsiva (perché come detto fonte di un effetto pantera). Il tutto anche se poi di distanziometri effettivi e non espulsivi ancora non ne abbiamo trovati. E ciò in quanto da sempre abbiamo avuto il dubbio che il distanziometro (effettivo o espulsivo) sia idoneo a consentire di perseguire gli interessi asseritamente tutelati (la tutela dei minori, i soggetti deboli, i giocatori patologici).
 
IL RICORSO AL BUON SENSO -  Il dubbio nasce da riflessioni spontanee e - crediamo - di buon senso quali quella secondo cui andando a vedere le regole imposte per la distribuzione di altri prodotti/servizi delicati quali quelli del tabacco o dell’alcol (pure vietati ai minori) non si trovano dei distanziometri da luoghi sensibili.   In questo caso, peraltro, le distanze che si trovano, invece imposte ai tabaccai, tra i tabaccai, invece sembrano concepite per occupare capillarmente il territorio con un’offerta legale importante. O riflessioni quale quella, ad esempio, secondo cui una distanza di 500 metri da una Chiesa di una pasticceria certamente non ci farebbe desistere dalla convinzione di comprare le paste per la famiglia la domenica. Se poi la pasticceria si trovasse confinata in un'altra città, certamente troveremmo il modo di accedere alla vendita presso le bancarelle (autorizzate o meno) o ci organizzeremmo a produrre in casa i dolci che cerchiamo.   In ogni caso, a pranzo la domenica avremmo le nostre paste.
 
L’IMPORTANZA DELL’ANALISI SCIENTIFICA - Ma sempre allo stesso tempo siamo convinti che il buon senso pur aiutando, in ambiti così seri deve necessariamente fare i conti con la produzione scientifica. Per questo ci siamo domandati cosa essa abbia ad oggi prodotto in merito. Ebbene se l’analisi dovesse limitarsi alle conclusioni della produzione scientifica in materia, spesso dovrebbe prendersi atto di una reticenza a bocciare la misura del distanziometro. Quello che ci ha colpito, tuttavia, è che andando a vedere nel cuore degli studi scientifici in realtà ci sono dei passaggi fondamentali che sembrano invece mettere in serio dubbio l’efficacia della misura del distanziometro. Sia esso inteso come distanziometro effettivo (cioè che lascia spazi ampi alla distribuzione legale) si esso come distanziometro espulsivo (che ciò impone proibizionismo di fatto su tutto il territorio).
 
LE DIVERSE CATEGORIE DI GIOCATORI - Come primo spunto di riflessione abbiamo preso atto che la letteratura scientifica individua diverse categorie di giocatori. E crediamo si possa riassumere il lavoro riconoscendo fondamentalmente tre categorie di giocatori: quelli sociali (che hanno un rapporto misurato), quelli a rischio e quelli problematici. Alcuni degli studi qui richiamati si spingono a dare delle misure percentuali di prevalenza che proponiamo virgolettate. Nell’articolo di BELLIO G., FIORIN A., “Il Modello di Valutazione diagnostica dell’Ambulatorio per il gioco d’azzardo problematico di Castelfranco Veneto”, agosto 2015, in www.andinrete.it, si opera la distinzione tra: “giocatori condizionati nel comportamento”, “giocatori emotivamente vulnerabili” e “giocatori impulsivi antisociali”. In particolare, “l’ipotesi del modello patogenetico è che siano distinguibili tre tipi distinti di giocatori, il primo essenzialmente normale sul piano della struttura di personalità, il secondo con una vulnerabilità psicopatologica soprattutto di tipo affettivo ed esordio tardivo, il terzo con impulsività temperamentale e ad esordio precoce (Blaszczynski e Nower, 2002)”. In un altro articolo di BELLIO G., FIORIN A., “I Servizi per le Dipendenze e i giocatori problematici. Organizzazione, valutazione e presa in carico”, marzo 2016, in MDD Medicina delle Dipendenze Gambling, www.medicinadelledipendenze.it, si precisa che “Sulla base del modello patogenetico si possono pertanto individuare