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L'approccio ingegneristico per riaprire subito, e in sicurezza, anche i giochi

09 aprile 2021 - 09:07

Non solo medicina, anche l'ingegneria rientra nella Scienza che può salvare dal virus: oltre al vaccino si intervenga sui locali per riaprire subito.

Scritto da Ac
L'approccio ingegneristico per riaprire subito, e in sicurezza, anche i giochi

Persone immuni ma anche locali pubblici “covid-free”, o comunque a basso rischio. E' questo il mix perfetto per tornare alla normalità, anche nel gioco pubblico. Un processo graduale, come graduale è la diffusione del vaccino, ma che potrebbe essere avviato fin da subito. Come del resto è già avvenuto o sta avvenendo per alcuni settori, ma non per tutti. Come evidenziato nei giorni scorsi su queste pagine, la campagna mediatica promossa dall'Europa rispetto all'introduzione del cosiddetto “certificato sanitario” - meglio conosciuto anche come “passaporto vaccinale” - che consentirebbe procedure più snelle per chi viaggia e che dovrebbe essere attivo da giugno, permettendo l'accesso a treni e aerei sotto determinate condizioni, potrebbe essere applicato anche nei locali di gioco. Garantendo così, fin da subito, di poter programmare la riapertura delle attività. Ma oltre a questo e, forse, anche prima di arrivare a tale punto, si potrebbe fare altro, adottando un approccio scientifico più esteso, che contempli cioè anche aspetti ingegneristici e non solo medici o sanitari. Puntando, per esempio, sulla gestione del rischio, legata al rientro nei locali, così come nelle scuole, negli uffici, nei ristoranti o nei teatri. A un anno dall'esplosione della pandemia, del resto, non si può continuare ad attendere unicamente il vaccino o la bella stagione, o l'unione dei sue. Come pare si stia facendo ancora oggi, almeno in Italia.

LA SOLUZIONE INGEGNERISTICA - La lotta contro il Covid-19 si può condurre anche fuori dagli ospedali e dai laboratori. Come spiega bene all'Huffpost l’ingegnere Giorgio Buonanno, promotore della lettera firmata da 239 scienziati e diretta all’Oms, con la quale si invita l’Organizzazione a non sottovalutare la trasmissione aerea. I contagi, infatti, avvengono nella quasi totalità all’interno di ambienti chiusi: l’aria che lì ci circonda è il canale utilizzato dal virus per propagarsi, quindi il controllo di quell’aria - da affidare agli ingeneri che la studiano - può riportarci alla normalità. Per farlo, tuttavia, “Deve cambiare l’approccio sugli ambienti chiusi”, spiega il tecnico. “Non possiamo delegare la responsabilità a chi indossa le mascherine, ma a chi si occupa della ventilazione in quell’ambiente”. Aggiungendo, peraltro, che agire adesso significa anche prevenire pandemie future”. Altro tema tutt'altro che banale. Visto che, per quanto possa essere spiacevole sentirlo, la realtà ci dice che sulle riaperture e sul ritorno alla normalità, comanda il virus. E fino a quando l’epidemia non sarà debellata su scala globale resteranno i rischi di una ripresa legata a nuovi ceppi resistenti alla risposta immunitaria. E anche per questo serve – urgentemente – un nuovo approccio a livello generale.
In effetti, un anno fa si diceva che il virus usasse come canali principali di trasmissione i “droplets” - cioè le goccioline di saliva che escono dalla bocca e cadono per gravità – e le superfici di contatto. Una visione che Buonanno definisce “ottocentesca” e “legata a studi vecchi e in parte con conclusioni errate”. Spiegando che non sarebbero quelli i canali prioritari, ritenendo la via dominante per la trasmissione quella dell’aerosol, cioè le goccioline piccole che non si vedevano alla fine dell’800 che escono dalla bocca e che trasportano il virus. Per questa ragione l’ingegneria - ossia chi studia l’aerosol, la qualità dell’aria, gli impianti - potrebbe avere un ruolo determinante: “Il problema del contagio potrebbe essere risolto dagli ingegneri, perché conoscono il comportamento delle goccioline nell’aria, sanno come togliere l’aria ‘sporca’ del virus dall’ambiente”. Spiega l'ingegnere. Indicando diversi step di intervento e varie soluzioni. Adottando nei locali, per esempio, la ventilazione meccanica controllata, che implica l’utilizzo di impianti costosi. Oppure, più economicamente, mettendo i cosiddetti purificatori d’aria: sistemi che costano intorno ai mille euro. Ma non solo. E se tali sistemi possono rivelarsi eccessivamente costosi per essere applicati su tutte le scuole ed uffici pubblici, a livello nazionale, lo stesso non si può dire per i locali di gioco, per i quali potrebbero essere più accessibili.

