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Regole amusement, Bernardi: 'Misure invasive ed onerose, violate norme Ue'

21 aprile 2021 - 15:38

Il consulente Eugenio Bernardi esamina, articolo per articolo, il progetto sull'amusement inviato all'Ue e critica la scelta di 'imporre regole tecniche assurde ad apparecchi innocui'.

Scritto da Redazione
Regole amusement, Bernardi: 'Misure invasive ed onerose, violate norme Ue'

Si allunga la lista delle osservazioni inviate dagli operatori dell'amusement alla Commissione europea, in merito al "Progetto di regole tecniche di produzione, importazione e verifica degli apparecchi da intrattenimento". Dopo quelle già presentate da  New Asgi, Confesercenti amusement e Consorzio Fee e l'appello lanciato dal settore dei Comma 7 in occasione del seminario di GiocoNews ospitato dall'Eag Expo online, arriva il contributo di Eugenio Bernardi, consulente tecnico-giuridico esperto di tecnologie applicate all’intrattenimento.

"Come è possibile che l'amministrazione Adm, ex Monopoli di stato, in futuro, non consentirà l'installazione di giochi come calciobalilla o biliardi, flipper e altri giochi se non solo dopo essere sottoposti ad una certificazione costosa e che tali apparecchi debbano essere muniti di una scheda esplicativa, su cui segnare il cambio di un innoquo pezzo di ricambio come una bobina di un flipper o una stecca di un calciobalilla?". Questa la prima domanda che pone Bernardi, evidenziando che il progetto in esame "riguarderà, come chiarisce fin da subito l'articolo 1, la produzione, l'importazione, la verifica e l'utilizzazione in locali aperti al pubblico degli apparecchi, ivi inclusi quelli multi postazione di tutti gli apparecchi inseriti nel comma 7 dell'art. 110 Tulps".

Tale regolamento impongono per gli apparecchi di puro intrattenimento "la medesima procedura di omologazione e certificazione prevista per le cosiddette New slot o Awp, ovvero gli apparecchi per il gioco con vincita in denaro del 110 Tulps comma 6/a.
In particolare, senza tenere conto delle diverse tipologie di apparecchi, perché si va dal biliardo al lettore di video o di tracce musicali (juke –box) ai flipper, mai nominati correttamente ma interpretatiivamente, con definizioni in cui possono essere qualificate svariate ma non completamente tutte le tipologia di gioco esistenti sul mercato europeo.
All'art. 8 che introduce il 'Registro delle manutenzioni', per ciascun apparecchio, con l'obbligo di evidenziare i contenuti delle manutenzioni straordinarie e le parti dell'apparecchio interessate, la data della sua effettuazione e i dati del soggetto che la effettua oltre che fornire le specifiche dei software installati (in un calciobalilla meccanico?) vere e proprie amenità, per non chiamarle con altro termine".

Nell’ordinamento nazionale italiano, ricorda ancora Bernardi, "gli strumenti tipici per l’esercizio delle attività di gioco e scommessa sono costituiti, infatti, dalla concessione e dalla licenza di polizia.
L’unica eccezione al duplice regime 'vincolistico' è costituita dagli apparecchi di intrattenimento che non distribuiscono vincite in denaro, non collegati alla rete telematica dell’Amministrazione finanziaria, per la gestione, anche indiretta, dei quali non è necessario munirsi di una concessione, essendo sufficiente il possesso di titoli autorizzatori, costituiti, in particolare, dall’autorizzazione di cui all’art. 86 Tulps.
Giova peraltro rilevare come, secondo quanto si legge nella Circolare n. 2/COA/DG/2003 del 10 aprile 2003 emanata dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (Aams), gli apparecchi meccanici od elettromeccanici (c.d. “AM1, AM2, AM3, AM4, AM5, AM6”) di cui all’art. 14-bis, comma 5 Dpr n. 640/1972 (bigliardi e apparecchi similari; apparecchi elettromeccanici attivabili a moneta o gettone qualora non consentano alcuna vincita di premio, bensì il mero prolungamento dell’intrattenimento, come flipper, bigliardini, gioco a gettone azionato da ruspe, gioco elettromeccanico dei dardi e apparecchi similari; apparecchi meccanici attivabili a moneta o gettone, qualora non consentano alcuna vincita di premio, bensì il mero prolungamento dell’intrattenimento, come calciobalilla e apparecchi similari; attrazioni per bambini con congegno a vibrazione tipo 'Kiddie Rides', attivabile a moneta o gettone), 'dal punto di vista della collocazione tipologica prevista dalla legge n. 289 del 2002 […] non rientrano nelle fattispecie di cui ai commi 6 e 7 dell’art. 110 del Tulps e, pertanto, non sono soggetti al regime autorizzatorio previsto per i medesimi (nulla osta)'".


