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Edilizia libera e gioco pubblico imbrigliato

23 aprile 2018 - 09:03

Il settore dell'edilizia festeggia il decreto di liberalizzazione sui lavori di manutenzione: frutto dell'intesa tra Stato ed Enti locali e all'insegna della semplificazione, come il gioco continua a sognare.

Scritto da Alessio Crisantemi
Edilizia libera e gioco pubblico imbrigliato

E' notizia di queste ore l'entrata in vigore del nuovo decreto congiunto di Ministero delle Infrastrutture e di quello della Pubblica amministrazione con il quale si va ad attuare il piano relativo alla cosiddetta “edilizia libera”. In virtù del quale, a partire da oggi, non serviranno più permessi comunali per svolgere molte opere di manutenzione ordinaria edilizia e lavori impiantistici nelle abitazioni. Il decreto ha recepito il “glossario unico” delle opere che non richiedono un titolo abilitativo: Cil, Cila, Scia o permesso di costruire. Allo scopo – dichiarato dall'Esecutivo - di cominciare a mettere ordine nella giungla dei regolamenti comunali e regionali che prevedevano procedure complesse anche per le tipologie di lavori più semplici e senza alcun impatto ambientale o urbanistico. Un intervento accolto con grande favore non solo dalle imprese edili, ma anche da parte della cittadinanza e dei media che inneggiano alla “scomparsa” della burocrazia e alla semplificazione. In modo più che comprensibile, non c'è dubbio. Per gli addetti ai lavori del gioco pubblico, tuttavia, al di là dei benefici indiretti che arrivano comunque da questo tipo di intervento normativo, non si può fare a meno di guardare al nuovo decreto con un pizzico di fastidio. E una punta di invidia, anche. Per via di quell'inevitabile raffronto che viene da fare con l'atteso decreto di Riordino del gioco pubblico, annunciato dal precedente governo a fine 2017 e che mai ha visto la luce. E probabilmente, mai la vedrà.

Sì, perché anche il decreto sull'edilizia libera, come quello del presunto riordino del comparto giochi, è frutto dell’intesa della Conferenza unificata: raggiunta peraltro in data successiva a quel famoso 7 settembre 2017 in cui si pensava che potesse chiudersi la partita dei giochi (l'intesa sull'edilizia è stata siglata nella seduta del 22 febbraio 2018). E con scopi che sono richiesti anche nel settore del gioco pubblico, come quello della semplificazione normativa e della normalizzazione (principi richiamati anche dell'ormai antico articolo 14 della Legge Delega, in riferimento al mercato dei giochi).
E' bastata davvero poco, a quanto pare, per compiere questo importante passo in avanti per l'edilizia: un'intesa raggiunta con Regioni e Comuni in Conferenza unificata, una semplice concertazione tra i due Ministeri coinvolti, per poi arrivare facilmente all'emanazione di un decreto attuativo redatto da uno specifico gruppo di lavoro. Con una semplicissima clausola finale inserita nel decreto, relativa alla “invarianza finanziaria”: dall’attuazione del decreto, quindi, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Due o tre passaggi, quindi, ed il gioco è fatto. Almeno per l'edilizia. Mentre per il comparto dei giochi, sembra proprio che sia tutto da rifare, continuando a rimanere nell'incertezza più totale. Vale la pena osservare, però, che in questa fase di interminabile stallo in cui si trova il comparto, a convivere con l'incertezza non sono soltanto gli addetti ai lavori e, quindi, l'industria: ma anche gli stessi Enti locali, senza esclusioni. Compresi quelli notoriamente contrari a ogni tipo di accordo. Il caos normativo in cui ci si trova ad operare, dovuto alla sovrapposizione di leggi e norme e ad una complessità operativa vieppiù crescente, rende sempre più difficile svolgere anche le più semplici azioni, con i Tribunali che continuano ad essere ingolfati dai troppi ricorsi presentati dagli operatori nei confronti delle leggi locali. E' evidente leggendo la cronaca di tutti i giorni, in cui si passa da una regione (il Veneto) in cui l'accordo della Conferenza unificata viene praticamente vanificato, ad un'altra (la Liguria) in cui il testo base dell'intesa viene visto ancora oggi come un riferimento utile a prendere decisioni di indirizzo, auspicandone l'attuazione. Col risultato, per giunta, che anche chi voleva veder sparire il gioco pubblico o ne auspicava comunque una forte limitazione, dovrebbe sentirsi contrariato visto che, senza l'intesa, continua a rimanere tutto come prima.
Tutto diverso ciò che accade oggi nell'edilizia dove, in virtù dell'intesa ottenuta in Conferenza Unificata e della pronta attuazione da parte dell'Esecutivo, si può celebrare l'atteso via libera a una nuova fase. E senza che Comuni o Regioni – come evidenziato a gran voce su vari quotidiani – possano dire la propria introducendo limiti e restrizioni visto che le nuove regole valgono indistintamente a livello nazionale. Qualcuno potrà obiettare che il paragone appare troppo forzato, perché il settore del gioco pubblico e molto più complesso e delicato rispetto a quello dell'edilizia, ed è probabilmente vero. Tenendo naturalmente da parte l'esistenza (e la conoscenza) dei numerosi illeciti che avvengono nel mondo delle costruzioni, in un paese fortemente caratterizzato, e da sempre, dagli abusi edilizi che risultano particolarmente diffusi, da Nord a Sud della Penisola. Ma questa, probabilmente, è un'altra storia, che viene evidentemente messa da parte di fronte all'enorme passo in avanti che le nuove norme permettono di compiere, in ottica di snellimento delle procedure e di efficienza generale. E, quindi, nel miglioramento dell'attività quotidiana delle amministrazioni pubbliche e di tante imprese. Con la certezza – o comunque, l'auspicio – che rispetto al rischio di frodi o di fronte alla tutela della sicurezza, sia la stessa norma che viene attuata ad occuparsi adeguatamente di ogni situazione. Proprio quello che non si riesce a fare, e da sempre, nei confronti del gioco pubblico. Neanche quando una legge propone di ridurre i rischi, aumentare la sicurezza, migliorare il controllo, come l'intesa dello scorso settembre si proponeva di fare. Magari in maniera non ideale, almeno per l'industria, come è emerso più volte. Ma era pur sempre un punto di partenza: dal quale però non si è voluti partire. In barba alla semplificazione, alla maggiore sicurezza e alla tutela dei cittadini. E non solo a sfavore di un'industria, nella quale, comunque, sono sempre dei cittadini a lavorare. Altri aspetto, forse, troppo spesso dimenticato.

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