tre tipi di giocatori: il tipo I di Blaszczynski, caratterizzato per l’assenza di particolari complicazioni psicopatologiche, per livelli normali di impulsività, e per una vita di relazione e familiare sufficientemente conservata. Il tipo II di Blaszczynski presenta una comorbilità psichiatrica in atto, soprattutto di tipo affettivo; una storia di sofferenza psichica, oppure scarse abilità personali, di problem solving e sociali. Il giocatore del tipo III di Blaszczynski infine ha generalmente una prognosi severa e condizionata dalla elevata impulsività, spesso associata a comorbilità psichiatrica, tratti antisociali, e scarso supporto familiare”. Ed ancora, MONACO M., in “La dipendenza dal gioco d’azzardo”, in www.benessere.com, chiarisce che “Lungo il continuum tra gioco d’azzardo ricreativo e gioco patologico, in relazione alle motivazioni che sembrano determinare e accompagnare il gioco d’azzardo, sono state distinte le seguenti tipologie di giocatori (Alonso Fernandez F., 1996, Dickerson M., 1993): 1. il giocatore sociale che è mosso dalla partecipazione ricreativa, considera il gioco come un’occasione per socializzare e divertirsi e sa governare i propri impulsi distruttivi; 2. il giocatore problematico in cui, pur non essendo presente ancora una vera e propria patologia attiva, esistono dei problemi sociali da cui sfugge o a cui cerca soluzione attraverso il gioco; 3. il giocatore patologico in cui la dimensione del gioco è ribaltata in un comportamento distruttivo che è alimentato da altre serie problematiche psichiche;  4. il giocatore patologico impulsivo/dipendente in cui i gravi sintomi che sottolineano il rapporto patologico con il gioco d’azzardo sono talvolta più centrati sull’impulsività e altre volte sulla dipendenza”. BARONCELLI S., in “La psicologia del gioco d’azzardo patologico”, 2 novembre 2014, in www.polimniaprofessioni.com precisa che “Una prima distinzione, utile per un inquadramento descrittivo e clinico del fenomeno del gioco d’azzardo, è quella che vede suddivisi i giocatori in tre categorie, in base alle caratteristiche comportamentali e motivazionali che questi presentano:    i giocatori sociali, i giocatori problematici e i giocatori patologici (…) [i]  Il giocatore sociale, per quanto sia una persona soggetta alle lusinghe dell’Alea, al fascino di guadagnare tutto in una volta, senza fatica, intuisce, senza oltrepassarlo, il labile confine tra semplice distensione, passatempo e morboso accanimento (…) Elevato è il numero di giocatori sociali, categoria questa che comprende sia i giocatori occasionali che quelli abituali: l’80% degli italiani infatti può essere considerato un giocatore occasionale, perché almeno una volta nella vita ha giocato d’azzardo, mentre il 20 percento scommette in maniera abituale, con assiduità, spinto dal desiderio di compiere un “salto” economico. (…) [ii]  Il giocatore problematico non riesce ad avere un pieno controllo sul gioco e con il suo comportamento sconsiderato, inizia a danneggiare la sfera personale, familiare e sociale; egli va pertanto alla ricerca di quel piacere che solo il gioco gli assicura. La persona inizia a dedicare sempre più tempo al gioco, la frequenza delle giocate si fa più alta, la quantità di denaro scommesso aumenta, il gioco comincia ad avere un ruolo di primo piano nella vita quotidiana. La possibilità di sviluppare un comportamento patologico e sempre più severo, che lo spinge a giocare compulsivamente, senza fermarsi, fino a quando non si perde tutto, si fa molto probabile. (…) [iii] I giocatori patologici sono, invece, quei soggetti che hanno perso completamente il controllo del proprio comportamento, tanto da non riuscire a smettere di giocare, finché non hanno perso tutto”. SERPELLONI G, “Gioco d’azzardo problematico e patologico: inquadramento generale, meccanismi