Veniamo ora alle norme europee "che impattano col Decreto tecnico notifìcato 2021_97_I_IT.
Le giustificazioni più frequentemente invocate dagli Stati membri per tali divieti sono la tutela della salute e della vita delle persone e degli animali e la preservazione dei vegetali in conformità all'articolo 36 Tfue, nonché requisiti vincolanti sviluppati dalla giurisprudenza della Corte, come la tutela dell'ambiente. Le giustificazioni sono spesso combinate. Lo Stato membro che impone un divieto nazionale su un prodotto/sostanza deve dimostrare che il provvedimento è necessario ed eventualmente che la vendita dei prodotti in questione rappresenta un serio rischio per la salute pubblica e che il divieto soddisfa il principio di proporzionalità. Dovranno essere addotte delle prove, come dati tecnici, scientifici, statistici e ogni altra informazione pertinente".

In genere, "l'omologazione è necessaria prima che un prodotto possa essere immesso sul mercato. Il rispetto dei requisiti di omologazione è spesso indicato da un marchio sul prodotto. Il marchio Ce, per esempio, garantisce la conformità a tali requisiti o mediante un'auto-dichiarazione del fabbricante o una certificazione da parte di terzi.
Se i requisiti comuni per l'omologazione a livello europeo facilitano normalmente la commercializzazione dei prodotti sul mercato interno, l'omologazione nazionale in settori non armonizzati tende a creare barriere agli scambi di merci. Norme divergenti sui prodotti rendono difficile per i fabbricanti commercializzare lo stesso prodotto in Stati membri differenti o possono portare ad alti costi di adeguamento. Di conseguenza, gli obblighi che prevedono un'omologazione nazionale prima dell'immissione sul mercato dei prodotti devono essere visti come misure di effetto equivalente.
Se uno Stato membro, per ragioni di salute o sicurezza, può aver il diritto di chiedere che un prodotto già omologato in un altro Stato membro sia sottoposto a un nuovo procedimento di esame e omologazione, lo Stato membro di importazione deve tenere inconsiderazione i test o controlli condotti nello Stato o negli Stati membri di esportazione fornendo garanzie equivalenti.
Regimi nazionali, che subordinino la commercializzazione di merci a un'autorizzazione preventiva, limitano l'accesso al mercato dello Stato membro di importazione; tale provvedimento va dunque considerato misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa alle importazioni a norma dell'articolo 34 Tfue. La Corte di giustizia ha fissato una serie di condizioni alle quali può essere giustificata una autorizzazione previa: 1) deve essere fondato su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, in modo da circoscrivere l'esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali affinché esso non sia usato in modo arbitrario; 2) non dovrà, sostanzialmente, duplicare i controlli già effettuati nell'ambito di altre procedure, nello Stato medesimo o in un altro Stato membro; 3)una procedura di autorizzazione previa è necessaria solo se un controllo a posteriori debba considerarsi troppo tardivo per garantire la reale efficacia del controllo stesso e consentire al medesimo di conseguire lo scopo perseguito; 4) una siffatta procedura, per la sua durata, l'importo delle spese che ne derivano o l'incertezza quanto ai requisiti da soddisfare, non deve essere tale da dissuadere gli operatori interessati dal perseguimento dei loro progetti".

