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Un paese (e un'industria) in eterna attesa delle riforme

15 aprile 2019 - 09:02

Occorrerà attendere il prossimo giugno per conoscere il futuro dell'attuale legislatura e delle diverse misure promesse al paese e non ancora attuate.

Scritto da Alessio Crisantemi
Un paese (e un'industria) in eterna attesa delle riforme

 

Bisognerà attendere il secondo semestre dell'anno per vedere confermata la stima del governo sulla crescita economica del paese (0,2 percento), stando alle parole del ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Come del resto bisognerà aspettare sempre la seconda parte dell'anno anche per vedere attuate tutte quelle misure promesse o disposte dal governo, e non ancora attuate, o nemmeno discusse. Vale per il reddito di cittadinanza e per le disposizioni incluse nel decreto dignità, ancora da mettere in pratica, o per le riforme economiche e fiscali, come quella della tanto celebrata “flat tax”, che nessuno sa quanto potrà costare effettivamente, per la semplice ragione che non sono mai stati fatti calcoli su dati reali. Del resto, già a inizio anno, quando il premier Giuseppe Conte prometteva al paese “un anno bellissimo” (salvo poi rimangiarsi l'affermazione relegandola a un mera battuta), si parlava di un secondo semestre di crescita, dopo una prima fase di assestamento.

Insomma, la sensazione sempre più diffusa è che tutto è destinato a rimanere com'è, fino alle prossime elezioni europee, in programma al 26 di maggio. Anche se nessuno la vuole mettere in questi termini, e a ragione, tenendo conto che si tratta di tenere bloccato un paese per alcuni mesi: ma tant'è. Nonostante la tornata elettorale non riguardi direttamente il nostro paese, bensì quell'organismo sempre più bistrattato e sempre meno rappresentativo delle singole entità nazionali, soprattutto guardandolo dall'Italia: eppure, l'attesa creatasi attorno a quell'appuntamento con gli elettori si fa ogni giorno più significativa, al punto da tenere in bilico la maggioranza del nostro governo e al tempo stesso, diciamolo pure, prendendo in ostaggio gli italiani, che non aspettano altro che un cambio di marcia e una spinta che dovrebbe arrivare dalle riforme. Ricordando che, se l'attuale maggioranza di governo esiste e la legislatura si è costituita è proprio perché gli italiani hanno chiesto, anzi preteso, un cambiamento: che il governo ha interpretato mettendo nero su bianco (addirittura) un contratto, che adesso è il momento di attuare. Nel bene e nel male.
In effetti, nonostante le elezioni di Bruxelles non dovrebbero avere impatti diretti sui singoli governi nazionali, nel nostro caso, le conseguenze indirette potrebbero essere notevoli. Sia per la maggioranza - con l'idea sempre più diffusa che potrebbe consolidarsi l'inversione di tendenza tra i numeri che caratterizzano i consensi di Lega e 5 Stelle – che per le opposizioni, con il Partito Democrativo e, più in generale, il centro sinistra, che potrebbe avere un primo banco di prova per capire se ci può essere un ritorno di fiamma e di fiducia da parte di un pezzo d'Italia. Qualunque sia l'effetto che tali elezioni avranno sul nostro paese, sta di fatto che bisognerà aspettare giugno prima di conoscere i prossimi sviluppi, su tutti i fronti. Anche per il gioco pubblico: per il quale, intanto, rimane vigente la scadenza fissata ai primi di luglio per l'entrata in vigore definitiva del divieto di pubblicità, rispetto al quale c'è anche l'altra grande attesa legata alle linee guida che dovrà emanare Agcom, soggette anche queste a numerosi rinvii e magari destinate a slittare come tutto il resto al dopo elezioni. Ma a farsi attendere, soprattutto, è il famigerato Riordino del comparto, annunciato dal governo lo scorso luglio, attraverso lo stesso Decreto dignità, e mai attuato. Peggio ancora, non viene neppure più citato. Forse in attesa anche questo dei risultati elettorali o magari in attesa dei primi risultati economici, non è dato saperlo. La speranza è che prima o poi si possa tornare a parlarne. Evitando che la situazione precipiti in maniera definitiva, come si teme ogni giorno di più, con le nuove scadenze sui territori dettate dalle varie normative regionali e una giurisprudenza che si fa sempre più avversa per gli addetti ai lavori, costretti alla ritirata.
Ma nelle crisi, si sa, si nascondono sempre le opportunità: per questo occorre guardare al futuro con un minimo di ottimismo, anche per il gioco pubblico. Nonostante in questo momento appaia davvero arduo per gli addetti ai lavori. Eppure qualche passo significativo è stato compiuto. Basti pensare alla nomina appena ratificata dal Consiglio dei Ministri al sottosegretario Alessio Mattia Villarosa, che ha ricevuto la delega ai giochi. Un incarico che non era affatto scontato e che il governo poteva anche evitare di assegnare, come del resto si pensava in maniera diffusa ormai da qualche mese. E se si pensa che tale delega va ad affiancare quella già assegnata in precedente all'altro sottosegretario Giancarlo Giorgetti di materia di matchfixing, quindi strettamente legata al mercato delle scommesse sportive, si può già concludere che, almeno sulla carta, il governo attuale sembra essere quello con le più ampie intenzioni di riforma rispetto al mercato del gioco. Forse anche troppe, dirà qualcuno, lamentando un eccesso di attenzione da parte dell'Esecutivo, soprattutto perché di carattere marcatamente negativo. La partita però è ancora tutta da giocare e, come detto, le prime mosse verranno messe in campo soltanto nei prossimi mesi. Con il nuovo delegato ai giochi da parte del governo che avrà il tempo di farsi un'idea specifica sul settore e, c'è da augurarsi, scevra da pregiudizi o posizioni ideologiche, in una fase così delicata, non soltanto per l'industria, ma per l'intero paese. Visto che, anche se non di dovesse davvero ricorrere a una manovra aggiuntiva, dei denari provenienti dal gioco ce ne sarà sicuramente bisogno, sempre e comunque. E non si può certo correre il rischio di rinunciare anche a un solo centesimo di quelli già preventivati e garantiti dal comparto negli anni precedenti. Obiettivo già difficile da mantenere, per i prossimi mesi, se non verranno presi provvedimenti seri e attuate riforme degne di tale nome. Il Riordino continua ad essere un obiettivo irrinunciabile e il superamento della Questione territoriale un presupposto irrinunciabile. La speranza e che lo siano anche per il governo e per il nuovo sottosegretario. Ma per capirlo e scoprirlo, ahinoi, bisogna ancora attendere.
 

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