fisiopatologici, vulnerabilità, evidenze scientifiche per la prevenzione, cura e riabilitazione, Manuale per i Dipartimenti delle Dipendenze”, 2013, in Gambling individua le “Caratteristiche dei principali stadi del gioco d’azzardo: [i] Gioco d’azzardo informale e ricreativo. Comportamento fisiologico con necessità di consapevolezza dei potenziali rischi. Caratteristiche: gioco saltuario, principale motivazione: socializzazione e competizione, spesa contenuta [ii] Gioco d’azzardo problematico. Comportamento a rischio per la salute (fisica, mentale e sociale) con necessità di diagnosi precoce e di intervento. Caratteristiche: gioco periodico, aumento del tempo trascorso giocando e aumento delle spese dedicate al gioco; [iii] Gioco d’azzardo patologico. Malattia neuro-psico-biologica con conseguenze sanitarie e sociali e necessità di diagnosi, cura e riabilitazione. Caratteristiche: gioco quotidiano o intensivo, craving (desiderio incontrollabile di giocare), spese elevate con indebitamento.” Nel Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, “Year Book 2016 Rischi da giocare”, 2016, in www.cnca.it si legge che “La sezione dedicata al gioco d’azzardo include il test CPGI - Canadian Problem Gambling Index (Ferris & Wynne, 2001a; b), adattato e validato a livello nazionale (Colasante et al., 2013): si tratta di un test di screening utilizzato per rilevare il grado di problematicità del comportamento di gioco. L’autocompilazione del test ha evidenziato che poco meno del 15 percento dei giocatori 15-64enni ha un comportamento di gioco definibile “a basso rischio”, il 4 percento è “a rischio moderato” e l’1,6 percento “problematico”. In un’altra pubblicazione, del Governo italiano, Dipartimento Politiche Antidroga presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, “Relazione Annuale al Parlamento 2016 sullo stato delle Tossicodipendenze in Italia”, 2016, in www.politicheantidroga.gov.it si legge che “Il punteggio ottenuto, compreso tra 0 e 12, definisce 3 gradi di problematicità: - lo score da 0 o 1 caratterizza un comportamento di gioco di tipo sociale, “non problematico”; - da 2 a 3 un comportamento definibile a rischio “at risk”; - uguale o superiore a 4 indica una condizione problematica rispetto al comportamento di gioco “problem gambling” (Winters et al., 1993).”
 
DISTANZE E PATOLOGIE - Che effetto hanno per la letteratura scientifica i distanziometri effettivi e quelli che proibiscono sulle tipologie di giocatori patologici e problematici? In effetti, analizzando il cuore della produzione scientifica di riferimento, sembrerebbe potersi dire che sia pieno di spunti per affermare che i giocatori problematici e quelli patologici non solo non si fermino di fronte ad una distanza di 500 metri da luoghi sensibili come Chiese o scuole, ma non siano nemmeno disposti a rinunciare a giocare in presenza di chilometri da affrontare.  Ecco di seguito gli spunti da cui sembra potersi evincere questa denunziata incapacità di controllarsi. Ed infatti, SCALESE M., BASTIANI L., SALVADORI S., GORI M., LEWIS I., JARRE P., MOLINARO S., in “Relazione tra numero e tipo di giochi d’azzardo praticati e gioco problematico nella popolazione generale italiana”, marzo 2016, in MDD Medicina delle Dipendenze Gambling, www.medicinadelledipendenze.it affermano che “I giocatori patologici sono persone cronicamente e gradualmente sempre più incapaci di resistere all’impulso di giocare d’azzardo e la cui vita personale o l’attività professionale sono state compromesse dal gioco”. BELLIO G., FIORIN A., “Il Modello di Valutazione diagnostica dell’Ambulatorio per il gioco d’azzardo problematico di Castelfranco Veneto”, agosto 2015, in www.andinrete.it precisano che “Il disturbo da gioco d’azzardo è attualmente considerato una forma di dipendenza comportamentale, l’unica inclusa tra i disturbi mentali nella quinta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders - DSM-5 (APA, 2013)  1. Esso si caratterizza per un persistente o ricorrente stile maladattivo e dannoso di gioco d’azzardo in cui il soggetto, avendo perso il controllo sul proprio comportamento, soffre per menomazioni o difficoltà clinicamente significativi. (…) Incapacità a smettere di giocare, cioè la sensazione soggettiva e la convinzione di non riuscire a controllare il gioco; questa dimensione esprime l’autoefficacia.”