A tal proposito Bernardi commenta: "Non mi si venga a dire che le norme tecniche incluse nella notifìca _2021_97_I_IT siano necessarie e giustificate per perseguire motivi di interesse generale, senza pregiudizio della valutazione specifica della loro proporzionalità, specie in merito a certi giochi da intrattenimento liberi da ogni vincolo nel resto dei Paesi europei.
Può quindi ragionevolmente ritenersi che i congegni in questione ovvero gli apparecchi meccanici, elettromeccanici descritti nel testo notificato, non distribuendo vincite in denaro, non appaiono di per sé suscettibili di integrare alcuna minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Cosicché, al fine di giustificare la compatibilità del vigente quadro regolatorio con il diritto dell’Unione europea, l’Amministrazione nazionale dovrebbe dimostrare che le attività criminali e fraudolente connesse ai giochi senza vincite in denaro costituiscono un effettivo problema nel territorio dello Stato.
Non sarebbe pertanto legittimo invocare ragioni di natura economica o fiscale, ovverosia le 'esigenze sia produttive che fiscali' di cui sopra si è detto, per predicare il rispetto del diritto dell’Unione europea da parte della normativa italiana in materia di apparecchi da gioco senza distribuzione di vincite in denaro.
Sotto il profilo del rispetto del diritto europeo, una normativa nazionale restrittiva – qual è quella che impone di munirsi di preventivi titoli autorizzatori e di osservare determinate 'regole tecniche' per l’esercizio di giochi senza vincita in denaro – deve sempre rispondere all’intento di ridurre le occasioni di gioco nell’interesse dei consumatori e/o di combattere la criminalità connessa al gioco stesso in maniera coerente e sistematica (cfr., Cgue 30 aprile 2014, Pfleger ed altri).
La descritta normativa in materia di apparecchi e congegni senza erogazione di premi in denaro non fa alcun cenno ad esigenze di tutela della salute dei consumatori-giocatori e, pertanto, le stesse non sembrano poter assurgere a 'motivo imperativo di interesse generale', cosicché, 'qualora le autorità di uno Stato membro incitino ed incoraggino i consumatori a partecipare alle lotterie, ai giochi d’azzardo o alle scommesse, affinché il pubblico erario ne benefici sul piano finanziario, le autorità di tale Stato non possono invocare l’ordine pubblico sociale con riferimento alla necessità di ridurre le occasioni di gioco per giustificare determinate misure restrittive' (Corte di Giustizia, 8 settembre 2010, C-46/08, Carmen Media Group Ltd., punti 64 e ss.).
Tale coerenza e sistematicità non sembra tuttavia appartenere all’ordinamento italiano in materia di giochi e scommesse, risultando innegabile la tendenza espansiva dell’offerta su tutto il territorio dello Stato in un’ottica di massimizzazione delle entrate erariali, come dimostra, anche in epoca recentissima, la scelta di mettere 'a gara' un numero significativo di nuove concessioni per l’esercizio di giochi con vincite in denaro.
Uno Stato che contemporaneamente aumenta la propensione al gioco d’azzardo (perché tale è) con la lotteria degli scontrini oltre alle 50 lotterie istantanee mai chiuse durante i lockdown per poi impone regole tecniche assurde ad apparecchi assolutamente innocui, non mi pare sia uno Stato coerente ne tantomeno capace di affrontare e capire il mercato del cosi detto amusement".

