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Gatti (Bakoo): ‘Serve un cambio di marcia e un impegno politico’

10 dicembre 2019 - 09:13

L’amministratore delegato del gruppo Bakoo, Francesco Gatti, ‘smonta’ il caso mediatico de ‘Le Iene’ sulle slot e analizza i problemi del comparto.

Scritto da Alessio Crisantemi
Gatti (Bakoo): ‘Serve un cambio di marcia e un impegno politico’

Una nuova inchiesta televisiva dedicata al comparto del gioco lecito e, in particolare, degli apparecchi da intrattenimento, parla di illegalità nel settore al punto da sollevare anche un’interrogazione parlamentare, di cui si attende una risposta formale da parte del ministero dell’economia.

Ma è davvero un settore a rischio, quello delle slot?
 
GiocoNews.it ne parla con l’ingegner Francesco Gatti di Bakoo, società produttrice di schede da gioco, per provare a capire quanto c’è di vero dietro al meccanismo illecito descritto dal programma Mediaset.
 
Nei giorni scorsi un servizio de "Le Iene" ha mostrato un volto illecito del settore degli apparecchi, descrivendo una pratica illegale come se si trattasse di una cosa diffusa. Da produttore di apparecchi ed esperto del settore, cosa può dire al riguardo anche da un punto di vista tecnico?
 
“Il sensazionalismo con cui è trattato il nostro settore oramai non mi sorprende più. Non si ricerca più la verità ma ci si affida a informazioni utili solo a creare scoop. Il servizio andato in onda contiene tante inesattezze. Ma, come sempre, il settore non ha potuto difendersi e confutare i vari errori raccontati nel servizio. Tecnicamente ogni macchina da gioco ha la necessità, a fine ciclo, di raggiungere la percentuale di pagamento minima imposta dal legislatore. È ovvio che qualora una macchina sia in debito percentuale, la stessa inizierà una procedura di recupero che sarà premiante per il giocatore di turno. È altresì vero che conoscendo il dettaglio di ogni macchina, qualora la stessa sia in arretrato, si potrà giocare aumentando le proprie probabilità di vincita. Quello che non si è detto nel servizio è che questi dati sono disponibili mediante un collegamento telematico ai tecnici delle società di gestione, che hanno la mansione di controllo, e che la situazione descritta non è un modus operandi tipico delle società serie ma che è riconducibile, semmai, solo ad alcuni operatori scorretti. Ma soprattutto: nel servizio si parla della possibilità di prevedere le prossime vincite, non è così: al limite si può conoscere quale macchina è indietro nel pagamento e, facendo calcoli sulla distanza dal punto di chiusura del ciclo, provare a giocare sperando di ottenere una miglior probabilità di vincere. Sono cose molto diverse. La certezza della vincita e la probabilità di vincere sono cose differenti. La condotta di quei tecnici e comunque deprecabile e ha generato l’ennesimo danno d’immagine a un comparto che di tutto ha bisogno tranne si pubblicità negativa. Le truffe o le condotte scorrette sono sempre e comunque possibili in ogni ambito produttivo”.
 
Si tratta comunque dell'ennesimo servizio "contro" il settore del gioco: perché, secondo lei, c'è questa sorta di accanimento contro il comparto?
 
“Il nostro settore è senz’altro il più facile da attaccare. Rappresentiamo il gioco lecito, ma per la politica e i mass media siamo border line. È senz'altro una sconfitta oggettiva delle politiche comunicative del settore. Non siamo stati in grado di comprendere l’importanza di una forte strategia comunicativa. Il risultato è quello di un settore che è diventato scomodo per la politica. Un settore dal quale si può continuamente attingere poiché nessuno è riuscito a creare quella lobby della quale tutti ci accusano ma che di fatto non esiste. Il nostro problema è che non siamo una lobby. La lobby del gioco d’azzardo esiste purtroppo solo nelle idee sgangherate di qualche Grillino”.
 
Crede che la percezione degli italiani e dei media nei confronti di questo settore possa essere cambiata nel tempo?
 
