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Retico (Agisco): 'Gioco pubblico, lo Stato deve normare ma non vietare'

26 maggio 2022 - 14:16

Retico (Betpremium e Agisco) all'evento 'Giocobyte: il gioco pubblico nell’evoluzione dal bussolotto alla fibra' auspica 'maggiore legalità e normazione' per dare un futuro al comparto.

Scritto da Cesare Antonini
Retico (Agisco): 'Gioco pubblico, lo Stato deve normare ma non vietare'

Salerno - “Il mercato di oggi è in stallo da 4-5 anni e lo Stato non riesce a gestire questa cosa. Gli operatori legali e i consumatori sono danneggiati visto che non sono liberi di poter investire nel loro intrattenimento. Questo stato di cose genera incertezza e per un mercato è lo scenario peggiore. Ma il gioco si può vietare? È vietato? Il proibizionismo non ha mai funzionato in nessun caso storico”.

Lo afferma Valerio Retico, presidente del Cda di Betpremium e membro dell’associazione Agisco, nel suo intervento alla prima delle due giornate di studi intitolate “Giocobyte: il gioco pubblico nell’evoluzione dal bussolotto alla fibra” in programma il 26 e il 27 maggio a Fisciano (Salerno).

 

Retico fa anche una disamina della storia recente del gioco. “Non e facile trovare un ambiente in cui si possa parlare di gioco pubblico con un approccio scientifico e non ideologico come ci capita in quasi tutte le sedi. Faccio da parte di questo settore da sempre, con un’attività familiare. Il gioco pubblico parte dalla fase pre-industriale dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni Novanta. Il gioco c’era ma non si vedeva, dal Totocalcio alle corse dei cavalli. Già allora ci si differenziava notevolmente con l’approccio britannico dove l’ippodromo era un fatto di costume è assolutamente normale e in Italia è dipinto in un film come 'Febbre da cavallo'. Lunghi decenni in cui il gioco non è ancora un’industria. E c’erano il gioco illegale, il totonero, il calcio scommesse. Il betting si faceva lo stesso. E iniziavano a comparire i videopoker, si dice che esistessero 500mila macchine piazzate sul territorio italiano. Si preferiva non vederlo. Lo Stato poi cambia strategia e inizia con i Mondiali di Francia nel 1998, quando si legalizzano le scommesse. I Monopoli hanno fatto un grande lavoro per normare e far emergere il gioco illegale. Sono gli anni del boom mediatico con i tornei di poker sportivo che prese piede in Italia. Divenne un fenomeno mediatico e fu sdoganato il poker online. Si inizia a parlare di azzardo e abilità, per semplificare il Lotto o il poker o il betting dove servono maggiori skills. Lo Stato regola ma incassa anche molti soldi per le casse erariali. Per finanziare la ricostruzione del terremoto de L’Aquila vengono introdotte videolotterie e casino online. Arrivano anche colossi del gioco che investono molto. Forse in quella fase si è esagerato un po’ troppo. E superato qualche limite. Così arriva la fase de rigetto dopo il super boom. Nel 1998 in Italia c’erano 300 locali dove scommettere: col decreto Bersani arrivarono a quota 15mila. Si iniziano a percepire i rischi di un fenomeno troppo diffuso, seppur legale. Prima della pandemia la spesa dei giocatori si è attestata sui 19 miliardi di euro di cui 11 sono andati allo Stato. Cresce anche la sindrome del gioco d’azzardo patologico. Gli Enti locali se ne accorgono per primi. I locali dilagano e anche i pazienti del Serd. Sono effetti collaterali che condizionano molto l’opinione pubblica e il sentiment cambia radicalmente. E gli Enti locali sono sul fronte e non ricevono un euro di gettito. Una reazione comprensibile. E le attività di gioco ora sono espulse dai territori da norme varate da Regioni e Comuni”.
 
Quindi, evidenzia l'esponente dell’associazione Agisco, “una buona parte la deve fare la stessa industria del gioco, che è un prodotto come gli altri. Tutto dipende dall’uso che si fa. L’alcol ad esempio causa 80mila morti l’anno ma nessuno si è mai sognato di vietarlo o limitarlo. Le ipotesi di alcuni politici di proibire drasticamente il gioco mi hanno lasciato assai perplesso. 
Durante la pandemia il gioco online è cresciuto molto. Per come è normato è il prodotto più tracciato e più controllato. Il fenomeno è difficilmente controllabile.
Concludiamo con il gioco illegale: nonostante i tantissimi punti di gioco il fenomeno è ancora molto presente e prolifera raccogliendo tanti miliardi di euro. La domanda di gioco ci sarà sempre e più lo Stato stringe i cordoni e più cresce il gioco illegale. Ci sono siti esteri off shore ma soprattutto anche società molto pericolose per i consumatori.
Per affrontare il futuro serve maggiore legalità e normazione nonostante sia tutto già regolato.
La decisione è: lo Stato deve normare, regolare e limitare questo fenomeno per contrastare le patologie ma non vietare”.
 

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