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Perché osservare il gioco pubblico e quello illegale

16 aprile 2018 - 09:34

L'Osservatorio sul gioco online del Politecnico di Milano offre importanti spunti di riflessione sulle politiche di gestione del settore, in tutte le sue forme. Preziose, in avvio di legislatura.

Scritto da Alessio Crisantemi
Perché osservare il gioco pubblico e quello illegale

“Lo studio è l’arma che elimina quel nemico che è l’ignoranza”, sostiene il Dalai Lama. Ed è anche lo strumento che dovrebbe porsi alla base di ogni intervento politico, legislativo e regolamentare. Nonostante sia pressoché inevitabile il ricorso al congiuntivo, da quando la politica ha iniziato a prediligere le scorciatoie anche più impervie, piuttosto che proseguire in quel percorso spesso arduo e alquanto impervio richiesto dalla democrazia. Finendo talvolta anche col perdere la retta via. E non si vuole far riferimento, in questo caso, alla nascita e crescita delle forze “popoliste”, visto che il fenomeno ha origini assai più lontane e precedenti all'ascesa dei movimenti civici che hanno caratterizzato gli ultimi anni di vita politica, italiana e internazionale. Restringere il campo di analisi sarebbe un errore o una terribile svista, soprattutto in Italia: dove la politica ha adottato il ricorso al decreto d'urgenza, al referendum popolare o alla manovra di fine anno, per raffazzonare interventi teoricamente risolutivi anche di fronte a problematiche complesse. Continuando a evitare la strada delle riforme la quale, al contrario, richiede uno studio e una comprensione approfondita dei fenomeni prima di arrivare alla formulazione di una Soluzione degna di tale nome. Un malcostume politico piuttosto frequente nel nostro paese: al punto che nel 1996 la Corte Costituzionale si vide costretta a sancire il divieto di reiterazione -  cioè di riprodurre lo stesso identico decreto allo scopo di protrarne l'efficacia nel tempo – proprio per interrompere un evidente abuso della decretazione d'urgenza tipico dei nostri tempi: salvo poi ritrovarsi con l'introduzione del “milleproroghe”, con il quale vengono sostanzialmente reiterate le “non-decisioni” della politica, eludendo il vincolo costituzionale. Ma questo è un'altra storia.

