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Operazione Gambling, Cassazione: 'Annullata aggravante mafiosa'

27 aprile 2016 - 11:27

Corte di Cassazione annulla aggravante modalità mafiosa al reato di associazione a delinquere per soggetti coinvolti nell'Operazione Gambling.

Scritto da Redazione
Operazione Gambling, Cassazione: 'Annullata aggravante mafiosa'

Nuova puntata alla Corte di Cassazione per il processo scaturito dalla cosiddetta 'Operazione Gambling', che nello scorso luglio aveva portato a quarantuno arresti e un sequestro di beni per un valore di circa 2 miliardi di euro nell'ambito di indagini contro il gioco illecito online controllato dalla ’ndrangheta. Con una serie di sentenze riguardanti vari ricorsi, la Corte di Cassazione ha annullato l’aggravante della modalità del metodo mafioso al reato di associazione a delinquere disposta dal Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di soggetti gravemente indiziati del delitto di associazione a delinquere finalizzata a commettere una pluralità di delitti connessi alla gestione illecita di imprese dedite all'esercizio di giochi o scommesse a distanza aggirando la normativa di settore, quella fiscale e quella antiriciclaggio.

"Il Tribunale - si legge nella sentenza - ha omesso di specificare sulla base di quali considerazioni ed in forza di quali circostanze di fatto abbia ritenuto concettualmente evocabile la configurazione quale circostanze aggravante dell'impiego del metodo mafioso da parte di un sodalizio ritenuto integrare la
fattispecie 'generica' di cui all'art. 416 cod. pen., senza in alcun modo evidenziare come un siffatto 'metodo' non avesse dovuto imporre la 'riqualificazione' della fattispecie associativa in quella 'speciale' delineata dall'art. 416 bis cod. pen". 

 

E' di tutta evidenza, proseguono i giudici, "che l'aggravante prevista dall'art. 7 del d.l. n. 152/1991 si realizza per la parte che qui interessa, allorché il delitto cui la circostanza stessa accede sia commesso 'avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis del codice penale'; vale a dire utilizzando, quale metodologia criminale, 'la forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva': requisito, quest'ultimo, che, come è noto, individua il connotato tipizzante dell'associazione di stampo mafioso. In sostanza, il ragionamento che pare essere stato coltivato dai giudici a quibus muove secondo un percorso circolare in forza del quale l'impiego della metodologia mafiosa nel trasformare i reati fine in figure aggravate lascerebbe in modo del tutto apodittico inalterata la fattispecie associativa, quasi come se fosse essa stessa un 'reato-fine'. Il che, evidentemente, non può ritenersi giuridicamente sostenibile con l'ovvio epilogo di rendere l'ordinanza impugnata priva di qualsiasi base argomentativa sul punto in questione. Starà come ovvio alla sede del giudizio di merito verificare, in via definitiva, l'altro e concorrente profilo della sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 7 del d.l. n. 152/1992 in riferimento non al metodo mafioso ma alla finalità perseguita dall'associazione comune di agevolare, attraverso la propria attività criminosa, uno specifico e ben determinato sodalizio di tipo mafioso".

I soggetti coinvolti nella vicenda processuale, "consumavano reiterati reati di esercizio abusivo di attività di gioco e scommesse (art. 4 I. n. 401/1989), omessa dichiarazione dei redditi ed Iva (art. 5 d.l. n. 74/2000), truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640, comma 2 n. 1 cod. pen., in relazione alle artificiose rappresentazioni volte a non corrispondere all'Erario la tassa prescritta per l'esercizio delle attività di giochi e scommesse), trasferimento fraudolento di valori (in relazione alle reiterate intestazioni fittizie di imprese e società, volte ad occultare l'infiltrazione nell'organizzazione dei soggetti parte della ‘ndrangheta e di consentire l'auto-riciclaggio delle somme derivanti dalla distribuzione promiscua di giochi e scommesse a distanza muniti di regolare concessione e di altri che ne erano privi ed erano, perciò, molto più remunerativi), riciclaggio e reimpiego dei proventi di delitto (art. 648 bis e ter cod. pen.). In particolare, strutturavano l'organizzazione secondo una catena gerarchica che dai capi, promotori e costitutori, era impegnata: -sul territorio estero per l'acquisizione delle licenze, la gestione amministrativa e finanziaria, la predisposizione dei server e dei software, la manutenzione, lo sviluppo e l'aggiornamento tecnico-informatico; -sul territorio nazionale, invece, per la diffusione commerciale dei brand gestiti dall'organizzazione, la raccolta fisica del denaro, il trasferimento all'estero, la concessione di fidi alle singole sale giochi e scommesse, la risoluzione di problematiche tecniche-informatiche, la stipula di alleanze grazie alle quali, l'organizzazione, infiltrandole, si giovava del contributo e delle strutture informatiche" concesse da provider di gioco operanti in Italia.
 

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