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Roma città chiusa, al gioco lecito

12 giugno 2017 - 09:39

Il Comune di Roma approva il regolamento che restringe le installazioni di slot sul territorio e prepara i nuovi limiti orari. Per un pericoloso precedente.

Scritto da Alessio Crisantemi
Roma città chiusa, al gioco lecito

 

Così fan tutti (i Comuni). Nella lunga serie di città che hanno adottato regolamenti restrittivi nei confronti del gioco pubblico, si aggiunge ora anche la Capitale, che ha appena approvato, in via definitiva, il proprio regolamento "anti-gioco" che introduce restrizioni geografiche che limitano le installazioni di slot machine sul territorio. E, a breve, sarà accompagnato anche da una delibera riferita agli orari di esercizio delle macchine da gioco, che introdurrà un'ulteriore restrizione. Per una doppia azione dell'amministrazione locale contro il gioco patologico, almeno nelle intenzioni, che si rivela però contro il gioco legale, nella realtà dei fatti. Due obiettivi che, purtroppo, non coincidono affatto. Anzi. Ed è proprio questa la principale perplessità evidenziata dall'industria - come pure dal governo - rispetto alla nuova disciplina proposta dal Comune di Roma. Ma il messaggio (e il grido di allarme) non sembra aver colpito nel segno, con l'amministrazione che pur avendo ascoltato sia i rappresentati della filiera che quelli delle istituzioni competenti in materia (ricordando la recente audizione dei Monopoli di Stato in Campidoglio), ha deciso di procedere comunque per la propria strada. Introducendo così un duplice "blocco" del gioco, che preoccupa non poco gli addetti ai lavori, ma non solo.

Sì, perché la decisione presa dal governo capitolino, rappresenta un precedente da tenere in particolare considerazione, per via degli effetti che potrebbe avere non solo nel comparto, ma più in generale, a livello legislativo e istituzionale. Per via dei contenuti del regolamento - e, quindi, della portata delle misure introdotte - ma anche e soprattutto per il particolare periodo storico in cui viene raggiunta. Ovvero proprio nel mese in cui il governo intende(va) scrivere la parola "fine" sui lavori della Conferenza Unificata dedicati alla materia gioco. Un aspetto di cui, è evidente, non si sono curati più di tanto nel Consiglio comunale romano, altrimenti avrebbero potuto rimandare di un paio di settimane il voto, in attesa di vedere gli ultimi sviluppi del tavolo di lavoro, come pure quelli della "Manovrina" in Parlamento, che verrà approvata in via definitiva proprio durante i prossimi giorni, introducendo ulteriori norme relative ai giochi e alla distribuzione, contenendo, come noto, il famigerato emendamento governativo sulla riduzione delle slot. Non più un mero annuncio, quindi, come ne sono giunti molti da parte dell'Esecutivo sulla materia, ma un fatto concreto, una volta tanto, mirato proprio al raggiungimento di un accordo con gli Enti locali. Che a quanto pare, non è ancora vicino. Ed è proprio per questo che il passo in avanti compiuto dalla Capitale verso le restrizioni al gioco pubblico appare particolarmente preoccupante. E pericoloso, pure.
Senza contare, poi, che l'iniziativa dell'amministrazione capitolina potrebbe ispirare ulteriormente quel fronte - sempre più esteso - di comuni contrari al gioco pubblico e decisi a introdurre nuove limitazioni. Certamente, il regolamento di Roma non è così estremo come quello racchiuso nell'ordinanza del sindaco di Medole, in provincia di Mantova, dove si parla addirittura di distanze fino a tremila metri dai luoghi ritenuti sensibili, ma i rischi per la tenuta del sistema del gioco legale sono comunque evidenti. Non per il Comune di Roma, però. Nel dibattito sulla regolamentazione del gioco sul territorio andato in scena durante le ultime settimane nella Capitale, si è ascoltato ancora una volta l'ormai popolare clichè del governo che pone al centro delle proprie politiche la "lobby del gioco" invece degli interessi dei cittadini. Ignorando completamente le ripetute spiegazioni del sottosegretario all'Economia il quale ha più volte invocato la "soluzione globale", osservando come si potrà porre un efficace freno alla diffusione del gioco e una barriera rispetto ai rischi di dipendenza solo attraverso delle regole generali, che risultini efficaci degli obiettivi e, soprattutto, di certa applicazione. A differenza di molte norme locali, spesso sterili nei risultati, quando non affossate dai tribunali amministrativi. Eppure, nonostante tutto, Roma prosegue la sua "battaglia" contro il gioco, e in buona compagnia. Mentre il governo continua a prendere tempo, nonostante avrebbe la facoltà di chiudere definitivamente la partita in qualunque momento, emanando comunque un decreto di regolamentazione del gioco, tenendo conto della mancata soluzione in Conferenza unificata. Ma non è questo l'obiettivo del governo. E non è neppure il momento, tenendo conto dell'approvazione della manovrina in Parlamento e delle elezioni amministrative in scena proprio durante questi giorni. Dovrà quindi passare ancora qualche settimana prima di poter riprendere la discussione in maniera serena, tra governo ed enti locali, con la seconda metà dell'anno che diventa quindi decisiva per il futuro del comparto. Anche se, trascorse le vacanze estive, si tornerà di nuovo a parlare di manovre economiche e, manco a dirlo, di nuovi sacrifici da compiere.
Nei prossimi mesi, però, si potranno avere anche i primi dati concreti relativi alla situazione del mercato dei giochi: da quelli della raccolta, che già evidenziano un trend negativo su scala nazionale, a quelli della diffusione di forme di gioco illegale sul territorio. E non è affatto un caso che i due fenomeni si presentino nello stesso periodo, essendo due fattori strettamente correlati. Per una prova concreta del fatto che la limitazione dell'offerta legale non riduce la domanda di gioco da parte dei cittadini, ma ne modifica soltanto la forma. E così continuerà ad essere se invece di adottare politiche di prevenzione ed educazione al consumo, si continua a rincorrere logiche proibizioniste. Che nessuno vuole definire tali, ma tant'è.

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