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Se il governo riduce le distanze dal gioco

01 ottobre 2018 - 09:06

Mentre governo e Mef avviano i lavori di stesura della prossima Legge di bilancio, si rincorrono le voci di nuove misure sui giochi e una prima ipotesi di riforma.

Scritto da Alessio Crisantemi
Se il governo riduce le distanze dal gioco

 

Ridurre le distanze dal gioco pubblico. E' l'auspicio che gli addetti ai lavori dell'industria del gaming italiano si portano dietro nel tempo, di governo in governo. E di manovra in manovra. Nella speranza che, alla costituzione di ogni nuovo Esecutivo e nella fase di definizione delle politiche fiscali, si potesse imbastire un ragionamento mirato a dare stabilità al comparto, in un'ottica di sostenibilità: superando quelle distanze ataviche che da sempre tengono la politica distante dal settore. Salvo poi ricredersi, più o meno sistematicamente, abbandonando presto ogni più rosea aspettativa, dovendo fare i conti con la cruda realtà che, al contrario, ha visto aumentare quelle distanze nel tempo. Creando una spaccatura sempre più ampia e profonda, fino ad arrivare alla separazione totale, avvenuta oggi con l'insediamento del  nuovo governo giallo-verde, che ha chiuso la porta ad ogni forma di confronto e dialogo: erigendo dei muri, oltre ad incrementare le distanze, e ad imporre nuovi divieti e tasse maggiori. Ma con un'accortezza: quella cioè di promettere una riforma generale del settore, da attuare nei mesi a venire. Nulla di nuovo anche qui, si dirà. Visto che di promesse se ne sono alternate diverse nel tempo: tra millantate riforme e annunciati piani di riordino. Ma stavolta la promessa è stata messa nero su bianco all'interno di un decreto: quello stesso decreto Dignità che non ha portato proprio nulla di buono al settore, se non questa idea di una possibile riforma, entro i successivi sei mesi.

Ora, a due mesi e mezzo di distanza dall'emanazione del decreto, non si è ancora avuta nessuna notizia di quella riforma: anche se iniziano a registrarsi comunque i primi movimenti attorno al comparto del gioco. Complice anche l'attesa Manovra di bilancio che il governo ha iniziato a imbastire, calcolatrice alla mano, al di là delle trattative con Bruxelles sulla flessibilità. Come del resto ha annunciato anche il vice premier, Luigi Di Maio, parlando di nuovi interventi sul mercato dei giochi, promettendo dei “tagli ai punti di gioco”, in prosecuzione della sua “lotta al gioco d'azzardo” che – parole del ministro - non è affatto finita.
Spiegando che la prossima legge di Bilancio, che conterrà misure per "togliere i centri di gioco dalle vicinanze di scuole e ospedali". Toccando quindi il tema specifico delle “distanze”, e non solo quello generale. Invocando cioè in maniera chiara ed inequivocabile il ricorso all'uso del cosiddetto “distanziometro”, già introdotto da numerose leggi regionali e che potrebbe quindi essere “istituzionalizzato” dall'Esecutivo, venendo elevato a disciplina nazionale. Esattamente come è stato fatto per il logo “no-slot”, che dalla (discutibile) emanazione da parte di alcuni legislatori locali, è divenuto oggi una legge di stato attraverso il solito decreto Dignità.
Ma in questa ulteriore ed esplicita presa di distanza da parte del governo nei confronti del gioco pubblico, si intravede comunque un'opportunità. Non soltanto perché, nella semplificazione (almeno verbale) introdotta dal ministro Di Maio, si potrebbe racchiudere un potenziale miglioramento rispetto alle condizioni attuali registrare sul territorio (magari gli attuali distanziometri regionali prevedessero soltanto scuole e ospedali tra i cosiddetti luoghi sensibili!): quanto, piuttosto, per il semplice fatto che un intervento sulle distanze da parte del legislatore nazionale vorrebbe dire imporre regole certe al mercato. Qualunque esse siano. Ed è proprio quello che chiedono e attendono da tempo gli addetti ai lavori, in un settore sempre più logorato dall'incertezza normativa e vittima della schizofrenia legislativa. Anzi, a dirla tutta, ad attendere un piano generale e un auspicabile riordino sono anche gli stessi enti locali, che dopo i primi annunci e le prime leggi locali, non sanno più che pesci pigliare quando si tratta di attuare le nuove limitazioni. Finendo inevitabilmente col prorogare l'entrata in vigoredelle loro stesse disposizioni, in attesa del governo.
E ora potrebbe essere la volta buona, per tutti. Secondo le prime indiscrezioni che trapelano da Palazzo Chigi, in effetti, il governo starebbe proprio pensando di riavviare il percorso intrapresa dai precedenti Esecutivi mirato al riordino del settore e alla tentata concertazione con gli enti locali, passando attraverso la Conferenza unificata. Un percorso che, se portato a compimento, potrebbe consentire di giungere a quell'annunciata riforma del comparto ma anche – e soprattutto – di poter mettere al bando le concessioni per le scommesse e per il bingo, prorogate nel tempo per l'impossibilità di assegnare nuove licenze che rimarrebbero invendute proprio a causa delle leggi regionali. Una situazione da risolvere non soltanto per l'evidente limitazione della concorrenza e restrizione del mercato, ma anche per racimolare dei preziosi denari dall'attesa gara pubblica: magari limitando i punti a disposizione, per rimanere coerenti con gli annunci del ministro e il percorso intrapreso finora nei confronti del settore, ma procedendo comunque alle nuove assegnazioni. Per uno scenario che, una volta tanto, potrebbe non dispiacere all'industria: in attesa comunque di conoscere il prezzo da pagare per questo riordino, in tutti i sensi.

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