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L’opportunità oltre la crisi

17 settembre 2018 - 08:43

Nel momento peggiore nella storia del gioco pubblico è il momento di guardare a un nuovo settore.

Scritto da Alessio Crisantemi
L’opportunità oltre la crisi

La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi, diceva Albert Einstein (“Il mondo come io lo vedo”, 1931). E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie, secondo lo scienziato. Ed è proprio quello che bisogna raccomandare oggi agli addetti ai lavori del gioco pubblico.

In un periodo che, forse, rappresenta il più difficile dell’intera storia del comparto e il punto più basso raggiunto finora. Ma nulla è perduto. Anche se bisognerà lavorare duro per superare le difficoltà del momento. Finendola una volta per tutte “con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla”, per dirla ancora con Einstein.

In realtà gli operatori del gioco hanno sempre mostrato una grande tenacia, di fronte a una serie di sventure vissute nel tempo, riuscendo a sopravvivere a molti attacchi, sul piano politico ed economico. Quello che hanno sbagliato, semmai, sono i tempi di reazione, trovandosi sempre a inseguire le emergenze senza mai essere in grado di anticipare le situazioni. Oltre ad essersi dimostrati sempre incapaci di fare quadrato attorno ai problemi, mostrandosi uniti tra categorie e tra diversi segmenti della stessa industria. Ed è la stessa situazione che sembra ripetersi oggi, in una frammentazione sempre più evidente e una lotta fratricida che si sta infiammando, giorno dopo giorno, tra gestori e concessionari (nel settore degli apparecchi) o tra operatori del gioco fisico e quello online.

Mentre tutto intorno ci si scaglia contro l’industria globale e senza fare troppe distinzioni, anche se alcune misure penalizzano più un segmento rispetto ad un altro.
Questa volta, in effetti, la battaglia è destinata ad assumere toni sempre più accesi, in una lotta per la sopravvivenza che non esclude nessuno e contro un nemico difficile da identificare perché sempre più diffuso e rinvigorito dall’ondata di populismo che ha ormai inondato il paese, travolgendolo; nel bene e nel male.

Quello stesso populismo che ha portato, in maniera più che mai repentina, all’introduzione di un divieto totale di pubblicità che non trova spiegazioni, se non in semplici repliche, tanto più spicciole e frettolose quanto pericolose e gravi. Perché prive di qualunque fondamento scientifico oltre che politico. Generando paradossi infiniti e proponendo scenari oscuri, che continuano ad emergere, giorno dopo giorno, all’interno e all’esterno della Penisola.

Come è accaduto nei giorni scorsi a Malta, in occasione dell’Easg Conference che ha riunito i maggiori esperti in Europa di gioco e dipendenze, insieme ai regolatori, per approfondire il tema della protezione dei consumatori ed affrontare le prossime sfide. Scontrandosi inevitabilmente con i dettami del nostro decreto Dignità, visto che la conferenza biennale è basata sul finanziamento proveniente dalle società di gioco, che non potrà a questo punto arrivare dall’Italia, proprio per via del decreto.

Argomento (e paradosso) che è subito finito sotto i riflettori dell’Easg, rilanciando anche la visione di una parte della società civile e scientifica (la minoranza) che da sempre considera poco “etico” il fatto che a finanziare queste attività di contrasto al gioco patologico siano proprio le stesse società di gioco. Ma il “caso Italia” sarà anche un tema centrale nella Conferenza internazionale Iagr in programma in questi giorni a Copenaghen (che GiocoNews.it segue per voi), in cui a confrontarsi sono i regolatori del mercato del gioco di tutto il mondo. Nella preoccupazione generale che una soluzione di questo tipo (ritenuta sconveniente a livello generale, per la necessità di utilizzare la pubblicità del gioco legale per consentirne la differenziazione da quello illecito) possa trovare sponda anche in altri contesti in cui l’opinione pubblica è “drogata” da un populismo che sembra diffondersi più facilmente di un’epidemia o di una dipendenza.
 