. BELLIO G., FIORIN A., in altro articolo, “I Servizi per le Dipendenze e i giocatori problematici. Organizzazione, valutazione e presa in carico”, marzo 2016, in MDD Medicina delle Dipendenze Gambling, www.medicinadelledipendenze.it ulteriormente precisano che “Seppur con le controversie segnalate, oramai appare prevalente l’opinione che il disturbo da gioco d’azzardo appartenga al gruppo delle addiction. (…) l’impulsività da non pianificazione, ovvero la tendenza a prendere decisioni senza aver adeguatamente considerato le conseguenze a breve, medio e lungo termine dei comportamenti. Tale dimensione, prettamente cognitiva, appare tipicamente alterata nei soggetti con dipendenza patologica”. Nella pubblicazione del Dipartimento Politiche Antidroga presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, “Relazione Annuale al Parlamento 2016 sullo stato delle Tossicodipendenze in Italia”, 2016, in www.politicheantidroga.gov.it  si legge che “Il Gioco d’azzardo patologico(GAP) veniva classificato nel DSM-IV-TR (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali della Associazione Americana di Psichiatria) tra i Disturbi del controllo degli impulsi non classificati altrove, come “un comportamento persistente, ricorrente, e mal adattativo di gioco d’azzardo, in grado di compromettere le attività personali, familiari, o lavorative.” SERPELLONI G., in “Gioco d’azzardo problematico e patologico: inquadramento generale, meccanismi fisiopatologici, vulnerabilità, evidenze scientifiche per la prevenzione, cura e riabilitazione, Manuale per i Dipartimenti delle Dipendenze”, 2013, in Gambling, afferma che “I comportamenti compulsivi in generale, ed il gioco d’azzardo patologico in particolare, possono essere considerati conseguenza di una carente capacità di autoregolazione, malgrado le conseguenze negative che il gioco stesso determina (Goudriaan 2004). Il soggetto, infatti, non è in grado di inibire volontariamente il desiderio di attuare comportamenti di gioco d’azzardo patologico e non si mostra capace di passare da un rinforzo del comportamento additivo ad un meccanismo di rinforzo meno auto-distruttivo. (…) Nella condizione patologica di dipendenza, la caratteristica principale per la reiterazione del comportamento è l’esistenza di craving, cioè di un desiderio/ricerca forte ed irrefrenabile ad esprimere un comportamento di gioco d’azzardo. Le aree che sono coinvolte nel craving sono il giro cingolato, la corteccia prefrontale e orbitofrontale. (…)   In altre parole, l’individuo dipendente focalizza la sua vita quasi esclusivamente sulla ricerca dello stimolo ritenendolo particolarmente importante se non addirittura esclusivo (…) le persone affette da gioco d’azzardo patologico hanno una minor flessibilità mentale (in particolare nella riformulazione e nell’uso di nuove strategie cognitive) e capacità di formazione di concetti e quindi, in ultima analisi, un ridotto grado di apprendimento su come operare scelte vantaggiose”. SPAGNOLO M.L., DEVIETTI GOGGIA F., LE FOCHE G., MONGE S., PELLEGRINI E., RECCHIA R., TURINETTI E., JARRE P., in “Le attività di un Servizio pubblico per il gioco d’azzardo patologico in Italia”, in www.docplayer.it mettono in evidenza che “Il tutoraggio economico ha come scopo il recupero da parte del