skin

Nuove manovre, altro che riordino

30 settembre 2019 - 09:50

Come ogni anno, la manovra di bilancio oggi in fase di stesura promette nuove misure sui giochi: in attesa del Riordino, il governo aggiunge complessità.

Scritto da Alessio Crisantemi
Nuove manovre, altro che riordino

 

Mentre gli addetti ai lavori continuano ad attendere quel millantato Riordino del comparto del gioco pubblico, messo nero su bianco dal Governo Conte 1 attraverso il decreto Dignità, poi ribadito da ulteriori provvedimenti successivi, e alla fine tradito (almeno nei tempi di attuazione), non essendo mai stato messo in agenda dal precedente esecutivo, anche la nuova maggioranza dimostra una certa continuità non soltanto nella figura del premier. Ma anche nelle politiche condotte sui giochi. O, meglio, dovremmo forse dire "non condotte", visto che, ancora una volta, si continua ad accantonare ogni possibile ipotesi di riforma del comparto procedendo, al contrario, con intervento tampone o, peggio ancora, con misure unicamente orientate alla cassa. Senza preoccuparsi, invece, delle conseguenze che queste azioni possono avere sulla stabilità e, quindi, sul futuro del comparto. E, prima poi, anche in termini di sicurezza e ordine pubblico, visto che lo sgretolamento del settore del gioco di Stato, dovuto alla sempre più evidente erosione dei margini per gli operatori, in aggiunta alle restrizioni dell'offerta operate dalle Regioni e dai comuni, non può che avere come diretta conseguenza la maggiore diffusione della rete illegale.

Andando così a rimpolpare e rinvigorire quella rete illecita di gioco che continua a esistere, alimentando un'economia sommersa ancora molto florida – che lo stesso governo ha stimato aggirarsi attorno di 20 miliardi di euro – e destinata a diventare sempre più ricca, grazie ai benefici indiretti concessi dal governo. Sì, perché la riduzione dell'offerta che sta caratterizzando alcuni territori a causa dell'adozione di leggi regionali come Piemonte ed Emilia Romagna, soprattutto perché non supportata e accompagnata da altre misure in grado di ridurre la domanda di gioco che continua a esistere tra i cittadini, non fa altro che spostare l'attenzione dei giocatori da un prodotto di gioco a un altro e nel peggiore dei casi la scelta non ricade su un altro prodotto di Stato, bensì su un prodotto simile, ma illecito. Tanto più che lo strangolamento operato dallo stesso Stato, sia e livello centrale che locale, corre il rischio di portare alcuni operatori verso l'illegalità. Un mix perfetto, che trova ulteriore slancio – sempre vero l'illegale – con l'introduzione del divieto di pubblicità del gioco a vincita in denaro che ha reso una volta per tutte “equiparata” agli occhi del cittadino l'offerta legale da quella illecita. Rendendo praticamente indistinguibile l'offerta di gioco statale da quella criminale o border line, tenendo conto che una sala giochi o un locale pubblico di gioco che apra oggi i battenti non potrebbe neanche fare pubblicità, proprio come un centro di gioco illegale. Mentre prima a non potersi promuovere erano soltanto i centri illegali. Una vera e proprio eterogenesi dei fini, che però non può più continuare a sfuggire agli occhi del Legislatore e della politica.
Ma forse è proprio per questo che il governo, in fase di scrittura della Manovra (o, più precisamente, del Documento di economia e finanza che precede la legge di bilancio per l'anno successivo), sembra preoccuparsi anche di prevedere misure ulteriori di contrasto all'evasione, puntando proprio sui “totem” per il gioco online (comunque già toccati dalle precedenti manovre) visto che proprio questi ultimi rappresentano gli strumenti di gioco illegali preferiti nelle realtà in cui sono stati limitati gli apparecchi di Stato. Come sveliamo sulle pagine di questo Quotidiano online, infatti, il governo Conte 2 avrebbe allo studio una serie di nuove misure relative al comparto del gioco pubblico ancora una volta orientate unicamente alle esigenze di cassa, ipotizzando nuovi balzelli, proroghe onerose e anticipi di gare pubbliche, qualche intervento in favore della legalità, ma ancora una volta senza l'attuazione di una vera e propria riforma e razionalizzazione del comparto. Andando ad aggiungere, al contrario, norme su nome su norme, sommando complessità a un sistema già iper-regolamentato e vittima di una stratificazione normativa che ne mina la stabilità. Minacciando l'esercizio della legalità e, di conseguenza, mettendo anche a repentaglio i conti pubblici, visto che il raggiungimento del limite massimo di pressione fiscale e, peggio ancora, il suo sforamento, come spiegano da anni gli economisti, non può far altro che portare l'intero sistema al collasso finendo col pregiudicare anche le entrate erariali.
Eppure, nonostante tutto, anche questo governo sembra partire con la solita marcia, sui giochi. Puntando alla cassa e buttando la palla delle riforme più avanti. Senza parlare in nessun modo di che fine farà quella promessa di riordino anticipata dal precedente Esecutivo e lasciando in sospeso, almeno per ora, anche il discorso della delega al gioco pubblico da assegnare a uno dei sottosegretari all'Economia, di cui non si parla ancora. Ma che diventa sempre più urgente, per evitare il crollo di un sistema come quello del gioco pubblico che sarà pure scomodo e ingombrante ma che rappresenta, da ormai più di quindici anni, uno strumento straordinario di contrasto all'illegalità, di emersione dell'economia sommersa e una risorsa fondamentale in termini economici per lo Stato, in grado di produrre oltre dieci miliardi l'anno di entrate dirette. Fondamentali per la nostra economia.
Eppure, nonostante tutto, abbiamo il dovere di continuare a guardare al futuro con ottimismo: anche se la politica dimostra ogni giorno di essere sempre meno affidabile rispetto alle promesse di riforma e non solo sui giochi. In un'ottica positivistica si potrebbe dunque immaginare che, se il governo dovesse decidere davvero di intervenire sul comparto con misure straordinarie e pure complesse come l'anticipo di una gara pubblica così importante come quella degli apparecchi da intrattenimento, ciò potrebbe obbligare lo stesso Esecutivo a operare quell'attesa riforma del comparto senza la quale appare davvero difficile poter intervenire con nuove regole ed eseguire nuove gare. E se non sarà un vero e proprio Riordino come quello già discusso, magari da operare attraverso la costituzione di un Testo unico dei giochi, andrà bene anche una razionalizzazione di altro tipo, purché di riforma si tratti.
 

Articoli correlati