Anche se negli altri paesi suona decisamente un’altra musica, tenendo conto delle aperture di ormai praticamente tutti i mercati all’offerta del gioco, anche quelli più conservatori o comunque ostili all’azzardo. Si pensi ad esempio agli Stati Uniti, da sempre contrari al gioco online (anche se per logiche protezionistiche a tutela dell’industria dei casinò terrestri, più che per motivazioni sociali o di tutela dei consumatori), che stanno introducendo proprio ora un’offerta di gioco di Stato, o gli altri paesi del Sud America che hanno già aperto le porte al gaming o lo stanno facendo in questi mesi.
 
Ma si guardi anche a quegli Stati europei dove il gioco funziona, da anni, e in maniera seriamente sostenibile, come nei paesi scandinavi, dove i canali di comunicazione e la pubblicità in generale sono sfruttati dall’industria e dalle istituzioni e non proibiti, perché rappresentano uno strumento ideale per raggiungere la popolazione e fare quindi delle serie campagne di informazione e sensibilizzazione rispetto ai rischi di dipendenza, promuovendo così una cultura del gioco responsabile. Una materia che sembra invece messa oggi da parte dal governo italiano, che ha deciso di vietare tutte le forme di comunicazione agli utenti, senza alcun distinguo.
 
Andando persino in conflitto con i dettami concessori impartiti dallo stesso Stato ai concessionari sugli obblighi di informazione, per quanto assurdo possa apparire. Ma tant’è. Questa è l’Italia. E così è sempre stata, senza bisogno di cavalcare l’onda populista di oggi, per scagliarsi contro il settore. Chi ha buona memoria e sufficienti primavere alle spalle ricorderà il diktat impartito dal legislatore negli anni ‘60 che prevedeva il divieto nei flipper di vincere una partita (che è da sempre alla base del gioco, per chi realizza il punteggio record), perché ritenuta una forma di azzardo. Una soluzione decisamente senza senso, che comportava anche difficoltà agli operatori, ma che rappresentava un’alternativa rispetto alla messa al bando totale di quell’offerta di gioco, che veniva addirittura proposta da alcuni.
 
Proprio come accaduto oggi, con il divieto totale di pubblicità che rappresenta un’alternativa all’abolizione totale di ogni forma di gioco che era stata (addirittura, anche qui) promessa in campagna elettorale dall’attuale maggioranza di governo. Segno evidente che i tempi cambiano, ma fino a un certo punto: e la Storia, notoriamente ciclica, insegna sempre. Pur non portando consiglio, evidentemente.
 
Eppure, anche in questo momento di crisi oggettiva e generale, si intravedono delle opportunità. Pensando soprattutto all’annunciata riforma del settore prevista anche questa dal decreto Dignità, che promette un intervento “di sistema” da parte del governo, con il quale si potrebbero andare a risolvere le molte storture dell’attuale regime di mercato. Certo non ci si può aspettare un’apertura nei confronti dell’industria è una marcia indietro rispetto alla linea intrapresa finora dall’esecutivo, ed è anzi scontato un ulteriore restringimento delle maglie. Preso atto dell’impossibilità (e della pericolosità) di eliminare l’offerta di gioco (legale) in Italia, il governo non potrà che intervenire in ottica di sostenibilità, dovendosi prima o poi preoccupare anche del mantenimento di quelle entrate erariali che continuano ad essere vitali per la nostra economia, e forse oggi un appuntamento per oggi più di ieri, tenendo conto delle nuove necessità e aspettative in(tro)dotte dalla nuova maggioranza. Come il reddito di cittadinanza o il superamento della legge Fornero. In questo nuovo scenario, ancora tutto da definire e comunque in mano all’esecutivo, l’industria non potrà rimanere immobile né tanto meno divisa al suo interno. Provando a immaginare quello che potrà essere il prossimo futuro, invece di rincorrerlo, e iniziando a lavorare alla costruzione di nuovi modelli (e non solo in termini di mercato e distribuzione) che risultino sostenibili e conformi alle nuove esigenze e sensibilità che si registrano sul territorio.
 
Mettendo in campo quell’inventiva e quelle grandi strategie che invocava Einstein nella sua visione del mondo. Senz’altro ottimistica, ma molto concreta: e questo la storia ce lo ha già spiegato e dimostrato con estrema chiarezza. 

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