giocatore di un rapporto sano con il denaro che, nella maggior parte dei casi, perde il suo valore concreto e viene sperperato senza criteri o regole”. FLORIDO M., SPAGNOLO M.L., “Percorsi residenziali per giocatori d’azzardo patologici: l’esperienza della comunità residenziale” Lucignolo & Co. e della comunità residenziale breve Sidecar, 2009, in Medicina delle Tossicodipendenze, Italian Journal of the Addictiono affermano che “Il gioco d’azzardo patologico è stato riconosciuto ufficialmente come disturbo psichiatrico a sé stante dall’American Psychiatric Association 1980.  Nel 1994, è stato classificato nel DSM-IV (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) come “disturbo del controllo degli impulsi non classificati altrove”, definendolo come “un comportamento persistente, ricorrente e maladattivo di gioco che compromette le attività personali, familiari o lavorative”; l’iICD-10 lo ha inserito tra i disturbi delle abitudini e degli impulsi. (…) Il GAP si manifesta attraverso fenomeni simili a quelli presenti nei soggetti dipendenti da sostanze psicoattive quali la perdita di controllo, lo sviluppo di fenomeni di tolleranza, la sindrome di astinenza e di craving crescente durante le fasi di sospensione del comportamento”. BLASZCZYNSKI A., COLLINS P., FONG D., LADOUCEUR R., NOWER L., SHAFFER H.J., TAVARES H., VANISSE J.L., in “Il gioco responsabile: principi generali e requisiti di minima”, settembre 2015, in MDD Medicina delle Dipendenze Gambling, www.medicinadelledipendenze.it aggiungono che “I clinici usano descrittori come “problematico”, “compulsivo”, o “patologico”, per riferirsi a giocatori di qualsiasi età che riportino, nel corso della loro vita o in un determinato momento, sintomi clinici o difficoltà di controllo, definibili come spendere più denaro nel gioco di quanto ci si potrebbe permettere, aumentare le entità delle scommesse, fare affidamento sugli altri per poter continuare a giocare, e altri segnali associati al gioco eccessivo”. BARONCELLI S., in “La psicologia del gioco d’azzardo patologico”, 2 novembre 2014, in www.polimniaprofessioni.com mette in evidenza che “L’Arizona Council on Compulsive Gambling (1999), definisce il gioco d’azzardo patologico come un disturbo progressivo, caratterizzato dalla continua perdita di controllo in situazioni di gioco, dal pensiero fisso di giocare e di reperire denaro per continuare a farlo, dal pensiero irrazionale e dalla reiterazione del comportamento, nonostante le conseguenze negative che provocano sul soggetto”. ILICETO P., FINO E.,  in“«La Gambling Related Cognitions Scale (GRCS-I)»: uno strumento valido nell’assessment di cognizioni relative al gioco d’azzardo nella popolazione italiana”, 2013, Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. infine chiariscono “La quarta dimensione, «Incapacità di smettere di giocare» (…) Questa dimensione si riferisce alla convinzione, da parte di un soggetto, di essere incapace di controllare il proprio impulso a giocare, che indurrebbe una propensione minore a provare a controllare tale impulso”. Per la verità, molti degli studi evidenziati mettono altresì in risalto il fattore della cosiddetta “accessibilità” al gioco che potrebbe in linea teorica favorire il gioco. Tuttavia tale richiamo mal si concilia, almeno agli occhi esterni di un osservatore esterno come lo scrivente, con tutte le affermazioni sopra riportate in cui emergerebbe un’incapacità di controllo e di ponderazione di fattori razionali quali la vicinanza o meno ai propri luoghi di frequentazione. Ma su qeusto si trona in chiusura. Certamente nessuno studio mette in evidenza una valutazione su quali siano poi i luoghi di maggiore frequentazione dei soggetti in questione e nessuno studio, dunque, certifica l’idoneità di un luogo sensibile utilizzato piuttosto che di un altro.