Viene perciò da interrogarsi "se gli interessi pubblici in gioco possano essere ragionevolmente perseguiti con misure meno invasive delle libertà economiche degli imprenditori privati, potendo ad esempio risultare sufficiente la presentazione di una semplice comunicazione o segnalazione certificata per calcio balilla, air hockey, basket, biliardi e o carambole, attrazioni per bambini con congegno a vibrazione tipo 'Kiddie Rides' e tickets redemption (tutti i giochi meccanici ed elettromeccanici che rientrano nella categoria 7c nella bozza di regolamento tecnico): sarebbe sufficiente una semplice certificazione firmata dall'importatore / produttore. Questa certificazione, che include una descrizione del gioco, verrà inviata all'Agenzia delle dogane e dei monopoli (Adm), ovvero l’applicazione del regime del c.d. 'silenzio-assenso' onde procedere alla produzione, importazione e commercializzazione dei medesimi congegni anziché imporre un regime autorizzatorio mediante il preventivo obbligatorio rilascio di 'certificazioni di conformità' e 'nulla osta'.
Gli oneri che possono derivare per gli operatori economici interessati devono infine essere ragionevoli – ovverosia, non devono rappresentare un ostacolo economico significativo, alla luce della natura dell’attività e dell’investimento di norma necessario per svolgerla – e commisurati ai costi delle procedure di autorizzazione, pena altrimenti la violazione del principio di proporzionalità.
Spetta allo Stato membro che invochi una ragione giustificativa di una restrizione della libera circolazione delle merci dimostrare in concreto l'esistenza di un motivo di interesse generale, la necessità della restrizione in questione ed il carattere proporzionato di quest'ultima rispetto all'obiettivo perseguito. Le giustificazioni addotte da uno Stato membro devono essere corredate di prove adeguate o di un'analisi dell'idoneità e della proporzionalità della misura restrittiva adottata da tale Stato, nonché di elementi circostanziati che consentono di suffragare la sua argomentazione. A questo proposito, sarà considerata insoddisfacente una semplice dichiarazione che affermi che il provvedimento è giustificato sulla base di una delle motivazioni accettate nonché l'assenza dell'analisi di possibili alternative".

Nella parte finale delle proprie osservazioni, il consulente rimarca: "La libera prestazione dei servizi (articolo 56 Tfue, ex articolo 49 Ce), una delle libertà fondamentali sancita dal trattato Ce, è strettamente connessa alla libera circolazione delle merci. Entrambe le libertà riguardano le transazioni economiche, principalmente di natura commerciale, tra gli Stati membri. A causa di questa prossimità, accade talvolta che uno specifico provvedimento nazionale limiti sia la circolazione delle merci (articolo 34 Tfue) che la libera prestazione dei servizi (articolo 56 Tfue).
Nella causa Canal Satélite la materia del contendere era se la procedura di iscrizione in questione, che comportava l'obbligo di registrare sia gli operatori che i rispettivi prodotti in un registro ufficiale, rappresentasse una violazione dell'articolo 34 Tfue. Per ottenere la registrazione, gli operatori avrebbero dovuto rispettare le specifiche tecniche, ottenere preventivamente una relazione tecnica rilasciata dalle autorità nazionali e l’omologazione amministrativa attestante il rispetto delle norme tecniche e d’altro tipo.
La Corte concludeva che tali obblighi violavano l'articolo 34 Tfue sottolineando che la necessità di adattare i prodotti in questione a norme nazionali impediva di trattarli come una modalità di vendita.
In questo contesto si può menzionare un'altra sentenza della Corte relativa alla causa Commissione contro Grecia concernente gli apparecchi da intrattenimento. La causa riguardava la legge greca che vietava di installare e di gestire giochi elettrici, elettromeccanici ed elettronici, compresi i giochi tecnici ricreativi e tutti i giochi al computer, in qualsiasi luogo pubblico o privato diverso dai casinò. Secondo il parere della Corte tale legge greca andava considerata una violazione dell'articolo 34 Tfue.
Secondo la Corte ciò valeva anche se tale legge non vietava l'importazione e la commercializzazione dei prodotti interessati. La Corte sottolineava che fin dall'entrata in vigore della legge si era verificata una diminuzione del volume delle importazioni dei giochi interessati, provenienti da altri Stati membri e constatava che le importazioni di apparecchi da intrattenimento erano cessate non appena introdotto il divieto.
Quest'ultima osservazione della Corte può essere un elemento determinante sui motivi per cui il provvedimento rientri nel campo di applicazione dell'articolo 34 Tfue.
Infine, nella causa Commissione contro Italia, la Corte ha rilevato che, per giurisprudenza costante, l'articolo 34 Tfue riflette l'obbligo di rispettare tre principi: a) il principio di non discriminazione, b) il principio di mutuo riconoscimento e c) il principio di assicurare ai prodotti comunitari libero accesso ai mercati nazionali. I punti 35 e 36 riprendono, rispettivamente, gli argomenti delle sentenze Cassis de Dijon e Keck. Al punto 37 la Corte afferma che: 'Occorre perciò considerare misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importazione ai sensi dell'art. [34 Tfue] le misure di uno Stato membro che abbiano per oggetto o per effetto di penalizzare i prodotti provenienti da altri Stati membri, come anche le misure di cui al punto 35 della presente sentenza.
Nella medesima nozione rientra ogni altra misura che ostacoli l'accesso al mercato di uno Stato membro di prodotti originari di altri Stati membri".