“Quello che è certo è che serve un’azione differente. Non basta più parlare di media, di comunicazione, di associazioni, questa battaglia si deve vincere in un altro modo. Occorre un cambio radicale di vision, creando una vera e propria cultura del gioco: non nel senso che si debba inculcare negli italiani la necessità di un'industria del gioco, tutt'altro. Penso a una cultura del gioco intesa come idea diffusa di un gioco responsabile. Sia dal punto di vista della filiera, pensando quindi alla responsabilità sociale di impresa, che è un valore comune a qualunque aziende di qualunque settore e che deve pertanto rappresentare un fondamento di tutte quelle che operano nel comparto del gioco, e qui a maggior ragione, vista la delicatezza del nostro business, ma anche a livello di esperienza dei consumatori. Il gioco deve diventare, in un'unica parola, sostenibile a tutti gli effetti. Cioè deve essere gestito, offerto e vissuto in maniera sana. Quindi potrà essere comunicato in maniera chiara e trasparente e percepito in maniera corretta. Cioè asettica. Cosa che oggi è impensabile, osservando l'esasperazione diffusa. Pensiamo un attimo a cosa accadrebbe se si riproponesse oggi un film come il popolarissimo 'Febbre da cavallo', girato sulla malattia per il gioco. Sarebbe impossibile non sollevare un putiferio. Mentre quella pellicola di un tempo ha sempre avuto il ruolo di un 'cult' della commedia italiana. Nel tempo è successo anche questo e dobbiamo misurarci con questa nuova realtà. Distorta, scorretta e assurda quanto vogliamo: ma purtroppo presente e con la quale noi operatori ci scagliamo ogni giorno. Pur essendo imprenditori sani, onesti e responsabili, alla pari di quelli di altri comparti produttivi nazionali. Ma a quanto pare lo sappiamo soltanto noi”.
 
Crede più in generale nel raggiungimento di una piena sostenibilità del settore in un futuro più o meno vicino?
 
“È innegabile che qualcosa in questi anni non ha funzionato. Una norma vecchia di un decennio alla quale si mette mano solo per aumentare le percentuali di aggio allo Stato non può essere al passo con il settore.
Tutti quanti parlano di necessità di regolamentazione del comparto: io mi chiedo prima di tutto chi potrà farla questa nuova regolamentazione. Se parliamo di questo governo che sostanzialmente ha depredato il settore anche nelle passate esperienze: basti pensare all’azione del sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta (ex governo Pd ora in maggioranza) e i 500 milioni della celebre Stabilità 2016, tanto per rinfrescare la memoria, o il reddito di cittadinanza sostenuto con i proventi del settore dello scorso governo Conte, non c’è da aspettarsi granché. Manca proprio la preparazione e la conoscenza. Non si può governare un sistema senza avere la competenza per farlo e pretendere di legiferare in virtù di opinioni personali senza riscontro. Inoltre va detta una cosa: i soldi del settore cadono a pioggia anche verso chi i malati dovrebbe averli in cura. E quindi ovvio che se vengono eliminate le slot in Piemonte la regione Piemonte non possa accedere a quei fondi. Sarebbe interessante anche sapere se a seguito della messa a bando alle slot il numero di pazienti trattati è crollato oppure no. E magari chiedersi il perché. Questo purtroppo è lo scenario. Non si parla più di soluzioni per rendere il gioco meno problematico, si parla oramai dell’opportunità di tenerlo in piedi o di avere la certezza degli aggi futuri messi a disposizione dei più disparati progetti politici. Progetti politici spesso a favore di quella o di quell’altura lobby di riferimento. Si portano avanti progetti politici finanziati con il denaro di un settore che non è in grado di difendere i propri interessi mediante un’azione politica forte e diretta. Serve l’impegno politico, non c’è altra possibilità. Esistono persone credibili, capaci e con la giusta cultura. Che facciano un passo avanti, non è più possibile demandare ancora ad altri la nostra rappresentanza politica”.

 

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