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Viva l'Italia che gioca in modo sano

30 giugno 2014 - 08:04

I mondiali di calcio ci offrono alcuni dati su cui riflettere. E non solo dal punto di vista sportivo e calcistico (dove non mancano, comunque, gli spunti da discutere), quanto, piuttosto, da quello delle scommesse e del gioco più in generale. Due dati su tutti meritano attenzione. Il primo, quello proveniente di laboratori di analisi dei Monopoli di Stato e Sogei, relativo all'andamento delle scommesse durante la prima fase della Coppa del mondo, l'altro, proveniente anch'esso da Piazza Mastai ma dalla voce del vice direttore dell'Agenzia, Luigi Magistro, relativo all'altro tipo di raccolta, quella cioè delle giocate piazzate sulla rete illegale o comunque non autorizzata. Si tratta di due scenari che meritano un momento di approfondimento per completare il dibattito attorno al tema del gioco pubblico, troppo spesso incentrato su altri temi, come quello degli eccessi, deviazioni e patologie e mai abbastanza su una visione più generale del fenomeno.

Scritto da Alessio Crisantemi
Viva l'Italia che gioca in modo sano

 

Sì, perché il dato della raccolta 'mondiale' evidenzia come le scommesse siano fortemente legate alla componente 'tifo', per una attività piuttosto sana oltre che del tutto lecita. Tra gli oltre 100 milioni di euro scommessi dagli italiani nei primi dieci giorni di Brasile 2014, oltre 7 sono stati piazzati sulla sola partita tra Italia e Costa Rica, con la maggior parte delle puntate, peraltro, effettuate sulla vittoria degli azzurri. Segno evidente che c'è una larga parte degli italiani che vuole giocare e scommettere per divertirsi, intrattenersi e dare quindi un livello in più a quella componente di intrattenimento che caratterizza lo spettacolo di un avvenimento sportivo come i Mondiali sanno ben rappresentare. L'altro scenario altrettanto importante, tuttavia, è quello sottolineato da Magistro nell'intervista a L'Espresso, dove spiega come in questo picco di giocate, assolutamente previsto, non ci siano soltanto rose e fiori. Anzi, tutt'altro. Perché le buone performance vengono comunque compromesse da quell'autentico cancro delle scommesse sulla rete illegale o 'non autorizzata' che sottrae entrate erariali e rappresenta una concorrenza illecita per le società concessionarie che continuano invece a investire sulla rete legale, con i benefici che ciò comporta per il paese ma anche per i giocatori. Il direttore dei monopoli ha stimato attorno ai 500 milioni di euro l'anno la raccolta sulla rete di scommesse parallela, che si fanno sentire, ancor più, ora che alcuni punti della rete lecita sono in sofferenza, a causa delle entrate non sempre floride, al cospetto degli oneri vieppiù stringenti richiesti dalla concessione. Un cancro, dicevamo, che occorre estirpare presto, per la sopravvivenza del sistema del gioco lecito, ma che occorre, anzitutto, imparare a distinguere. E proprio questo era lo scopo, probabilmente, del numero uno dei monopoli, nell'esternare il problema, in modo da rendere partecipi gli italiani di questa realtà, ancora oggi ignota. Molti giocatori abituali, in effetti, non sanno neppure dell'esistenza di una doppia rete di scommesse, non osservando la mancanza del logo del Gioco Sicuro che contraddistingue i punti vendita di gioco lecito, credendo quindi di andare a scommettere in un punto regolare.

E ora che il settore del gioco pubblico è al centro dell'attenzione in notevoli dibattiti, specie in ambito politico e istituzionale, è opportuno soffermarsi su questi aspetti e iniziare a fare le doverose distinzioni. Guardando la raccolta, per esempio, è indispensabile osservare come la maggior parte delle giocate, specie sulla rete di scommesse, siano effettuate in modo sano e quindi del tutto sostenibile. Con tanti giocatori - la maggioranza in Italia - che destinano un budget di spesa mensile più o meno fisso da dedicare alle scommesse, che può aumentare solo di fronte a una vincita, senza che il gioco invada in maniera 'demoniaca' la loro esistenza. E ciò vale per chi gioca nelle agenzie e per chi scommette online. Ma non sempre vale, invece, per chi scommette sui circuiti non regolari, dove non esistono limiti fissati per legge sulle puntate, né controlli di sorta. Come pure bisognerebbe iniziare a ragionare sulla sostanziale crescita di questa seconda rete di raccolta, che deve preoccupare i cittadini almeno quanto gli operatori, se non altro dal punto di vista dell'evasione fiscale, che sembra essere uno dei temi più a cuore degli italiani, almeno quando si parla dei problemi italiani, ma solo raramente declinato dal punto di vista del gioco.

Se ci soffermassimo a riflettere, una volta tanto, anche su questi aspetti, quando ci troviamo ad affrontare il tema del gioco, ma in aggiunta, però, e non in sostituzione – sia chiaro - a quelli legati alle possibili dipendenze, riusciremo ad avere una visione più chiara di questo mondo, magari ottenendo risposte più serie e senza dubbio più concrete ai problemi reali. Invece di inseguire battaglie ideologiche che non portano da nessuna parte, rischiando, al contrario, di portare a una deriva ben presto non più sanabile. Basti pensare ai territori che hanno messo al bando, in un modo o nell'altro, il gioco lecito e ora si trovano a dover fare i conti con il proliferare dell'offerta di gioco illegale. In questi posti, dove si è voluto intervenire per limitare il gioco, si è ottenuto il risultato di limitare le puntate sulla rete legale, e quindi le entrate per lo Stato, annullando il controllo da parte delle istituzioni e la sicurezza per i giocatori. Di questo, o meglio, anche di questo dobbiamo discutere. Per tornare a fare il tifo per quella Italia che sa scommettere e competere e perché no, intrattenersi.

 

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