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Pucci (As.tro): 'Politica difenda gioco legale e promuova riordino'

29 giugno 2021 - 13:33

Lo chiede Pucci (As.tro) in una lettera al deputato Lattanzio (Comitato prevenzione e repressione attività predatorie della criminalità organizzata durante l’emergenza sanitaria).

Scritto da Redazione
Pucci (As.tro): 'Politica difenda gioco legale e promuova riordino'

Non c'è più tempo per “salvare” il gioco legale ed ora di raggiungere il riordino nazionale del settore promesso da anni.

Questo il “succo” della lettera scritta dal presidente dell'associazione As.tro, Massimiliano Pucci, al deputato Paolo Lattanzio, coordinatore del Comitato per la prevenzione e la repressione delle attività predatorie della criminalità organizzata durante l’emergenza sanitaria.

 

"In veste di associazione di rappresentanza degli operatori del gioco lecito, abbiamo letto con particolare attenzione quanto emerge, con riguardo al nostro settore, dalla relazione del Comitato per la prevenzione e la repressione delle attività predatorie della criminalità organizzata durante l’emergenza sanitaria, da lei coordinato.
Si tratta di un allarme che As.tro non ha mai smesso di porre all’attenzione delle autorità competenti durante il lungo periodo di chiusura delle attività di gioco, imposto dalle disposizioni emanate per il contenimento della pandemia. L’esercizio delle attività riguardanti l’offerta di gioco è stato infatti inibito, a partire dal mese di marzo 2020, fino ad arrivare al mese di giugno 2021, per ben 330 giorni", esordisce Pucci.
 
Le intuibili gravi conseguenze economiche dovute ad una così prolungata inattività sono andate ad aggiungersi ad una serie di fattori preesistenti all’emergenza epidemiologica, i quali stanno di fatto ostacolando la ripresa e la sopravvivenza delle imprese che operano nella legalità", a cominciare dai "rilevanti inasprimenti fiscali succedutisi in un arco temporale ristretto e con cadenze non prevedibili. Dal 1° settembre 2018 al 1° gennaio 2021, il prelievo erariale unico (c.d. Preu), riguardante gli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lettere a) e b) del Tulps (rispettivamente, Awp e Vlt) è passato dal 19,25 percento al 24 percento per le Awp e dal 6,25 al 8,60 percento per le Vlt, attraverso quattro aumenti attuati nell’arco di pochi mesi l’uno dall’altro, così minando quelle normali attività di programmazione degli investimenti connaturate all’esercizio dell’attività d’impresa.
Si tenga conto che tali aliquote non vengono calcolate sul margine operativo ma sulla raccolta di gioco al lordo delle vincite.
Le somme da restituire ai giocatori a titolo di vincite sono predeterminate per legge: 65 percento per le Awp e 83 percento per le Vlt.
Ciò comporta che l’aliquota del 24 percento incide sul reddito lordo nella misura del 68,57 percento per le Awp e del 50,59 percento per le Vlt.
Con l’importo che residua al netto del Preu l’imprenditore deve provvedere a pagare le imposte ordinarie (Ires, Tari, Irap, ecc.) e gli atri costi di gestione dell’impresa (comprese le retribuzioni del personale).
Anche il settore della raccolta delle scommesse è stato ulteriormente penalizzato nel corso della pandemia con l’introduzione della nuova tassa per il finanziamento dello sport (con un’aliquota dello 0.5 percento sulla raccolta).
È quindi del tutto evidente che una fiscalità che penalizza così fortemente i margini d’impresa rischia di provocare la chiusura delle imprese che esercitano il gioco legale”.
 
Secondo “nodo da risolvere” per Pucci è “l’ostracismo bancario: sta assumendo contorni allarmanti anche il fenomeno che vede la gran parte degli istituti bancari recedere, senza alcuna motivazione legata a parametri connessi al merito creditizio, dai contratti di conto corrente accesi dagli operatori del gioco, spesso giustificando questa decisione o sull’esistenza di codici etici interni oppure sulla circostanza della grossa mole di contante versata dagli operatori del gioco. Si tratta di condotte palesemente discriminatorie che vanno a vanificare proprio quelle procedure preordinate alla prevenzione dei fenomeni di riciclaggio: in primo luogo, per l’appunto, l’obbligo del gestore degli apparecchi di versare immediatamente in banca i contanti ricavati dagli apparecchi da gioco. Se non verrà posto un freno a questa condotta arbitraria degli istituti bancari, verrà quindi meno, oltre alla sopravvivenza del settore, proprio il meccanismo che qualifica il gioco legale: la totale tracciabilità dei flussi finanziari”.
 