RIAPRIRE SI PUÒ: ANZI, SI DEVE - Insomma, ci sono diverse soluzioni possibili, tutte mirate a ridurre i rischi ai minimi termini, già prima del raggiungimento della famigerata immunità di massa. Queste permetterebbero di tornare a frequentare varie tipologie di locali, come quelli di gioco. Raggiungendo anche livelli di sicurezza addirittura superiori rispetto a quelli che si possono riscontrare in altre attività o ambienti che comunque risultano oggi aperti al pubblico. Dai supermercati ai centri estetici, passando per tabacchi, parrucchieri e via discorrendo. Non solo. Va anche detto che molti locali di gioco, soprattutto quelli più strutturati come le location specializzate (come agenzia di scommesse, sale bingo o gaming hall) già in occasione della precedente riapertura estiva del 2020, tra giugno ed ottobre, si erano adottati di sistemi evoluti di areazione – oltre a stringenti protocolli di sicurezza - e non è quindi un caso se in quel periodo non si sono mai riscontrati dei focolai all'interno di queste attività. Mentre tutto intorno proseguivano i contagi.
Quindi, fermo restando che, di fronte a un virus così letale e alla sua crescente diffusione degli ultimi mesi, non si poteva far altro che fermare il numero maggiore possibile di attività per ridurre le occasioni di contatto tra persone e, quindi, il rischio di contagio, è pur vero che questa ricetta non può più funzionare a un anno di distanza, quando le vittime economiche rischiano di superare ampiamente il numero dei malati di Covid. E' quindi giunto il momento di valutare e adottare soluzioni alternative al lockdown, per rimettere in sesto il paese e tornare gradualmente alla normalità, per quanto possibile. Del resto, anche lo stesso premier Mario Draghi, in occasione della sua ultima conferenza stampa, ha spiegato che il migliore sostegno è senza dubbio la ripartenza. Proprio come chiedono le categorie, con il pressing che si fa sempre più stringente. E ora è il momento di passare dalle parole ai fatti visto che le soluzioni ci sono e sono pure a portata di mano. Tra gli assiomi più volte citati dal premier, peraltro, c'è anche quello del totale affidamento alla scienza e ai dati per stabilire criteri validi per gestire la pandemia. E anche qui, nulla da dire. Anzi. Ma proprio in coerenza con questo approccio, appare legittimo (e, forse, doveroso) estendere l'analisi scientifica includendo anche l'ingegneria oltre alla medicina e all'economia, per trovare un equilibrio e dare maggiore concretezza alle teorie e soluzioni che si intende studiare, e possibilmente adottare.

Del resto, anche rispetto alla tanto agognata immunità di gregge, è meglio essere sinceri: non è detto che ci si arrivi mai davvero, perché il traguardo potrebbe anche essere tecnicamente non raggiungibile. Oltre all'insinuarsi delle molteplici varianti del virus, va anche detto che, in realtà, le condizioni teoriche necessarie per il raggiungimento dell'obiettivo non si verificano mai, perché intervengono numerose variabili, quali la diversa concentrazione della popolazione sul territorio, i comportamenti adottati, le misure di contenimento o di mitigazione e così via. Quindi, bisogno fare dell'altro, e subito. E se, come stabilisce il decreto che entra in vigore oggi, si inizia infatti a prevedere qualche riapertura (dal 12 aprire potranno farlo i musei, mentre dal 26 teatri e cinema), appare ancora più anacronistico continuare a tenere chiuse le altre attività, per quanto "non essenziali" si possano considerare. Visto che continuare a risultare essenziali (eccome) per chi da quelle stesse attività, continua a dover ricavare il pane quotidiano.

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