 
IL COMPORTAMENTO DEI GIOCATORI - E il giocatore medio come si comporta? Diverse sono poi le considerazioni registrate nella letteratura scientifica riguardo i comportamenti ascritti al giocatore medio, a quello che è definito giocatore sociale, che, in linea teorica, se posto di fronte alla scelta di percorrere chilometri per accedere ad una forma di gioco legale, ha tutta la razionalità e tutta la centratura per compiere la scelta di non andare e di preferire altre forme di gioco, legali o illegali, o altre forme di intrattenimento.  Con la conseguenza, peraltro, che l’operatore legale decentrato, marginalizzato ai confini dell’ “impero”, se non è già stato espulso dal distanziometro, finisce per perdere una fetta importante di ricavi al punto da non poter più coprire i costi fissi fino a perdere quella continuità aziendale imposta alle imprese per sopravvivere. BARONCELLI S., “La psicologia del gioco d’azzardo patologico”, 2 novembre 2014, in www.polimniaprofessioni.com mette in evidenza che “Il giocatore sociale, per quanto sia una persona soggetta alle lusinghe dell’Alea, al fascino di guadagnare tutto in una volta, senza fatica, intuisce, senza oltrepassarlo, il labile confine tra semplice distensione, passatempo e morboso accanimento. Le perdite al gioco, pur essendo vissute con ragionevole rammarico, non diventano motivo di affanno o disperazione: esse, infatti, non sono mai troppo elevate, né superano o compromettono la disponibilità economica del giocatore. Si tratta di una tipologia di giocatori che può interrompere il gioco quando lo desidera e fa maggiore affidamento sui dati di realtà piuttosto che su un irragionevole senso di onnipotenza, elemento, questo, che gli consente di capire lucidamente quando è il momento di smettere. Tale gruppo di giocatori è spinto verso il gioco da un semplice desiderio di rilassarsi, dall’incentivo del guadagno facile e senza fatica, dall’attrazione per il rischio. Per queste persone, comunque, il gioco non interferisce con la vita quotidiana e, per tale motivo, rappresenta la ricerca momentanea di un’esperienza appagante all’interno della routine quotidiana. Essi riescono a limitare le perdite e a fermarsi quando stanno vincendo; non mettono in gioco tutti loro stessi e si lasciano coinvolgere emotivamente solo in parte”. Lo stesso SERPELLONI G., in “Gioco d’azzardo problematico e patologico: inquadramento generale, meccanismi fisiopatologici, vulnerabilità, evidenze scientifiche per la prevenzione, cura e riabilitazione, Manuale per i Dipartimenti delle Dipendenze”, 2013, in Gambling offre lo spunto per valutare che si tratta di “Gioco d’azzardo informale e ricreativo. Comportamento fisiologico con necessità di consapevolezza dei potenziali rischi. Caratteristiche: gioco saltuario, principale motivazione: socializzazione e competizione, spesa contenuta”.
 
DISTANZIOMETRI E CURA DEL GAP - Dunque, il proibizionismo dei distanziometri espulsivi o che marginalizzano cura chi ne ha bisogno? Da quanto sopra non solo sembrerebbe che Effetto Espulsivo o marginalizzazione di fatto non curano e non contrastano effettivamente l’impulso patologico o problematico ma, addirittura, per quanto dedotto, se risulta verificato il teorema che al proibizionismo del gioco legale corrisponde l’invasione del gioco illegale, di fatto peggiorano la qualità del prodotto al punto da penalizzare ulteriormente la patologia dei soggetti deboli alimentando ulteriormente le loro patologie.  