skin

Questione di fiducia

09 dicembre 2014 - 09:52

Dobbiamo avere fiducia. Ce lo sentiamo ripetere da mesi, e ormai da anni, dai nostri politici. In particolare dal premier Matteo Renzi, che fin dal  momento della sua proclamazione promette di uscire presto dalla recessione riuscendo anche a convincere l'Europa che l'Italia non è poi un paese così inaffidabile come appare ai loro occhi. Dovranno averne, di fiducia, e molta, gli operatori del gioco pubblico, in attesa di conoscere il proprio destino appeso al filo di una legge. Anzi due. Quella di stabilità, prima, e quella di delega fiscale, poi. Per adesso la fiducia – che in questo caso fa rima con speranza – è riposta non tanto nella presa di coscienza da parte dell'esecutivo che l'imposizione fiscale prevista nella manovra comporterebbe la scomparsa di un'intera filiera economica (visto che dagli annunci dei rappresentanti di governo, nelle ultime settimane, sembrerebbe quasi di percepire la disponibilità a rinunciarci, a questo settore), quanto, piuttosto, sugli evidenti effetti collaterali che la stessa manovra porterebbe sui territori, sul paese e quindi sui cittadini, come i tecnici del Servizio bilancio del Senato hanno prontamente messo in evidenza.

Scritto da Alessio Crisantemi
Questione di fiducia

Confrontando i due documenti sui giochi pubblicati nelle ultime ore – la relazione del bilancio sulla Stabilità, appunto, e lo studio governativo sugli apparecchi rivelato in anteprima da questa testata – ci si trova a fare i conti con la risaputa distanza che intercorre tra la teoria e la pratica. Sulla differenza, cioè, che si verifica tra la definizione di una tesi e la sua applicazione materiale, non potendo nessuna scienza, per quanto “esatta” possa essere (figurarsi, quindi, quella economica!), intercedere la più alta legge che governa la natura umana, che è il libero arbitrio. Se, da un lato, i professori interpellati da Renzi per uno studio di revisione e fattibilità sulla tassazione di slot e vlt parlano di ampi margini di intervento, spiegando addirittura che “Si potrebbe quindi agire sula tassazione Vlt con ancora maggiore decisione” rispetto a quanto scritto nella legge, dall'altro il Parlamento risponde evidenziando aspetti del tutto ignorati dalle stime – pur “prudenziali” - condotte sul gettito dei giochi: in primis, il rischio di illegalità al quale andrebbe incontro, in maniera assai pronunciata, il mercato del gioco. In secondo luogo, il possibile allontanamento dei giocatori rispetto a quei giochi che andrebbero a restituire molta meno soddisfazione, cioè assai meno denaro, di quanto non facciano oggi. Che, si badi bene, non significa che tali persone smetterebbero di giocare, come auspicano in molti, ma che con tutta probabilità andrebbero a cercare altre proposte di vincita molto più remunerative anche se meno sicure. Osservazioni che non sembrano affatto banali e che l'esecutivo renziano dovrà considerare, a meno che non intenda assumersi una così grossa responsabilità, come quella di poter riportare il paese nell'illegalità e il settore in mano alla criminalità, che probabilmente non aspetta altro. Tutto questo, poi, senza fare i conti con la più evidente delle dimenticanze che si evince nello studio governativo sugli apparecchi, che è quella dei tempi di sostituzione e aggiornamento delle due reti, che richiederebbero mesi – forse anni - prima di vedere le apparecchiature in esercizio con i nuovi parametri. E con l'evidente squilibrio che si realizzerebbe sul mercato delle new slot che dovrebbe fare i conti inevitabilmente con un ampio periodo di tempo in cui nei locali pubblici sarebbero presenti due tipologie di macchine a diverso payout, ma non di un punto come avviene oggi, bensì di quattro (se non addirittura cinque!) punti percentuali. Ma la differenza tra la possibilità teorica e quella assai più pratica, era già emersa all'indomani della pubblicazione della Legge di Stabilità, quando la prima stesura che prevedeva l'entrata in vigore del nuovo payout era stata rettificata dal primo gennaio 2015 al primo aprile dello stesso anno, con la presa di coscienza, evidentemente, che la modifica di tali parametri avrebbe richiesto un passaggio della normativa a Bruxelles (e con il primo aprile che rimane comunque una visione del tutto ottimistica che presuppone che tutto vada liscio in Commissione Ue).
Per questo gli addetti ai lavori non possono far altro che avere “fiducia” nel governo (e più che altro nel Parlamento), nell'auspicio di assistere a un ravvedimento politico ed economico che non dovrebbe essere neppure tanto radicale, né tanto meno “assoluto”: ma più semplicemente “rimandato” a un ragionamento più ampio (e sperabilmente meglio ragionato) come quello promesso dalla Legge delega che entro i primi tre mesi del nuovo anno dovrà entrare in vigore. In quella sede il governo è già chiamato a operare una rivisitazione generale del comparto e una riorganizzazione specifica della tassazione, oltre a una ridistribuzione dell'offerta di gioco sui territorio. Ed è proprio nella delega in cui verte la fiducia del settore, che potrebbe rivelarsi l'ultimo treno in grado di riportare il gioco pubblico sui binari della sostenibilità. Obiettivo che richiede grande attenzione e lucidità. Due virtù che richiedono e meritano la più ampia fiducia del paese.
Per il momento, tuttavia, la questione di fiducia più importante (e assai più determinante, a quanto pare, rispetto a quella dei cittadini) è quella che il governo è intenzionato a porre proprio sulla Legge di stabilità, senza la quale non riusciremmo mai ad attuare una riforma economica nel nostro paese. In questa fase, pronta ad andare in scena dalla prossima settimana, il governo dovrà scegliere se intervenire nel testo base andando a modificare (tra le altre cose) le norme sui giochi criticate dal servizio bilancio, oppure proseguire con la linea dura imposta dalla prima stesura, nonostante la disparità annunciata tra la teoria e la pratica. Gli addetti ai lavori hanno fiducia. Gli italiani pure. E il governo dovrà essere in grado di ripagarla. Se è vero, come dicono, che l'Italia è un paese con un grande futuro. Almeno in teoria.

 

Articoli correlati