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Crisi terziario, Confcommercio: 'Intrattenimento perde oltre il 25%'

03 maggio 2021 - 09:57

Nel rapporto sulla crisi del terziario pubblicato da Confcommercio spicca la flessione dell'intrattenimento, che perde oltre un quarto del numero degli occupati e delle imprese attive.

Scritto da Redazione
Crisi terziario, Confcommercio: 'Intrattenimento perde oltre il 25%'

“La prima grande crisi del terziario di mercato”: si intitola così il rapporto appena pubblicato dall’Ufficio Studi Confcommercio, che sancisce, dopo venticinque anni di crescita ininterrotta, il crollo del macro-settore che comprende commercio, turismo, servizi di alloggio e ristorazione, traporti , attività artistiche, intrattenimento e divertimento, nel quale è incluso anche il comparto del gioco.

La fotografia a 360 gradi che vede ridursi la quota di valore aggiunto del terziario, registrando un -9,6 percento complessivo rispetto al 2019.

Andando nel dettaglio, il settore delle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento segna un meno 27 percento, superato solo dal calo dei servizi di alloggio e ristorazione (-40,1 percento), mentre per i trasporti un -17,1 percento. Un calo che per le attività di gioco terrestre, se stimate, potrebbe raggiungere percentuali ancora maggiori, prendendo a riferimento che secondo le stime del ministero dell'Economia e delle finanze la chiusura del comparto pubblico costa all'Italia un miliardo a trimestre: con -1,1 miliardi di euro nel primo trimestre 2021, e 4,9 miliardi "persi" nel 2020.

Ma gli effetti della pandemia hanno “impattato” in maniera consistente anche sui consumi con quasi 130 miliardi di spesa persa di cui l’83 percento, pari a circa 107 miliardi di euro, in soli quattro macro-settori: abbigliamento e calzature, trasporti, ricreazione, spettacoli e cultura e alberghi e pubblici esercizi. Cifre che si traducono in una perdita di un milione e mezzo di occupati.


UN SALTO INDIETRO DI 25 ANNI - All’interno dell’area Confcommercio, nel 2020, sono stati i settori che operano nel turismo, nei trasporti e nei servizi d’intrattenimento che hanno conosciuto, in linea con i sensibili cali produttivi e della domanda, i regressi più significativi. Per alcuni l’incidenza del valore aggiunto sul totale è scesa a valori inferiori rispetto a 25 anni fa: in realtà, per settori come la ristorazione e l’alloggio si può immaginare che il salto indietro sia di almeno 40 anni, se si considera che la quota di valore aggiunto scende tra il 2019 e il 2020 dal 4 al 2,6 percento, e tale perdita di 1,4 punti percentuali assoluti è superiore all’incremento di peso conquistato negli ultimi cinque lustri, dal 3,1 percento del 1995 al 4 percento del 2019.
 

PRESIDENTE SANGALLI: "PNRR, PIU RISORSE PER IL TERZIARIO" - Commentando i risultati della ricerca, il presidente di Confcommercio ha sottolineato che "per la prima volta nella storia economica del Paese il terziario di mercato subisce una flessione drammaticamente pesante. Occorre quindi che il Piano Nazionale di ripresa e resilienza dedichi maggiori attenzione e risorse al terziario perché senza queste imprese non c'è ricostruzione né rilancio".
 

BELLA (UFFICIO STUDI): "IN GIOCO LA CRESCITA DEI PROSSIMI 10 ANNI" - Mentre secondo il direttore dell’Ufficio Studi, Mariano Bella, “oggi il problema principale è mantenere vivo e vitale gran parte del tessuto produttivo dei servizi alle imprese e alle persone, in primis la convivialità e il turismo, e traghettarne le attività dalla pandemia alla ripresa. Quando i flussi turistici mondiali riprenderanno vigore, se l’offerta italiana non sarà pienamente in grado di soddisfarli, le perdite saranno permanenti”.
Dunque, Bella ha evidenziato la necessità per le imprese di ricevere indennizzi e ristori adeguati per farsi trovare pronte nel momento in cui arriverà la tanto attesa ripartenza. Bella ha poi sottolineato un altro aspetto molto significativo che ha determinato il mancato “rimbalzo” che tanti si aspettavano nel primo trimestre del 2021: “Tra gennaio e marzo 2021, come nei peggiori frangenti dell’anno passato, è mancata la componente della domanda più importante, i consumi. Le nuove chiusure di marzo e aprile hanno, però, tolto vigore a quella pure minima spinta potenzialmente presente nei risparmi in eccesso accumulati dalle famiglie”. In gioco, secondo il direttore dell'Ufficio Studi "non c’è solo la ripresa, peraltro già mutilata da un primo trimestre 2021 piuttosto deludente. C’è il tasso di crescita dell’economia italiana nei prossimi dieci anni e quindi il benessere, l’inclusione e la provvista delle risorse per le varie rivoluzioni intraprese: da quella digitale a quella verde".
 
