skin

Scommesse, Cassazione rinvia al merito sequestri centri Stanleybet

05 dicembre 2016 - 10:47

Con una serie di sentenze, la Cassazione ha annullato con rinvio i sequestri preventivi disposti da alcuni  tribunali contro i centri scommesse Stanleybet.

Scritto da Redazione
Scommesse, Cassazione rinvia al merito sequestri centri Stanleybet

"L'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale che procederà a nuovo esame con l'esercizio dei poteri riconosciutigli per legge nella fase dell'impugnazione cautelare e, dunque, potendo sempre utilizzare e valutare, oltre che la documentazione e gli accertamenti tecnici sul punto già in atti, anche ulteriori elaborati tecnici sempre producibili dalle parti. Il Tribunale avrà, altresì, ampia facoltà di valorizzare ogni altro parametro ritenuto necessario e funzionale ad esprimere una valutazione in ordine alla proporzionalità o meno della misura in oggetto e, dunque, al fine di operare la valutazione sulla concreta natura discriminatoria o meno nei confronti dell'operatore straniero".

Questa la motivazione con cui la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio le ordinanze disposte da alcuni tribunali della penisola che avevano confermato i sequestri preventivi delle attrezzature per la raccolta di scommesse disposti a carico di alcuni centri Stanleybet.

I giudici ricordano che "il riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze può, in virtù della previsione di una durata delle nuove concessioni più breve rispetto a quella delle concessioni rilasciate in passato, deve contribuire ad un coerente perseguimento dei legittimi obiettivi della riduzione delle occasioni di gioco o della lotta contro la criminalità collegata a detti giochi e può, altresì, soddisfare i requisiti di proporzionalità imposti" ma è "suscettibile di sussistere, sul piano dei principi (spettando al giudice del merito, come meglio si chiarirà oltre, valutare, con riguardo al singolo caso sottoposto al suo esame, il contrasto in concreto), la lamentata incompatibilità con gli artt. 49 e 56 TFUE della previsione in virtù della quale si è imposta, forzosamente, al concessionario la cessione dei beni, essendo tale disposizione suscettibile di fungere da deterrente alla partecipazione alle gare in termini tali da rappresentare una restrizione al diritto di stabilimento e/o di libera prestazione di servizi.
L'ordinanza della Corte di giustizia pronunciata sul quesito di questa Corte ha, infatti, sul punto ribadito i principi già affermati dalla sentenza del 28/01/2016, Laezza, adottata su un'analoga domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Frosinone in data 9/07/2014 (e, dunque, successivamente alla domanda sollevata da questa Corte in data 5/02/2014, venendo, tuttavia, decisa anteriormente a quest'ultima, definita, appunto, con l'ordinanza del 7/04/2016, Tornassi e altri).
Tale sentenza ha affermato, come si è premesso, che gli artt. 49 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che gli stessi ostano ad una disposizione nazionale restrittiva la quale impone al concessionario di giochi d'azzardo di cedere a titolo non oneroso, all'atto della cessazione dell'attività per scadenza del termine della concessione, l'uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell'obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, spettando al giudice del rinvio 'nazionale' la verifica in ordine alla effettiva eccedenza o meno di detta restrizione.
La sentenza ha, infatti, chiarito che: 1) detta disposizione nazionale, in quanto suscettibile di rendere meno allettante l'esercizio dell'attività, costituisce una restrizione delle libertà garantite dagli artt. 49 e 56 cit.; 2) la circostanza che le autorità italiane abbiano deciso di modificare in un dato momento le condizioni di accesso all'attività di raccolta di scommesse sul territorio, applicandosi a tutti gli operatori partecipanti alla gara d'appalto del 2012 indipendentemente dal luogo di stabilimento, non sembra rilevante ai fini della valutazione del carattere discriminatorio, spettando, tuttavia, al giudice del rinvio una tale valutazione all'esito di un'analisi globale delle circostanze proprie della procedura di gara; 3) l'obiettivo della lotta alla criminalità collegata ai giochi e, corrispondentemente, l'interesse a garantire la continuità dell'attività legale di raccolta delle scommesse al fine di arginare lo sviluppo di un'attività illegale parallela, ove questa fosse lo scopo della norma (e spettando comunque al giudice del rinvio individuare gli obiettivi effettivamente perseguiti), può costituire una ragione imperativa d'interesse generale in grado di giustificare una restrizione delle libertà fondamentali, tra le quali quella di stabilimento e/o di libera prestazione di servizi; 4) spetta al giudice del rinvio valutare se la circostanza che la cessione non sia imposta in modo sistematico ma avvenga solo dietro espressa richiesta dell'Amministrazione dei Monopoli incida o meno sulla idoneità della disposizione a raggiungere l'obiettivo perseguito; 5) il carattere non oneroso della cessione forzata pare contrastare con il requisito di proporzionalità in particolare quando l'obiettivo di continuità dell'attività autorizzata di raccolta di scommesse potrebbe essere conseguito con misure meno vincolanti, quali la cessione forzata ma a titolo oneroso a prezzi di mercato; 6) spetta, infine, al giudice del rinvio, nel quadro dell'esame della proporzionalità della disposizione, tenere anche conto del valore venale dei beni oggetto della cessione forzata".

La sentenza poi aggiunge che "la circostanza che l'art. dell'art. 1, comma 78, lett. b) punto 26, della legge di stabilità n. 220 del 2010 (ove era stata, appunto, testualmente contemplata la 'cessione non onerosa ovvero la devoluzione della rete infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato all'atto della scadenza del termine di durata della concessione, esclusivamente previa sua richiesta in tal senso, comunicata almeno sei mesi prima di tale scadenza ovvero comunicata in occasione del provvedimento di revoca o di decadenza della concessione') sia stato successivamente abrogato dall'art. 1, comma 948, della legge n. 208 del 2015, oggi non essendo dunque più vigente, non incide evidentemente sulla fattispecie all'esame di questa Corte.
Pretendendosi, infatti, dal ricorrente la disapplicazione dell'art. 4 della legge n. 401 del 1989 in quanto fondata sul trattamento discriminatorio provocato dalla previsione in oggetto, la valutazione relativa deve essere formulata al momento in cui, non partecipando la Stanley al bando del 2012, e non essendo, dunque, stata rilasciata la relativa concessione, l'esercizio dell'attività venne svolto in carenza di autorizzazione; né la intervenuta abrogazione, che non ha avuto ad oggetto né una norma di carattere penale né una norma extrapenale integratrice del precetto penale del reato di cui all'art. 4 cit., ma, più semplicemente, una disposizione, di carattere amministrativo, che rappresenterebbe, semmai, il motivo della mancata partecipazione di Stanleybet alle gare, può avere effetto retroattivo, nel senso della insussistenza del fatto-reato addebitato, secondo la tesi accusatoria, ai ricorrenti".
 

Altri articoli su

Articoli correlati