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Il gioco dei paradossi

15 ottobre 2018 - 09:11

Nella fase di definizione della Manovra di Bilancio si torna a parlare del gioco pubblico: ancora necessario, anche se scomodo, ma fino a un certo punto.

Scritto da Alessio Crisantemi
Il gioco dei paradossi

Il governo Lega-5Stelle salverà il gioco pubblico. O, meglio, potrebbe essere il gioco pubblico a salvare l'Esecutivo, alle prese con una Manovra finanziaria sempre più difficile da delineare. Insomma, comunque la si voglia guardare, rimane pur sempre un paradosso. Impensabile, fino a qualche tempo fa, fino all'insediamento della nuova squadra a disposizione del premier Giuseppe Conte. E a dire il vero, anche dopo le prime settimane di attività, quando il settore del gioco (o quell'entità astratta definita abitualmente come “azzardo” dalla nuova classe dirigente) veniva chiamato in ballo più o meno quotidianamente, attraverso annunci di totale abolizione, scomparsa o cancellazione definitiva che dir si voglia. Salvo poi modificare la rotta, optando per un divieto esclusivamente mirato alla pubblicità e promozione del gioco e all'attività in sé, esercitato attraverso il Decreto Dignità: per un'altra misura clamorosa e un ulteriore paradosso, ma comunque ben diverso dall'abolizione dell'intero settore.

Ora però, mentre il governo è alle prese con la stesura della versione definitiva della Manovra, già oggetto di forte critiche, sia in Europa che in patria, il settore del gioco sembra tornare ad essere considerato un settore strategico per il paese, se non altro per il Dicastero dell'Economia. Non è un caso che lo stesso vice-premier Luigi Di Maio, il Re degli abolizionisti, ha più volte promesso che entro la fine dell'anno si potrà risolvere anche la cosiddetta “Questione territoriale”, per poter definire e attuare quel riordino del comparto già avviato dai precedenti governi a guida Pd e fortemente ostacolato proprio dal Movimento 5 Stelle. Altri tempi, si dirà. Come del resto erano diverse le condizioni al contorno dell'operazione, visto che un intervento nei confronto del gioco verrebbe preso oggi per una prosecuzione dei lavori già intrapresi dall'Esecutivo “contro” il settore, per limitarne ulteriormente la distribuzione. O almeno, così verrà venduto alla cittadinanza. Come si affanna già oggi a ripetere Di Maio parlando di scomparsa delle slot dai locali vicini alle scuole o alle chiese.
Ma al di là degli slogan e degli annunci rivolti all'opinione pubblica (ovvero, all'elettorato), sta di fatto che ciò di cui ha bisogno oggi il governo sono i soldi. Tanti, tantissimi soldi. Dell'ordine delle decine di miliardi, per compensare le tante misure e promesse avanzate dal nuovo Esecutivo, giorno dopo giorno. Dal reddito di cittadinanza all'abolizione della Legge Fornero, passando per la Flat-Tax e così via, l'ossessione che sta dominando la scena politica delle ultime ore è quella delle coperture economiche. E come accade ogni volta, di governo in governo, ecco l'industria del gioco tornare in partita: ma a quale prezzo, lo vedremo più avanti.
In questo scenario di affannata ricerca e di precario equilibrio, si è consumato l'ultimo fine settimana di inizio ottobre, che si è concluso con una riunione serale a Palazzo Chigi dedicata proprio alle coperture economiche, nella ricerca di trovare un'intesa tra M5s e Lega sulla “pace fiscale” prima della nuova riunione del Consiglio dei Ministri, destinata a caratterizzare la settimana corrente e forse anche quelle successive, in base alle nuove reazioni che avranno i mercati e i partner europei dopo i nuovi annunci. Ma è proprio nell'ultimo vertice di governo che si è tornato a parlare di gioco pubblico, provando a individuare un qualche nuova fonte di entrate per le Casse dello Stato. Se il riordino del comparto potrebbe consentire di procedere con le gare per il rinnovo delle concessioni di scommesse e bingo, è evidente che i benefici economici di questa operazione potranno sì essere messi a bilancio dall'Esecutivo, ma solo per gli anni successivi (2020-2021) tenendo conto dei tempi tecnici richiesti dalla stesura e attuazione della procedura di gara pubblica. Per questo occorre trovare un qualunque soluzione che possa permettere di ricavare soldi liquidi e fin da subito. Da qui la tentazione di ricorrere nuovamente all'aumento dell'imposizione fiscale dei giochi, quale unico strumento in grado di generare maggiori entrate nell'immediato. Solo che la solita “gallina dalle uova d'oro”, rappresentata dal segmento degli apparecchi da intrattenimento, è già stata spremuta fin troppo e, probabilmente, già oltre il limite di sostenibilità. Al punto da rendere troppo rischioso un ulteriore ricorso a questo settore: forse anche bilanciando un ulteriore rincaro con una diminuzione del payout, come si inizia a sentir vociferare in ambienti ministeriali: oppure ipotizzando un prelievo straordinario aggiuntivo su ogni apparecchio, come una sorta di tassa sul possesso.
In ogni caso, qualunque sia la soluzione che intenderà adottare il governo per racimolare nuovi denari dal gioco, sarà sempre un paradosso. Com'era senz'altro inevitabile, fin dal principio. Ma non sarebbe senz'altro il primo né tanto meno l'unico, di questi ultimi mesi. Del resto il governo ha già dimostrato di riuscire a tenere perfettamente a bada i possibili malumori con una strategia di comunicazione all'apparenza perfetta, che riesce a far passare inosservati anche i ripensamenti più clamorosi. E sarà ancora più facile farlo in un settore al quale nessuno ha mai dato importanza. Basti pensare al recente annuncio della lotteria degli scontrini che il governo sembra voler rispolverare per generare nuove entrate, contro la quale non sembrano essersi sollevati imbarazzi o critiche, né sono state evidenziate incoerenze politiche. Spianando così la strada ad altre eventuali misure sui giochi, che il governo saprà senz'altro vendere e giustificare nel migliori dei modi. Sperando che possa riuscire ad essere altrettanto convincente anche a Bruxelles, nel proporre la manovra nel suo completo: visto l'approdo del testo semi-definitivo di queste ore, attorno al quale è legato il futuro del nostro paese. Rimanendo in balìa di quella stessa Europa di cui si invoca l'estinzione. Per una sottile ironia della sorte, più che un paradosso. E un vero e proprio gioco d'azzardo perpetrato dal nostro governo.

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