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Nadia Toffa: "Sul gioco nessun proibizionismo, ma una giusta misura"

10 aprile 2014 - 13:47

Quello che serve, di fronte al fenomeno del gioco in Italia, è una educazione al consumo. E' questa la ricetta proposta da Nadia Toffa, la giornalista del programma televisivo Le Iene, autrice di una inchiesta a puntate nei confronti del gioco pubblico e delle dipendenze, che racconta a Gioco News come e perché si è avvicinata a questo settore. Scansando però ogni possibile equivoco rispetto a una volontà proibizionista sulla materia, Perchè non c'è nulla di male a tentare la sorte, sperando nel jackpot - spiega - ma bisogna aver chiaro che è un sogno e la realtà è un'altra. E' del tutto evidente, quindi, che 'la iena' di Mediaset non vuole andare 'contro' al sistema del gioco pubblico, ma vuole sollecitare una presa di posizione 'in favore' del consumo responsabile, per un settore sostenibile. E nella sua intervista, descrive come ha avuto inizio la sua inchiesta, che ha fatto proseguire nel libro Quando il gioco si fa duro in libreria dallo scorso 2 aprile.

Scritto da Alessio Crisantemi
Nadia Toffa: "Sul gioco nessun proibizionismo, ma una giusta misura"

“Spesso mi accade di appassionarmi a una tematica per pura curiosità o per caso, così è successo per il mondo del gioco, un interesse che risale a parecchi anni fa. Ero a girare un servizio per le Iene ad Ancona, ed ero in netto anticipo per l'appuntamento con la troupe. Erano circa le 7 del mattino. Mi ero fermata davanti a un bar che stava per aprire: era ancora con la serranda chiusa e lì con me ad aspettare stavano un bel po' di persone. Una volta tirata su la saracinesca sono stata l'unica ad andare al bancone; gli altri si sono recati tutti sul retro. Incuriosita, con il mio caffè in mano, li ho seguiti e lo scenario che mi sono trovata davanti agli occhi era questo: tutti stavano giocando, ognuno ad una slot. Per me è stata una sorpresa. Avevo già visto naturalmente persone davanti a una macchinetta a pigiare il tasto, ma mai mi ero soffermata a osservarle. E mi ero chiesta ‘Perchè di mattina presto? Perchè addirittura prepararsi fuori dal bar con ancora la serranda chiusa?’ Queste domande quel giorno le ho fatte a uno di questi giocatori e lui mi aveva risposto: ‘Ci sono dentro i miei soldi, ho giocato ieri sera fino alla chiusura, non posso lasciare la macchinetta scoperta’. Da lì è partito il mio viaggio per capire cosa c'è dietro a queste macchinette, cosa pensano i giocatori, quanto scommettono, quanto fanno guadagnare allo stato”.

Quali sono, a tuo giudizio, le principali anomalie che caratterizzano questo settore economico così diffuso in Italia?

“La prima anomalia che riscontro è la confusione legislativa attuale. Siamo ancorati al regio decreto del 1931, per cui il gioco d'azzardo è illegale in Italia, se non nei quattro casinò. Credo si debba fare ordine e chiarezza rispetto a un settore che raccoglie 85 miliardi di euro all'anno. La cosa strana è per esempio che i vecchi videopoker, per cui non era prevista la vincita in denaro proprio perchè considerata azzardo, siano stati resi illegali e al loro posto, dopo poco, siano spuntate le slot machine, che sono sostanzialmente le sorelle gemelle e, incredibilmente, danno vincite cash. Mi chiedo per esempio perchè sia lecito entrare nelle sale giochi, dove si possono spendere migliaia di euro, senza nemmeno presentare un documento, e il perchè si possano inserire banconote da 500 euro nelle macchinette (Vlt) senza considerarlo gioco d'azzardo. Questo per citare solo alcune mie riflessioni, che naturalmente dipendono dalle scelte del governo centrale”.

La tua posizione rispetto al settore è chiara. Ma credi che sia possibile realizzare un gioco pubblico sostenibile oppure sei più orientata al proibizionismo?

“No, non sono assolutamente proibizionista, né contro il gioco. Innanzitutto perchè la storia ci insegna che il proibizionismo è un fallimento sotto ogni punto di vista, e oltretutto tende a mitizzare la sostanza che proibisce. Esempio tra tutti sono gli anni '20 negli stati uniti dove l'alcol era vietato: questo non ha fatto che produrre scantinati gestiti dalla malavita, dove la gente andava a ubriacarsi e nessuna dimunizione sensibile del consumo di alcol. Questo ovviamente non deve succedere nemmeno con il gioco. Credo invece che per affrontare la questione ci sia bisogno di educazione, informando per prima cosa le persone dei rischi in cui si incorre giocando d'azzardo, spiegando quali sono le differenze tra un gioco e l'altro per quanto riguarda il pericolo compulsività e dipendenza; ad esempio affiggendo dei cartelloni nelle tabaccherie che chiariscano le reali possibilità di vincita, eccetera, eccetera; potrei andare avanti per ore, perchè se si conoscono e capiscono le reali probabilità di vincere magari si rivedono anche gli investimenti. Detto questo mai vietarlo. Certo è che l'offerta del gioco è a mio avviso eccessiva. Se prima si compilava la schedina e si puntava qualche numero al lotto, ora volendo si potrebbe scommettere h24. Siamo in un supermarket affollato dell'azzardo, tant'è che si iniziano a percepire delle ostilità tra gestori che lamentano troppa concorrenza; troviamo le macchinette persino negli autogrill, in posta vendono il gratta e vinci, con il lotto istantaneo si puntano numeri a ripetizione, e poi, senza nemmeno uscire di casa, ma rimanendo in pigiama comodamente spaparanzati sul divano, abbiamo accesso a qualsiasi tipo di gioco, persino il gratta e vinci virtuale. Insomma, se prima, per giocare d'azzardo si doveva prendere la macchina, fare chilometri, affittarsi uno smoking e raggiungere uno dei casinò, ora è davvero alla portata di tutti, a ogni ora del giorno. Non sono proibizionista, per nulla, ma di certo dovremmo trovare una giusta misura dell'offerta”.

L'intervista integrale a Nadia Toffa sarà pubblicata sul numero di maggio della rivista cartacea Gioco News.

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