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La macchina del fango avvolge anche le Vlt

07 aprile 2014 - 10:27

Che in Italia basti una presunzione di anomalia per suscitare scalpore e indignazione, non è una novità. E lo è ancor meno quando a finire nell'occhio del ciclone è il settore del gioco, da sempre caratterizzato da particolari attenzioni denigratorie da parte della cosiddetta 'opinione pubblica' (altra definizione assai discutibile, specie in questo ambito, visto che, quando si prova a sentire la gente comunque sul tema del gioco, non si ottengono mai giudizi nettamente contrari e neppure ben definiti, segno che la materia interessa assai poco alla cittadinanza).

Scritto da Alessio Crisantemi
La macchina del fango avvolge anche le Vlt

Sta di fatto però che l'ultima crociata - politica e mediatica - contro il comparto giochi colpisce, questa volta, il mondo delle videolottery. Ovvero, quel segmento del gioco pubblico che da sempre si propone e contraddistingue come uno dei sistemi più sicuri per lo Stato, dal punto di vista della gestione del business e delle entrate. Eppure, bastano un paio di inchieste per scardinare anche tali certezze e riportare il settore in balia degli umori di una politica assai attenta alle questioni televisive piuttosto, o prima ancora, di quelle economiche e occupazionali.

 

Chiunque abbia avuto a che fare, in un modo o nell'altro, con il settore delle videottery sa perfettamente che la tanto sbandierata sicurezza non è soltanto uno slogan, ma il prodotto reale di un sistema altamente regolato e assai rigorosamente allestito. Al punto da far pensare, piuttosto, al rischio diametralmente opposto: ovvero, quello di un eccessiva complessità che rischia di rendere, proprio in nome della sicurezza, il sistema difficile dal punto di vista della manutenzione. Specie in caso di eventuali interventi correttivi che si potrebbero rendere opportuni in un mercato così dinamico e legato alle possibili variazioni e ai repentini cambiamenti che affliggono ogni sistema elettronico e informatico. A cui si aggiunge, in questo caso, anche il contributo di una normativa ancora più instabile. Ne è un esempio l'introduzione della tassa del 6 percento sulle vincite superiori ai 500 euro che ha investito tutti i prodotti di gioco a partire dal 2011 e che ancora oggi non è stata implementata sulla rete Vlt proprio per via della assai farraginosa procedura di omologazione e immissione sul mercato delle piattaforme di gioco che non permette aggiornamenti immediati. Per un vero e proprio (e non certo l'unico) paradosso del gioco pubblico, e del nostro paese più in generale, in cui si generano sistemi e insiemi di regole talmente rigidi dal punto di vista normativo e delle procedure di controllo, pur di scampare, già in origine, alle possibili strumentalizzazioni, che potrebbero scagliarsi contro lo stesso sistema, di cui ormai si tiene conto a monte. E le videolottery ne rappresentano un esempio lampante. Basta guardare nel resto del mondo come viene gestita la rete di queste macchine per capire la differenza: tecnica soltanto nell'apparenza, ma amministrativa, e quindi politica, nella sostanza. Tutte le altre reti Vlt funzionano in maniera assai più blanda, con il controllo del business affidato ai proprietari di licenza per la gestione di tale servizio, sottoposti poi a degli audit per la verifica della correttezza dei dati e del funzionamento della rete. Da noi, al contrario, lo Stato ha scelto di stravolgere la vera natura delle videolottery (basate, appunto, su quel principio) generando un sistema ibrido e il cui controllo è stato centralizzato presso Sogei. Come se lo Stato non avesse fiducia nel concessionario, nonostante l'evidente contraddizione in termini e in principio visto che, almeno in teoria, essendo tale soggetto il partner scelto dallo stesso Stato per la gestione del mercato, su di esso dovrebbe ricadere tutta la fiducia del caso, altrimenti non si capisce per quale motivo gli venga affidata una concessione.

Eppure, questa è l'Italia. E, non a caso, ci troviamo oggi con una situazione in cui, a finire sotto la lente della politica e dei media, è addirittura Sogei, cioè il partner informatico dello Stato (e non solo per i giochi), oltre ai concessionari. Segno evidente che (paradosso dei paradossi) ad averla vista lunga sono stati proprio i burocrati autori del sistema di gestione delle Vlt, tenendo conto già in origine delle immancabili future accuse riferite ai controlli.

Ma il problema non è soltanto del settore delle Vlt e rappresenta, al contrario, una patologia che affligge l'intero comparto del gioco pubblico rovinandone l'immagine e degradandone la credibilità. Si, perché fino a ieri a non essere sicure erano le slot (altro comparto assai rigidamente controllato e gestito dallo stato attraverso gli stesso partner e una fitta rete di gestori, oggi tutti inquadrato in un albo professionale), oggi sono le Vlt e domani chissà quale altro gioco. E ogni volta sarà sempre più difficile, oltre che inutile, spiegare che, al contrario, lo Stato ha piena contezza, nonché discreta certezza, di ciò che avviene sulla rete del gioco pubblico. Ma forse è proprio questo l'obiettivo dei tanti detrattori del sistema. Peccato soltanto non ci fossero stati anche prima tanti paladini dell'etica di Stato, quando il comparto del gioco pubblico veniva rintuzzato, anno dopo anno, di nuovi giochi e nuove tasse, allo scopo di rimpinguare le casse, e quasi sempre attraverso provvedimenti legislativi approvati in maniera pressoché unanime. Ma oggi bisogna guardare al presente e, possibilmente, anche al futuro. Cosa che dovrebbe fare anche quella parte della politica che, anche in forma implicita, chiede di tagliare il gioco, visto che ciò significherebbe andare in cerca di almeno nove miliardi di euro l'anno.

E di buono, in tutta questa storia, c'è che dalla bagarre sulle Vlt avviata in parlamento potrebbero arrivare, se non altro, le risposte del governo, che oltre a diffondere dati ufficiali su questo settore (che certo non guastano, a garanzia di reale trasparenza), sarà costretto e ribadire le virtù del comparto prendendone, magari anche indirettamente, le giuste difese.

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