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Cassazione: 'Responsabile commerciale Betuniq consapevole di scommesse illecite'

22 luglio 2016 - 12:05

La Cassazione conferma la custodia cautelare in carcere per scommesse illecite per il responsabile commerciale di Betuniq.

Scritto da Redazione
Cassazione: 'Responsabile commerciale Betuniq consapevole di scommesse illecite'

 

"Per escludere la configurabilità del reato di esercizio abusivo del gioco e delle scommesse, occorre la dimostrazione che l'operatore estero non abbia ottenuto le necessarie concessioni o autorizzazioni a causa di illegittima esclusione dalle gare o per effetto di un comportamento comunque discriminatorio tenuto dallo Stato nazionale (Cass. sez. 3, sent. n. 40865 del 20/09/2012, Maiorana, Rv. 253367). Tale interpretazione è coerente con le indicazioni fornite dalla CGUE secondo cui è compatibile con il diritto dell'Unione la disciplina prevista dall'art. 88 T.U.L.P.S., che condiziona il rilascio della licenza al previo ottenimento della concessione da parte dello Stato".

Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione nel respingere il ricorso di Rocco Ripepi, responsabile per la diffusione commerciale dei siti e brand della società Betuniq, contro la custodia in carcere disposta dal Tribunale per il riesame delle misure coercitive di Reggio Calabria per aver partecipato ad una associazione finalizzata alla gestione illecita delle scommesse, a violare la normativa fiscale ed antiriciclaggio ed alla consumazione di truffe aggravate.

 

"L'intera attività della associazione era finalizzata ad agevolare la `ndrangheta calabrese ed, in particolare, l'articolazione della stessa facente capo a Mario Gennaro", ricorda la sentenza.

A nulla sono valse le rimostranze della difesa, secondo cui alcune decisioni dell'autorità giudiziaria italiana che avevano avallato la liceità della Betuniq avrebbero indotto nell'indagato la percezione di liceità dell'attività, condizione soggettiva che non sarebbe stata incisa dai successivi interventi della Cassazione che affermavano, invece, la illiceità dell'attività della società.
 
"Con riferimento all'elemento soggettivo del reato, la semplice esistenza di una situazione di incertezza interpretativa o applicativa di una norma 'non abilita da sola ad invocare la condizione soggettiva d'ignoranza inevitabile della legge penale; al contrario, il dubbio sulla liceità o meno deve indurre il soggetto ad un atteggiamento più attento, fino cioè, secondo quanto emerge dalla sentenza n. 364/1988 della Corte Costituzionale, all'astensione dall'azione se, nonostante tutte le informazioni assunte, permanga l'incertezza sulla liceità o meno dell'azione stessa, dato che il dubbio, non essendo equiparabile allo stato d'inevitabile ed invincibile ignoranza, è inidoneo ad escludere la consapevolezza dell'illiceità' (cfr., Sez. 2, sent. n. 46669 del 23/11/2011, dep. 19/12/2011, P.G. in proc. De Masi e altri, Rv. 252197). Peraltro deve essere ribadito che l'attività dell'associazione non era finalizzata solo alla gestione delle scommesse, di cui il ricorrente contesta la illiceità, ma principalmente alla creazione di un canale di riciclaggio dei proventi illeciti dell'associazione mafiosa contestata al capo c). La strumentalità dell'associazione contestata al capo a) alle esigenze della associazione mafiosa costituisce il nucleo centrale della condotta illecita contestata all'indagato. Tale asservimento alla ‘ndrangheta reggina non sfuggiva alla percezione dell'indagato, che unitamente al fratello Francesco, costituiva un sicuro punto di riferimento del Gennaro, che aveva un ruolo apicale nella associazione mafiosa cui era asservito il gruppo criminale nel quale operava il Ripepi Rocco", concludono i giudici della Cassazione.
 

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