Il presidente di As.tro quindi punta l'attenzione sulle leggi regionali e le ordinanze comunali: “Un altro fenomeno che sta aprendo la strada alla presenza del gioco illegale sul territorio è quello della proliferazione di normative regionali proibizioniste che, imponendo (peraltro con efficacia retroattiva), particolari restrizioni alla distribuzione territoriale delle attività di gioco legale, ne stanno, di fatto, comportando l’espulsione dai loro rispettivi territori.
Lo stratagemma utilizzato dalle regioni per rendere proibito ciò che è invece lecito per lo Stato, consiste nell’imporre, con efficacia retroattiva, elevate distanze minime da luoghi considerati 'sensibili' per la permanenza o l’avviamento delle attività di gioco.
Il concetto di luogo sensibile fu introdotto dal cosiddetto 'decreto Balduzzi' per indicare quegli spazi, come ad esempio le scuole, frequentati da persone che, per particolari condizioni legate all’età e ad una particolare vulnerabilità, possono essere considerate a rischio di dipendenza.
Ma il decreto Balduzzi aveva previsto che tali restrizioni si sarebbero dovute applicare soltanto alle nuove attività e a seguito di un’attività di concertazione che avrebbe dovuto coinvolgere la Conferenza Stato Regioni e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, previa definizione dei luoghi da considerarsi 'sensibili' mediante decreto del Mef, di concerto con il ministero della Salute.
La fuga in avanti delle Regioni si è invece concretata nella individuare come 'sensibili' anche luoghi che non presentano alcuna caratteristica legata alla vulnerabilità dei soggetti che li frequentano (come, ad esempio, le stazioni degli autobus o i cimiteri), oppure demandando alla mera discrezionalità dei Comuni l’individuazione di nuovi luoghi sensibili, ma soprattutto estendendo l’efficacia delle restrizioni anche alle attività preesistenti l’emanazione delle normative che le hanno introdotte, così determinando la chiusura coatta di attività già regolarmente avviate.
La strategia finalizzata all’abolizione surrettizia del gioco legale, messo in atto dalle Regioni e dai Comuni, trova la sua 'chiusura del cerchio' nell’utilizzo indiscriminato, da parte dei sindaci, della facoltà di limitare gli orari di esercizio delle attività di gioco, ormai utilizzata per imporre deliberatamente delle limitazioni orarie che rendono impossibile la tenuta degli esercizi in cui viene svolta l’offerta di gioco legale”.
 
Pucci quindi lancia un appello: “Se effettivamente esiste, da parte delle istituzioni, la consapevolezza che il gioco legale costituisce un argine contro l’illegalità e che, come si legge nella vostra relazione, con l’inibizione dell’offerta legale, 'la domanda di gioco resta stabile e rischia di spostarsi sul terreno delle gestioni illegali guidate dalla criminalità organizzata', sarebbe opportuno che tutte le forze politiche presenti in Parlamento si facessero carico della difesa dell’offerta legale di gioco mediante una disciplina di riordino del settore, uniforme a livello nazionale, che, pur tenendo conto della necessità di salvaguardare le salute dei cittadini, prenda in considerazione la necessità di conservare la tenuta economica delle imprese che svolgono l’attività di offerta legale del gioco.
Si tratta, in altri termini, di porre fine allo stillicidio messo in atto da coloro che, non avendo il coraggio di assumersi apertamente la responsabilità politica di un ritorno all’epoca dei 'video poker' illegali, delle 'bische' e delle scommesse clandestine (così provocando, al di là delle intenzioni, il dirottamento verso le casse delle organizzazioni criminali, delle risorse attualmente appannaggio dello Stato – stiamo parlando di oltre 10 miliardi di euro), hanno deciso di appagare la loro vocazione 'proibizionista' tentando di provocare la morte per consunzione di un intero comparto economico del Paese”.
 

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