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Se gli ostacoli al gioco lecito aprono la strada all'illegalità

03 giugno 2014 - 10:06

Nel settore del gioco pubblico e nelle stanze del Ministero dell'Economia, il concetto è ormai antico, risaputo, praticamente scontato: limitare le attività di gioco lecito in maniera eccessiva o, peggio ancora, indiscriminata, offre il campo libero al gioco illegale, che è pronto a rimpiazzare l'offerta di Stato. Per una sorta di “assioma del gioco pubblico”, a cui tutti, nel settore, riconoscono fondatezza e assoluta rilevanza.

Scritto da Alessio Crisantemi
Se gli ostacoli al gioco lecito aprono la strada all'illegalità

E, a dire il vero, anche in ambito parlamentare, visto che lo stesso principio è stato più volte ribadito dai tecnici di Senato e governo, in fase di stesura di nuove manovre finanziarie, scoraggiando ogni eventuale ritocco al rialzo della tassazione proprio perché – si può leggere ancora oggi in vari atti – un aumento della tassazione avrebbe provocato uno spostamento del settore verso l'illegalità, visto che sarebbe divenuto non più conveniente per gli operatori lavorare (lecitamente) in questo settore. Non a caso, gli ultimi ritocchi della tassazione sono stati introdotti andando a prelevare risorse non più dalla filiera, bensì dal compenso previsto per i giocatori, intervenendo cioè sul pay out, e attuando, per esempio, la tassa sulle vincite superiori ai 500 euro (stigmatizzata come la 'tassa sulla fortuna') o, nel caso delle new slot, dove non si può vincere più di 100 euro, diminuendo di un punto percentuale il limite minimo della restituzione in vincite.
Il principio, quindi, sarebbe indiscutibile. Peccato però che l'assioma, per quanto riproposto più e più volte in vari dibattiti e legislature, sia ancora oggi ignoto a una parte (davvero troppo ampia) di politici e amministratori (e da qui l'uso del condizionale). Al punto che negli ultimi mesi abbiamo assistito al proliferare di leggi regionali, ordinanze e regolamenti restrittivi che hanno bandito o fortemente limitato la presenza del gioco legale sul territorio (la scelta di riproporre l'immagine dei consiglieri regionali lombardi della Lega che distruggono pubblicamente un slot non è casuale). E ora, com'era inevitabile, cominciano ad arrivare i primi risultati. Ma non di territori “liberati dall'azzardo” come venivano proposti negli annunci – spiccatamente pre-elettorali - che introducevano tali interventi normativi annunciando un mondo migliore, bensì di strade, quartieri o città, ormai affidati agli operatori illegali o a quelli privi di autorizzazione (la comprensione della differenziazione è riservata a un pubblico esperto, ma per tutti gli altri non fa differenza). Da qui la denuncia degli addetti ai lavori e l'allarme lanciato alle autorità, con l'invito a riprendere in mano una situazione probabilmente ancora recuperabile, ma che potrebbe sfuggire completamente di mano qualora si intenda proseguire sulla stessa strada. Come ha segnalato in questi giorni l'associazione Assotrattenimento, per esempio, nei territori cittadini di Genova e Bolzano, e più in generale nelle aree a maggiore propensione “no slot”, oltre alla riduzione delle entrate erariali – aspetto questo sicuramente tenuto in considerazione a monte, si vuole sperare – si sta assistendo a una grandissima distribuzione di “totem” per il gioco illegale. Tutto come da copione, verrebbe da dire. In uno scenario già definito in quell'assioma del gioco pubblico, basato su un semplicissimo principio di economia, che rappresenta una delle più semplici definizioni di “mercato”: quello cioè della domanda e dell'offerta. E' evidente, dunque, che gli italiani non potranno mai rinunciare al gioco. In nessuna forma. Ovvero, la domanda di gioco c'è e ci sarà sempre. Per questo, deve esserci un'offerta legale – limitata, circoscritta e controllata il più possibile, se vogliamo, ma che risulti idonea - altrimenti la stessa domanda viene soddisfatta da una proposta alternativa a quella dello Stato. Per una duplice sconfitta: in primis, perché si tratta di entrate per il circuito 'nero' e quindi perse per il nostro paese. In secondo luogo perché una tale offerta è fuori da ogni tipo di controllo e tutela per i giocatori e quindi rappresenta un rischio per la cittadinanza. L'esatto contrario di quello che vorrebbe ogni politico o amministratore assennato.
Del resto lo stesso principio lo vediamo oggi su tutte le prime pagine dei giornali, ma applicato in un altro contesto, seppure assai “scottante”come quello del gioco pubblico: i tabacchi. Sì, perché anche in questo settore, viene denunciato il peso eccessivo della tassazione che ha spostato il mercato verso l'acquisto sempre più massiccio dei prodotti di contrabbando. Con gli stessi rischi sia economici che di salute pubblica. Peccato però che rispetto al gioco, oltre ai rischi dell'aumento di tassazione, discussi e ricordati praticamente ogni anno, si sta parlando della pressoché totale espulsione dai territori. Cosa che nessuno si sognerebbe mai di ipotizzare per i tabacchi. Per un vero e proprio paradosso all'italiana, reso ancora più evidente, peraltro, quando si sente parlare della cosiddetta “lobby del gioco”.

 

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