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Crolla l’occupazione nei pubblici esercizi, persi 243mila posti

16 marzo 2021 - 12:19

L’anno orribile della pandemia e delle misure restrittive imposte ai pubblici esercizi presenta il conto. Ed è salatissimo.

Scritto da Vincenzo Giacometti
Crolla l’occupazione nei pubblici esercizi, persi 243mila posti

L’ufficio studi di Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici esercizi di Confcommercio rivela il conto presentato dalla pandemia agli esercenti che, come ci si poteva ampiamente aspettare, risulta decisamente salato. Stando ai dati che ha raccolto ed elaborato l'organismo, partendo da quelli Inps relativi ai livelli occupazionali del 2020, bar, ristoranti, discoteche e imprese di catering e banqueting hanno perso 243mila occupati rispetto al 2019, quando sfioravano il milione. A sparire sono stati principalmente cuochi, camerieri, barman e tra questi anche poco meno di 20mila apprendisti. Proprio i giovani pagano il conto più salato di questa crisi: 7 su 10 di coloro che hanno perso il lavoro hanno meno di 40 anni.

In termini assoluti la contrazione maggiore ha interessato ristoranti (-25,2 percento) e bar (-26,2 percento) mentre in termini relativi il settore più penalizzato è quello delle discoteche con una flessione dell’occupazione dipendente di 3mila unità, pari al 57,4 percento.

Il blocco dei licenziamenti ha scaricato gli effetti della crisi sul lavoro a tempo determinato e stagionale: 166mila, il 54,9 percento, erano infatti lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, mentre il 40,7 percento erano contratti stagionali. Non si trattava di “lavoretti” perché in 6 casi su 10 l’orario di lavoro era a tempo pieno.

A pagare il dazio più alto son state le regioni del Centro Italia, Toscana e Lazio in testa, dove gli occupati sono scesi del 27,6 percento, seguite a ruota dalle regioni del Nord Ovest, dove il crollo si è fermato mediamente al 25,8 percento. 

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“Le nostre peggiori previsioni si sono avverate – sottolinea la Fipe Confcommercio –. Le imprese sono ormai allo stremo, senza più l’ossigeno necessario per respirare. Il mondo della ristorazione nel 2020 è dovuto stare chiuso forzatamente per 160 giorni, mentre ai locali da ballo e alle imprese di catering è andata persino peggio. Ogni volta che si intravedeva uno spiraglio di ripresa, ecco arrivare nuove chiusure. In questo modo si è smesso di investire sul futuro e infatti tra i più penalizzati ci sono stati i giovani e i giovanissimi. La speranza è che si possa invertire il trend una volta per tutte e che questo sia davvero l’ultimo sforzo. Ma occorre programmare la ripartenza sin da subito”.

Nonostante, quindi, la fiducia che continuano ad avere gli analisti sul futuro, una volta che si potrà tornare alla normalità, per il momento si tratta ancora di capire quando si potrà tornare a lavorare con regolarità e, soprattutto, quante aziende potranno continuare ad esserci.

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