Il gioco pubblico è uno straordinario esempio – e una delle principali vittime - di questo lassismo politico degli ultimi decenni: sfuggendo da sempre alle analisi approfondite e alle riforme di sistema, ritrovandosi sistematicamente a dover fare i conti con interventi tampone e misure di fine anno, dettate da manovre economiche o necessità di vario genere, quasi sempre a scopo di cassa. Senza mai essere sottoposto a uno studio approfondito come richiederebbe una materia così articolata e complessa. Gli unici due momenti di studio del settore – a onor del vero - si registrano nel 2003 (anno della famosa Commissione di Indagine parlamentare che portò alla legalizzazione del mercato degli apparecchi da intrattenimento) e nel 2014, quando il Parlamento scrisse a approvò la Legge delega, con la quale individuava e segnalava al governo tutti gli ambiti di intervento da inserire in quella che doveva essere la “riforma dei giochi”, sollecitandone un intervento. Che però non è mai arrivato. Al punto che ancora oggi si continua a sollecitare ed auspicare il tanto chiacchierato “riordino del gioco”, rinunciando evidentemente anche all'uso del sostantivo “riforma”, ritenuto evidentemente troppo impegnativo (o poco credibile, a seconda dei punti di vista).
Sta di fatto, tuttavia, che uno studio di questo settore così ampio e complesso consentirebbe di ricavare tanti spunti preziosi e conseguenti ambiti di intervento che difficilmente si riuscirebbero ad individuare da una lettura approssimativa dei fenomeni o, peggio ancora, da una interpretazione spicciola delle sintesi giornalistiche o mediatiche in generale. E' evidente andando ad esaminare (e, di nuovo, a studiare) i risultati proposti dall'Osservatorio sul gioco online del Politecnico di Milano che in questi giorni – come avviene da ben otto anni – ha rivelato i risultati della sua abituale indagine sul comparto, fornendo numeri e osservazioni di particolare interesse. A partire dal dato relativo alla penetrazione del telematico rispetto al panorama complessivo del gaming italiano, supera ormai il 7 percento, evidenziando come lo spostamento dei giocatori dal fisico al virtuale sia ormai iniziato, e in parte avvenuto, in maniera inesorabile. E un legislatore non può non tenere conto di certi fenomeni: soprattutto in un momento come quello attuale, in cui si continuano ad adottare misure restrittive nella pubblicità dei giochi e, peggio ancora, nella distribuzione delle slot sul territorio, che non tengono evidentemente alcun conto né delle possibilità di gioco alternative che sono alla portata dei giocatori, né tanto meno dei canali di comunicazione a cui sono più sensibili i consumatori e soprattutto i giovani, che le norme in questione vorrebbe proteggere.
Dall'analisi del settore online, inoltre, emergono anche risultati particolarmente virtuosi, come quello della maggiore consapevolezza e attività degli operatori in termini di responsabilità sociale – divenuta oggi addirittura elemento di distinzione e, quindi, di competizione tra concessionari – o dell'utilizzo del sistema di autoesclusione dei giocatori, attraverso il quale ogni soggetto può richiedere di essere inibito all'accesso di un sito di gioco, che ha raccolto oltre 56mila richieste nell'ultimo anno. Un dato importante, anche perché l'amministrazione sta attualmente lavorando alla realizzazione del Registro Unico delle Autoesclusioni (Rua), che consentirà ai giocatori che richiederanno l'autoesclusione di venire automaticamente esclusi in contemporanea da tutti i siti di gioco (e non più soltanto a quel singolo sito). Di fatto non sarà più consentita ai giocatori l'apertura o l'utilizzo di conti di gioco presso altri operatori e sarà resa disponibile anche in via preventiva, a seguito di una richiesta inoltrata ai concessionari o anche ufficialmente all'Agenzia dei Monopoli. E chissà che uno strumento di questo tipo non possa essere esteso in futuro all'intero comparto del gioco, quindi anche ai locali terrestri, come avviene in altri paesi. Per esempio in Spagna, dove un registro analogo viene aggiornato e condiviso sia dagli operatori online, che da quelli di sale bingo e casinò.
Lo studio del Politecnico propone però anche tante altre importanti considerazioni. Come per esempio il fatto che la crescita del mercato online è dovuta soprattutto al recupero di flussi di gioco irregolari, rientrati all'interno del circuito legale e passati nel tempo sotto il controllo dell'Agenzia Dogane e Monopoli sia tramite l'ingresso di player internazionali nel circuito “.it” che attraverso la migrazione di giocatori italiani che in precedenza praticavano in maniera trasversale di digitalizzazione dei comportamenti di acquisto degli italiani con un costante aumento di iniziative multicanale. Ma consente anche di evidenziare, prima ancora, che esiste ancora oggi un'ampia offerta di gioco illegale che continua comunque ad essere frequentata dai giocatori: che sia per incoscienza oppure per ignoranza, ma tant'è. Basti pensare che lo strumenti della black list dei siti di gioco irregolari (e il cosiddetto “oscuramento” delle pagine web illecite) ha superato le settemila voci, e sventato oltre dieci miliardi di tentativi di accesso a portali illegali. Numeri particolarmente importanti di cui tenere conto.
Altri spunti arrivano poi anche sotto il profilo economico e fiscale. Si guardi per esempio ai risultati (ed ai benefici, per industria ed Erario) portati dall'introduzione nel settore dell'online della tassazione sul margine in luogo della precedente imposizione applicata sulla raccolta lorda. Una soluzione che potrebbe essere applicata, probabilmente con gli stessi risultati virtuosi, anche sul settore degli apparecchi da intrattenimento e sul gioco fisico in generale (come già avvenuto, per esempio, sulle sole scommesse), mentre ancora oggi non sembra esserci alcuna intenzione, nonostante la tematica fosse stata comunque prevista anche nella (presunta) intesa tra governo ed enti locali dello scorso settembre 2017.
Insomma, lo studio del settore consentire al Governo e al Parlamento di intervenire in maniera concreta, efficace e sostenibile nei confronti del gioco, abbandonando il ricorso alle soluzioni tamponi, agli interventi d'urgenza e, soprattutto, agli slogan elettorali e alle promesse abolizioniste, che oltre ad essere inefficaci, si rivelano altamente pericolosi. Studiare per credere.

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