OCCUPATI, L'ANALISI DI CONFCOMMERCIO - In generale, si legge nel rapporto di Confcommercio, "si può sinteticamente sostenere che tutte le attività connesse alla mobilità delle persone, dal commercio al dettaglio non legato agli acquisti di beni primari e/o di farmaci, ai trasporti di passeggeri, alle strutture ricettive e alla ristorazione, nonché alle attività ancillari del turismo come agenzie di viaggi e tour operator, fino ai comparti dell’intrattenimento e del benessere fisico, hanno evidenziato o un modesto miglioramento di produttività o un contenuto peggioramento, perché pur in presenza di contrazioni decisamente consistenti dell’input di lavoro (con il personale nella posizione di fruitore delle misure di sostegno al reddito predisposte dal Governo e quindi titolare del rapporto di lavoro ma non partecipante al processo produttivo), la flessione del valore aggiunto è risultata comunque superiore e ciò spiega la presenza del segno negativo. Per contro, in altri specifici segmenti dei servizi, come le telecomunicazioni, i servizi informatici, le società di ricerca, il prodotto medio per occupato ha registrato incrementi anche consistenti, trattandosi di comparti non toccati direttamente dal blocco delle attività imposto dai lockdown, che hanno potuto organizzare i processi produttivi in modalità immateriale e svincolata dalla presenza fisica sul luogo di lavoro dei dipendenti. Allo stesso tempo, altri comparti produttivi che hanno potuto continuare la propria attività con i propri dipendenti in lavoro da remoto hanno accresciuto la domanda di servizi informatici e per le telecomunicazioni, generando un incremento consistente di valore aggiunto per chi doveva offrire tali servizi".
 
INTRATTENIMENTO, POSIZIONI LAVORATIVE GIÙ DEL 25,5 PERCENTO - Concentrando il focus sull'occupazione, in termini di unità di lavoro standard (Ula - le posizioni lavorative ricondotte ad unità equivalenti a tempo pieno) la riduzione è stata di poco meno di 2,5 milioni (-10,3 percento). Il confronto con la perdita cumulata di poco più di 1,8 milioni di unità registrata nell’intero periodo della doppia crisi economico-finanziaria del periodo 2008-2013 rende abbastanza chiara l’eccezionalità degli eventi osservati nell’anno passato.
Le variazioni assolute più consistenti, pari a -26,3 percento, riguardano il settore che riunisce turismo, tempo libero e comunicazioni. A fare media sono il -25,5 dell'intrattenimento, il -33,7 di ristorazione e alloggio, il -3,9 delle telecomunicazioni e il -70,4 di tour operator e agenzie di viaggio. Ma sarebbe alquanto interessante avere i dati precisi anche sul comparto del gioco pubblico terrestre, con le sale e le agenzie chiuse da 10 mesi.

LE IMPRESE ATTIVE, E QUELLE CESSATE - Per quanto riguarda la numerosità e peso percentuale delle imprese attive, il rapporto di Confcommercio rileva che Turismo, tempo libero e comunicazioni raggiungono nel complesso la cifra di 608.666 unità. Quasi 70mila (69.761) quelle dell'intrattenimento, con un peso dell'1,4 percento, superate - in questa particolare categoria - solo da quelle della ristorazione, al 6,6 percento.
Ma il dato, forse, più interessante è quello offerto dalla tabella n° 17, dedicata al rapporto fra imprese avviate e chiuse ponendo a confronto il 2019 e il 2020, che riportiamo di seguito.
Nel complesso, il saldo è negativo per 17.996 imprese: ben - 13.485 per la ristorazione, e - 1.259 per l'intrattenimento. Che, potrebbero diventare ancora meno per il comparto del gioco a causa del prolungato lockdown e del micidiale effetto combinato fra questo - e le sue ovvie conseguenze - e l'applicazione dei distanziometri espulsivi delle attività legali in varie regioni nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, se non interverranno le auspicate proroghe o modifiche normative.
 

 


UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI: "URGE RIFORMA DEL FISCO" - A commentare il rapporto di Confcommercio, interviene Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori.
"Uno tsunami si è abbattuto sul commercio. Se per alcuni settori, come abbigliamento e calzature, con la fine del lockdown è atteso un logico e consistente rimbalzo, per recuperare quanto non acquistato nel 2020, per altri, come trasporti, ricreazione, alberghi e cultura, nonostante sia lecito attendersi una ripresa e una ritrovata voglia degli italiani di tornare a spendere, circolare e vivere come prima, non si potranno riprendere i miliardi persi durante la pandemia.
Insomma, sono settori che impiegheranno anni per riprendersi per davvero, anche perchè il crollo del reddito disponibile delle famiglie avvenuto nel 2020, una caduta del 2,8 percento pari a 32 miliardi, peserà per molto sulle spese non obbligate. Per questo urge una riforma fiscale che ridia capacità di spesa ai ceti meno abbienti".

 

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