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L’Europa sia con noi: e con il gioco pubblico

26 maggio 2014 - 08:05

Adesso che la campagna elettorale è finita, e nell’auspicio di ritrovarsi quanto prima con un quadro politico molto più chiaro, almeno in ambito europeo, è arrivato il momento di agire.

Scritto da Alessio Crisantemi
L’Europa sia con noi: e con il gioco pubblico

E visto che il tema del gioco è stato uno dei più dibattuti nella fase di preparazione alle ultime elezioni, le stesse forze politiche e i parlamentari appena insediati, sono chiamati ad attuare gli impegni presi con i cittadini, a dimostrazione che il programma presentato agli elettori era fatto di idee e soluzioni concrete, e non solo di parole. Il Movimento cinque stelle, non è una novità, è il più dinamico in termini di proposte su questa materia e, in particolare, ha annunciato – anche attraverso il leader Beppe Grillo – di avere intenzione di ritoccare al rialzo la tassazione dei vari giochi in modo da reperire nuove risorse per finanziare il reddito di cittadinanza che è da sempre uno dei cavalli di battaglia del Movimento. È evidente tuttavia che ogni tipo di ragionamento in questo senso deve ottenere l’avallo del Ministero dell’Economia: chiamato non a proteggere un mercato o i suoi operatori (nonostante non ci sarebbe nulla di male, ed è stato fatto per tante altre industrie nazionali, ma già sembra di sentire le grida allo scandalo per gli aiuti alla lobby del gioco qualora venisse presentato in tali termini), quanto, piuttosto, per assicurarsi la piena sostenibilità di tale riforma. Superando ogni limite ideologico e qualunque considerazione morale (evidentemente tardiva) sull’opportunità di reperire risorse dal gioco da parte dello Stato - riserva mentale peraltro superata anche dagli stessi grillini, come da altre forze politiche, che prima chiedevano l’abolizione del gioco e ora propongono una tassazione maggiore – quello di cui occorre essere certi è che il ritocco delle imposte su questo settore sia davvero possibile. In primis, per l’industria: perché se non diventasse impossibile, o comunque molto più difficile generare margini da queste attività, si otterrebbe una fuga dal settore dei principali operatori economici e, peggio ancora, la ricaduta nell’illegalità delle aziende minori. In secondo luogo, per i giocatori: perché un ritocco del prelievo sui giochi, arrivati al punto in cui siamo oggi, ricadrebbe sulle percentuali di vincita e il rischio maggiore, in questo senso, è la perdita di appeal da parte del pubblico. Per un vero e proprio corto circuito che avrebbe gli effetti esattamente contrari a quelli auspicati dai politici che oggi promuovono tale riforma. Perché se i giocatori non dovessero più spendere i propri soldi in giochi (legali) nelle casse dello Stato entrerebbero minori entrate e salterebbe così quella copertura economica studiata con tanta cura dai grillini, e non solo da loro. Per questo la proposta del Cinque stelle non sarebbe da scartare del tutto, almeno come idea di base (cioè prendere dai giochi e dare ai cittadini che ne hanno bisogno): il problema è su come intervenire e dove prendere. Del resto, la proposta politica avanzata dal movimento è nuova soltanto nell’ambito di applicazione, e non nello strumento. Sì, perché tutti i governi che si sono susseguiti negli ultimi dieci anni non hanno fatto altro che attingere ai giochi per reperire risorse in generale, con l’unica differenza che le destinazioni sono state le più disparate e mai riversate in un progetto di reddito di cittadinanza. Per questo la proposta deve essere valutata e considerata come una opportunità su cui lavorare: proponendo, per esempio, una messa in sicurezza del sistema piuttosto che un inasprimento fiscale, che poi potrà pure arrivare, purché in maniera programmata e idonea alle condizioni del mercato e alle sue peculiarità. Una declinazione interessante l’ha offerta in questi giorni l’associazione Assotrattenimento, suggerendo al leader Grillo di spostare il dito che ha puntato contro il settore, andando a scovare i denari che servono dalla rete illegale che è ancora in grado di raccogliere somme ingenti, pari a qualche miliardo. Questo sì che potrebbe essere un progetto su cui lavorare, peraltro perfettamente coerente con i dettami delle legge delega, la quale ha previsto proprio una razionalizzazione e rivisitazione del modello di gioco pubblico, con un innalzamento della guardia nei confronti dell’illegalità. Ecco quindi che le recenti elezioni potrebbero rappresentare un nuovo punto di partenza, anche per il gioco. Certo è che l’industria sarà chiamata a fare la sua parte proponendo un dialogo costruttivo con le forze politiche. Dall’altro lato, però, servirà la giusta attenzione e la capacità di sgombrare il campo delle riforme da ogni pregiudizio e ideologia, abbandonando quelle sovrastrutture (nel senso marxista del termine) che nei mesi precedenti hanno impedito un dialogo che poteva essere già avviato molto tempo prima.

 

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