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Pubblicità gioco, Guggino (Iap): 'Ban non fa riconoscere quello legale'

15 luglio 2019 - 16:18

Su Radiorai 1 Vincenzo Guggino (Iap) esamina i rischi del divieto di pubblicità al gioco. I commenti di Giovanni Endrizzi (M5S), Andrea Tronzano (Regione Piemonte) e Andrea Vavolo (Cgia Mestre).

Scritto da Redazione
Pubblicità gioco, Guggino (Iap): 'Ban non fa riconoscere quello legale'

Lo stop alla pubblicità del gioco previsto dal decreto Dignità, in vigore a tutti gli effetti da oggi, 15 luglio, è stato al centro della trasmissione Centocittà su Radiorai 1, con il confronto tra diversi punti di vista in materia, politici e non.

A cominciare da Giovanni Endrizzi, senatore del Movimento 5 stelle: "Il divieto totale di sponsorizzazione è una misura etica. Il gioco è un settore a rischio per la salute e come tale va regolamentato e calmierato. Non c'è solo la protezione per i giovani, il divieto aiuta anche chi vuole smettere. Anche se il comparto delle slot e delle Vlt è quello che spende meno in pubblicità, la pubblicità crea un alone di suggestione, di diseducazione delle nuove generazioni a puntare su una grossa vincita per 'sistemarsi' anziché su se stessi”.

 

Sul tema la trasmissione ha interpellato anche Andrea Tronzano, assessore alle Attività produttive della Regione Piemonte, che si è concentrato soprattutto sugli effetti della normativa regionale. “La legge del 2016 non è applicata nella parte dell'impianto che riguarda la cura e la prevenzione, la più importante, mentre lo è nell'escludere dal circuito economico imprese che investono legalmente dal 2004. Questi dati sono i più preoccupanti e potrebbero e dovrebbero essere cambiati mantenendo intatto il discorso dedicato alla cura e alla prevenzione, che è fondamentale. Dai dati che ha fornito l'Eurispes il gioco legale è stato praticamente uguale al periodo precedente all'entrata in vigore della legge, diciamo che bisogna capire che stiamo punendo, a mio giudizio, l'occupazione. Sono previste almeno 5.200 persone espulse dal mercato del lavoro in questo settore”.
 
 
Gli fa eco Andrea Vavolo, ricercatore ufficio studi Cgia Mestre, richiamando il rapporto sugli apparecchi da intrattenimento presentato insieme con l'associazione As.Tro qualche giorno fa. “Abbiamo visto che il settore occupa circa 57mila addetti, e assicura alle casse dello Stato un gettito di 7 miliardi di euro, di cui un miliardo va fra Irpef e altri tributi che gravano sulle imprese, a cui si aggiungono 6 miliardi di Preu, la tassa specifica per questo settore. Se mancassero questi 7 miliardi, costerebbe 234 euro a famiglia. Il settore ora è a rischio di perdita occupazionale a causa di un'importante stretta fiscale iniziata dal 2016, ed è proseguita senza sosta, tutti gli anni, attraverso l'innalzamento dell'aliquota del Preu, recenti provvedimenti (legge di Bilancio, decreto Dignità, decreto sul reddito di cittadinanza) prevedono ulteriori, pesanti inasprimenti fino al 2023. Questo comporterà una riduzione dei margini del settore, di circa il 30 percento, con ripercussioni anche sul fronte occupazionale”.
 
 
Sul divieto di pubblicità al gioco in senso stretto interviene Vincenzo Guggino, segretario generale dello Iap – Istituto di autodisciplina pubblicità, che regolamenta i contenuti dei messaggi pubblicitari. “Già dal 2012 avevamo una norma che regolamentava la pubblicità dei giochi e abbiamo ottenuto degli ottimi risultati in termini di trasparenza e chiarezza. Il primo risultato del divieto del Dl Dignità è quello di non avere uno strumento che consenta di riconoscere il gioco legale da quello non legale; non ci sarà una evidenza che il messaggio pubblicitario consente di avere. Secondo punto: in tutta Europa si continuerà a fare pubblicità, e l'Italia naturalmente non è un'isola, quindi ci saranno aziende all'estero che la faranno. Infine, la pubblicità può essere un forte strumento di educazione, sempre che abbia dei limiti. Piuttosto che un 'total ban', sarebbe stato meglio formare la pubblicità a dare dei messaggi positivi e anche informativi. Più si lascia all'oscuro su una cosa e meno si hanno strumenti per contrastarla”.
 

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