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Concessioni gioco, Tar: 'Sospese se soci vengono indagati per mafia'

01 luglio 2020 - 14:38

Il Tar Lazio conferma la sospensione delle concessioni per il bingo a società il cui amministratore è stato indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso.

Scritto da Fm
Concessioni gioco, Tar: 'Sospese se soci vengono indagati per mafia'

La presenza di indagini preliminari per reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e per intestazione fittizia dei beni a carico di un socio di riferimento ed amministratore della suddetta società, in concorso con un suo prossimo congiunto, di cui dà conto la nota prefettizia del 23 gennaio 2009, costituisce un concreto quadro indiziario dal quale è lecito inferire il rischio di interferenze della criminalità organizzata nella gestione sociale”.

Ad evidenziarlo è il Tar Lazio nella sentenza con cui respinge il ricorso mosso da una società contro i Monopoli di Stato e il ministero dell'Interno per la sospensione delle concessioni per l’esercizio del gioco del bingo.

 

La società ricorrente era titolare di due concessioni per la gestione di sale destinate al gioco del bingo della durata di sei anni, rinnovabili una volta, che le sono state aggiudicate in esito alla procedura di pubblico incanto indetta dai Monopoli nel novembre 2000. Nel febbraio 2009 i Monopoli hanno disposto la sospensione delle suddette concessioni sulla base degli elementi contenuti nella nota della Prefettura di Napoli nella quale si afferma che nei confronti della società “sussistono tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della stessa”.
 
I giudici evidenziano come “il mero contrasto tra l’informativa prefettizia del 23 gennaio 2009 e il successivo certificato di iscrizione della Camera di commercio di Napoli, recante il nulla osta ex art. 10, l. n. 575 del 1965 ('Disposizioni contro la mafia', Ndr), sia del tutto irrilevante e di per sé neppure probante dell’illegittimità degli accertamenti svolti dalla Prefettura di Napoli sul conto della società ricorrente in vista dell’emissione a suo carico di un’informativa antimafia. Infatti, le informazioni sulla base delle quali la Camera di commercio di Napoli ha emesso il nulla osta di cui all’art. 10, l. n. 575 cit., non comprendono la presenza di informative antimafia ma hanno riguardo all’avvenuta applicazione di misure di prevenzione con provvedimento definitivo del Tribunale, adottate su proposta dal Procuratore nazionale antimafia, dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona proposta, dal Questore o dal direttore della Direzione investigativa antimafia. Conseguentemente, il riferimento all’ottenimento del suddetto certificato camerale non può essere in alcun modo assunto a indice sintomatico della presenza di vizi inficianti la legittimità degli atti gravati. Non favorevolmente apprezzabile è anche il secondo vizio ipotizzato dalla ricorrente, che si fonda sull’avvenuto annullamento, in data anteriore all’emissione dell’informativa antimafia impugnata, del decreto di sequestro preventivo della quota sociale detenuta nella società da uno dei soci”.
 

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