Per quanto sopra esposto e rilevato "e in ragione della particolare complessità e delicatezza delle questioni affrontate anche in conseguenza dell’instabilità del processo regolatorio oggi in itinere, la nuova disciplina italiana in materia di apparecchi senza distribuzione di vincite in denaro non appare in linea con il diritto dell’Unione europea e, in particolare, con le previsioni contenute nella c.d. 'Direttiva Servizi', recepita nel nostro ordinamento con D. Lgs. n. 59/2010.
Non emergono, infatti, concreti e documentati 'motivi imperativi di interesse generale' – in particolare, effettive ragioni di sicurezza ed ordine pubblico e/o di tutela della salute dei consumatori – che siano tali da giustificare l’assimilazione, sotto il profilo procedurale e sostanziale, della disciplina, anche sanzionatoria, degli apparecchi da gioco con distribuzione di vincite in denaro di cui all’art. 110, comma 6 Tulps (Awp e Vlt) a quella prevista per i congegni di c.d. 'puro intrattenimento', ovverosia che non contemplano l’erogazione di premi pecuniari.
In omaggio ai princìpi elaborati dalla Corte di Giustizia, non è possibile per gli Stati membri limitarsi ad invocare astrattamente i suddetti motivi ovvero addurre mere ragioni di controllo dirigistico a sostegno delle disposte restrizioni alla libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi garantite dai Trattati europei.
Per non dilungarmi oltre e visti i contributi già in precedenza ampliamente forniti, sia dalle Associazioni interessate che dallo scrivente, ricordo alle signorie vostre la sentenza della Corte di Giustizia Ue nella causa C‑311/19, che conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che gli operatori, nel caso specifico, di sale giochi possono invocare la libertà di fornire servizi contro le restrizioni nazionali.
Con sentenza del 3 dicembre scorso, nella causa che vede coinvolto un operatore di scommesse della Repubblica Ceca, d’intesa con l’avvocato generale, la Corte di giustizia europea ha chiarito che gli operatori di sale giochi possono invocare la libertà di fornire servizi contro le restrizioni nazionali.
Assoluta mancanza della certezza di poter usare l’attuale parco apparecchi installato, riscontrabile dall’ultimo Libro Blu di Adm in circa 97 mila congegni comunque censiti e infine mancanza di una norma transitoria che ne stabilisca le future modalità di uso dei medesimi.
Assoluta incertezza dal punto di vista fiscale in quanto viene annunciato un 'successivo decreto del ministro dell’Economia che definirà la base imponibile forfetaria per la relativa imposta applicabile' e ancora un nuovo Registro unico degli operatori di gioco con l’articolo 27 del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni con legge 19 dicembre 2019, n. 157,con ulteriori costi per la detenzione anche di un calciobalilla.
Si chiede l’eliminazione dal Decreto notificato di tutte quelle parti inerenti i giochi meccanici e in parte anche quelli elettromeccanici e in subordine l’attivazione della procedura d’infrazione per violazione delle normative europee sulla libertà d’impresa e libera circolazione delle merci", conclude Bernardi.

 

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