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Le due facce della medaglia del gioco pubblico

23 giugno 2014 - 11:19

In questa Italia dalla duplice facciata – quella conservatrice e dichiaratamente perbenista, rispetto all'altra, più liberale e spiccatamente progressista – un argomento in grado di alimentare il distacco provocando ancora imbarazzi e conflitti istituzionali è senza dubbio quello del gioco pubblico. E ora più che mai, dopo l'approvazione della delega fiscale che proprio di gioco (tra le altre questioni) si vuole occupare, e con l'iter parallelo del disegno di legge sulla ludopatia attualmente all'esame della Camera.

Scritto da Alessio Crisantemi
Le due facce della medaglia del gioco pubblico

Dove non mancano, su entrambi i fronti, le prese di posizione, spesso ideologiche ma ostinatamente contrarie, a cui fanno da contraltare posizioni più razionali, non necessariamente “giuste” (che non spetta a noi un giudizio politico sulla materia), ma senza dubbio adeguate alla realtà in cui viviamo oggi: dove l'offerta di gioco esiste in risposta alla domanda che già c'era e in sostituzione a quella illegale. Ma prima ancora di arrivare a questo principio, sarebbe sufficiente considerare che il gioco già c'è, punto e basta. Ed è pure assai diffuso. Quindi, in virtù di questa mera presa di coscienza, diventa del tutto inutile, e un pizzico demagogico, chiederne la scomparsa, arrivati a questo punto. Meglio invece discutere su come intervenire per circoscrivere l'offerta nell'alveo della sostenibilità, nel senso più ampio del termine. Che tenga conto, cioè, delle esigenze di tutte le parti: sociali e mediche, oltre che politiche ed economiche. Non a caso è proprio questo lo scopo racchiuso in quell'articolo 14 della Legge delega, ancora oggi troppo spesso ignorato, accantonato o forse semplicemente (volutamente?) dimenticato.
Ma l'aspetto forse più curioso emerge andando ad analizzare i singoli commenti e le opinioni che vengono (più o meno sistematicamente) riproposti nei dibattiti dedicati alla “materia” gioco, ravvisando una inevitabile coincidenza di temi e molto spesso, sia pure paradossalmente, di vedute, tra i due fronti opposti, al punto da farli sembrare neanche troppo distanti tra loro. O, almeno, questo avviene leggendo le parole pronunciate dagli esponenti dei due fronti 'pro' e 'contro' il gioco, tanto per semplificare lo scenario. Si pensi, ad esempio, al tema dell'illegalità nel settore: uno dei principali argomenti su cui si fa pressione, per chiedere l'abolizione del gioco e, al tempo stesso, la più grande piaga per l'industria, che come ricordano in ogni dibattito gli esponenti della filiera, rappresenta una concorrenza sleale per le aziende del gioco e un vero e proprio cancro da estirpare per la sopravvivenza del mercato e la tutela dei cittadini. Oppure, ancora, sul fronte delle patologie: con l'intervento dello Stato invocato da entrambe le parti, sia pure a diversi livelli e con opinioni differenti, ma pur sempre in un obiettivo comune. E lo stesso avviene per quanto riguarda la richiesta di restringere l'offerta di gioco  - supportata dichiaratamente dall'industria – e rispetto alle esigenze degli enti locali, che gli operatori chiedono di coinvolgere nella regolamentazione a controllo del gioco ormai da anni. Eppure, nonostante questo, si continua a gridare allo scandalo, a invocare scontri, suggerire conflitti e chissà cos'altro ancora dovremo sentire, invece di invocare, da tutte le parti, una rapida e ragionevole applicazione dei dettami contenuti in quell'articolo 14. Per una riforma generale, razionale e, soprattutto, sostenibile, del gioco pubblico.

 

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