Sul punto, è molto interessante quanto precisato da CANEPPELE S, MARCHIARO M, “Gioco d’azzardo patologico: monitoraggio e prevenzione in Trentino, Rapporto Progetto Pre. Gio. 2013-2014”, maggio 2016, in www.transcrime.it. In detta relazione, infatti viene precisato quanto segue in merito alle “Restrizioni sulla disponibilità di gioco. È noto che l’aumentare della disponibilità di determinate tipologie di prodotti, che possono creare una dipendenza pur essendo legali, incrementa anche il loro utilizzo, tuttavia tale relazione non è mai semplice e lineare (Williams, West, e Simpson 2012). Per ciò che concerne il gioco d’azzardo, diversi autori hanno sostenuto una relazione positiva fra la disponibilità e l’accessibilità dei giochi d’azzardo legalizzati da un lato, e i tassi di prevalenza del gioco d’azzardo patologico dall’altro (Marshall e Baker 2002; Parsons e Webster 2000; Pearce et al. 2008; Shaffer, LaBrie, e LaPlante 2004; John William Welte et al. 2009; 2004). Tuttavia, tale relazione si presenta alquanto complessa. Come spiegato da Williams e colleghi (2012), i tassi di gioco problematico in Nord America e Australia hanno iniziato a crescere nel decennio 1985-1995, hanno raggiunto l’apice nel decennio successivo, ma da quel momento hanno iniziato ad abbassarsi. Il periodo di crescita dei tassi di prevalenza del GAP è risultato sostanzialmente coincidente con la rapida introduzione e la relativa espansione delle opportunità di gioco legali nei Paesi considerati, il che si è mostrato strettamente connesso all’incremento della spesa pro-capite per gioco d’azzardo e ad un aumento complessivo dei tassi di partecipazione a questa attività. Dopo tale fase è iniziato un graduale calo delle percentuali complessive dei soggetti definiti come problematici e, attualmente, i tassi di persone con problemi di gioco d’azzardo eccessivo sono analoghi a quelli degli anni ’80, prima dell’espansione del gioco. Poiché la disponibilità del gioco d’azzardo è in costante aumento negli ultimi trent’anni in molti Paesi, i risultati dell’indagine possono supportare due tesi differenti, ma non necessariamente in contrasto (Shaffer, LaBrie, e LaPlante 2004; Storer, Abbott, e Stubbs 2009): 1. L’aumento della disponibilità del gioco d’azzardo porta ad una crescita nei tassi complessivi di GAP; 2. le popolazioni tendono ad adattarsi nel corso del tempo. Esistono infatti differenti meccanismi potenzialmente responsabili della diminuzione della prevalenza del gioco d’azzardo eccessivo126 (Williams, Volberg, e Stevens 2012,7): - crescita della consapevolezza della popolazione dei possibili danni legati al gioco d’azzardo (abbassamento dei livelli di predisposizione all’attività); - diminuzione complessiva della partecipazione alle attività di gioco (maggiore cautela dopo il primo periodo di novità); - esclusione di alcuni soggetti dal gruppo di giocatori considerati problematici a causa di gravi conseguenze negative derivanti dal gioco stesso (bancarotta, suicidio, ecc.);    - aumento degli sforzi complessivi volti a garantire un gioco “sicuro” e a mettere in atto programmi di prevenzione efficaci contro il GAP; - aumento dell’età della popolazione. (…).     Partendo dal presupposto che di fronte al fenomeno del gioco d’azzardo occorre sviluppare strategie complessive che tendano a minimizzarne gli effetti negativi e, nello stesso tempo, a riconoscerne i potenziali benefici, emerge chiaramente come, in prospettiva, siano da escludere dal dibattito le due opzioni estreme: il proibizionismo e il liberalismo di mercato. L’opzione proibizionista, ossia considerare il gioco d’azzardo, in quanto tale, un’attività illegale, porterebbe a una crescita esponenziale del mercato clandestino dei giochi e darebbe ampio spazio alla criminalità organizzata e al banditismo”. E posto che l’ipotesi liberista estrema non sia neanche sul tavolo delle idee, resta da salutare con soddisfazione che anche la valutazione scientifica del proibizionismo rappresenta una bocciatura chiara. In sostanza vengono bocciate inaccessibilità ed accessibilità eccessiva.   Al legislatore l’ardua missione di individuare una tempo per tempo misurata accessibilità che certo non è né la marginalizzazione né tantomeno il proibizionismo dell’Effetto Espulsivo imposto dai distanziometri attuali.
(Un estratto dell'articolo è pubblicato sulla rivista cartacea Gioco News, sfogliabile anche online).

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