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Scommesse, Ctd e il caos giurisprudenziale: il legale Benelli: ''Coinvolgere i Comuni nelle attività di controllo”

30 aprile 2014 - 07:56

Una serie di pronunce, tra tribunali amministrativi, Consiglio di Stato e Cassazione, relative alla (solita) raccolta di scommesse senza autorizzazione e ai cosiddetti Ctd (Centri trasmissione dati) alimenta una ulteriore confusione nel settore del betting italiano. GiocoNews.it prova ad analizzare il fenomeno con il legale Cino Benelli, del Foro di Prato.

Scritto da Alessio Crisantemi
Scommesse, Ctd e il caos giurisprudenziale: il legale Benelli: ''Coinvolgere i Comuni nelle attività di controllo”

 

Qual è la situazione attuale relativa agli operatori di scommesse non autorizzati alla luce delle recenti pronunce? Sembrerebbe che gli operatori sprovvisti di concessione possano operare indisturbati sul territorio?
 
“A mio avviso, bisogna distinguere nettamente i profili penalistici da quelli amministrativi.
Alla luce delle recenti pronunce del Consiglio di Stato del 27 novembre 2013, confermate dal Tar Lazio (che non si dimentichi è l’unico Tar che oggi si pronuncia in materia di licenze di cui all’art. 88 Tulps, a seguito della modifica dell’art. 135 del codice del processo amministrativo), dal Tar Milano e dal Tar Parma, gli operatori sprovvisti di concessione non possono raccogliere scommesse né possono essere intestatari di una licenza di cui all’art. 88 Tulps. Il Consiglio di Stato, con ordinanza 27 marzo 2014, n. 1331, ha di recente precisato che nessun rilievo può avere in sede amministrativa un dissequestro di un Ctd operato dall’Autorità Giudiziaria Penale, al quale era addirittura seguito il decreto di archiviazione nei confronti del titolare.
Questo è sempre stato il principale equivoco nel settore dei giochi e delle scommesse: non basta certo un dissequestro o una sentenza di assoluzione da parte di un Tribunale per affermare la liceità di un prodotto o di un servizio di gioco anche se spesso si rischia di cadere in questo errore”.
 
Cosa cambia, in concreto, dopo la pronuncia della Corte di Cassazione che rinvia alla Corte di Giustizia Europea anche il recente bando?
“Da un punto di vista amministrativo sostanzialmente nulla. Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia da parte della Cassazione – analogamente a quello già operato dal Consiglio di Stato – non consente agli operatori sprovvisti di concessione ed autorizzazione di raccogliere scommesse. Se posso permettermi una battuta, consente soltanto agli avvocati penalisti di ottenere dissequestri.
Qualora la Corte di Giustizia dovesse pronunciarsi nel senso della natura discriminatoria del “bando 2000” con riferimento alla durata delle concessioni, gli stessi operatori potranno semmai un giorno provare a reclamare un risarcimento da perdita di chance nei confronti dello Stato italiano, anche se dubito che i Giudici amministrativi possano riconoscere un tale tipo di ristoro economico. Infatti, proprio sulla scia del mutato quadro giurisprudenziale, è difficile dimostrare non soltanto il danno da perdita di chance ma anche l’elemento della colpevolezza in capo all’Amministrazione”.
 
Qual è, a suo giudizio, il problema alla base di questa doppia rete di raccolta che si è creata negli anni e come si potrebbe arginare il fenomeno e risolvere una volta per tutte?
“Questa confusione tra pronunce penali – per la verità, molto oscillanti – e amministrative (che invece ormai propendono decisamente nel senso dell’illegittimità dell’operato dei Ctd) ha portato in qualche caso l’Amministrazione ad avere timore nel portare avanti l’azione di prevenzione e repressione nei confronti dei punti irregolari. Non sono un penalista e, pertanto, non posso dire se sussistano o meno i presupposti per procedere fondatamente alla contestazione nei confronti dei titolari dei Ctd del reato di gioco d’azzardo ovvero di quello di esercizio abusivo di attività di scommesse ai sensi dell’art. 4 legge n. 401 del 1989.  Da un punto di vista amministrativo il 'rimedio' è invece previsto nell’art. 5 Tulps che, come noto, consente all’Autorità di pubblica sicurezza di eseguire in via coattiva i provvedimenti con i quali si ordina la cessazione dell’attività svolta in assenza del prescritto titolo di cui all’art. 88 Tulps. Secondo le pronunce sopra citate, si tratta infatti di attività vincolata (e, pertanto, doverosa) per l’Amministrazione, non disponendo gli operatori dei titoli autorizzatori necessari per lo svolgimento della raccolta delle scommesse.
Quindi, almeno secondo il Consiglio di Stato, indipendentemente dall’esercizio dell’azione penale, gli Uffici sarebbero pienamente legittimati a procedere alla chiusura di questi punti in via amministrativa. Dato che ci stiamo avvicinando ai mondiali di calcio, non escludo che i concessionari italiani possano iniziare a rivolgere istanze espresse alle Questure affinché provvedano alla chiusura dei punti di offerta sprovvisti di concessione ed autorizzazione anche perché questi punti, oltre a non conformarsi alle regole nazionali di settore, finiscono per produrre danni da 'sviamento' di clientela. Un ruolo importante in questa azione di contrasto potrebbero essere rivestita dai Comuni, i quali inizieranno prima o poi a cooperare con l’Amministrazione dell’interno e con quella dei Monopoli per cercare di riuscire ad arginare il fenomeno, come accaduto in altri settori”.

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