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Tasche vuote e memoria corta: breve storia triste dello Stato italiano

21 ottobre 2019 - 08:52

Il governo ha varato la manovra da 31 miliardi che, ancora una volta, chiede soldi a slot e vlt: ma stavolta non è sostenibile.

Scritto da Alessio Crisantemi
Tasche vuote e memoria corta: breve storia triste dello Stato italiano

E pensare che fino a qualche tempo fa si parlava di “razionalizzare” il comparto del gioco pubblico. Attraverso una riorganizzazione dell'offerta e della distribuzione e un allineamento della tassazione, in una duplice azione poi sintetizzata in un unico progetto di riforma generale definito Riordino. Quello stesso riordino che, il governo precedente, aveva promesso di attuare entro i successivi sei mesi dall'entrata in vigore del celeberrimo decreto Dignità: ovvero, entro lo scorso febbraio 2019. Salvo poi tradire clamorosamente quell'impegno assunto nei confronti della filiera (e della cittadinanza), rilanciando più volte la stessa promessa, fino ad arrivare allo scorso giugno, quando l'allora sottosegretario all'Economia, Massimo Bitonci, annunciò addirittura di essere in procinto di pubblicare il disegno di legge specifico in materia di riordino del gioco pubblico, ormai pronto, a suo dire. Anche se nessuno ne aveva mai sentito parlare. E infatti quel disegno di legge non è mai arrivato, con il governo che nel frattempo è arrivato al capolinea lasciando la strada aperta alla nuova coalizione tra Pd e Movimento 5 Stelle dove il gioco pubblico è subito tornato di attualità, finendo addirittura nella lista delle cose da fare stilata nell'accordo di governo siglato dalla due forze politiche. Con il successivo e ulteriore rilancio del provvedimento di Riordino tra le misure che il nuovo Esecutivo intende realizzare entro la fine della Legislatura. Prevista per il 2023, salvo sorprese.

Peccato però che anche stavolta il governo sembra aver tradito le proprie intenzioni (e le proprie promesse) già prima di poterle attuare o anche soltanto discuterle, visto che, sfogliando la prima stesura della manovra per il 2020 e dei provvedimenti ad essa legati, si possono trovare talmente tante misure sui giochi, e di varia natura, il cui effetto principale sarà quello di andare ad aumentare ulteriormente la complessità dell'intero sistema, oltre a comprometterne la stabilità e, peggio ancora, la sostenibilità, tenendo conto degli ulteriori rincari imposti alla filiera. A partire, soprattutto, dall'ulteriore aumento del Prelievo sugli apparecchi che minaccia seriamente di far saltare il banco. Come noto, con la norma inserita nel testo del Dl fiscale approvato dall'ultimo Consiglio dei Ministri - con la formula “salvo intese” (suscettibile dunque di nuove modifiche) - aumenta nuovamente il Preu sugli apparecchi da intrattenimento, che dal 10 febbraio 2020 passerà dal 21,6 al 23 percento della raccolta per le slot e dal 7,9 al 9 percento per le Vlt. In questo modo lo Stato conta di incassare 499 milioni nel 2020 e 574 milioni a regime per gli anni successivi. Stavolta, però, l'operazione non sarà così semplice e automatica come si aspetterebbe il governo. Il giochetto di aggiungere qualche decimale in più all'aliquota sugli apparecchi per veder lievitare l'importo delle entrate erariali, stavolta non potrà più funzionare. Se, fino ad oggi, l'equazione governativa sul Preu ha sempre portato al risultato atteso, stavolta è diverso, visto che la soluzione a questo tipo di operazione matematica è ammessa solo ed esclusivamente in caso di raccolta invariata. Cosa che potrà difficilmente accadere se, come sembra, a saltare sarà proprio il banco, rappresentato in questo caso dalla filiera. 
Bisogna infatti tenere conto che quello previsto dalla manovra sarebbe il terzo in poco più di un anno e, addirittura, l'ottavo dal rilascio delle concessioni per la gestione della rete di raccolta tramite apparecchi, come denunciato dai concessionari. Peggio ancora se si pensa che l'attuale aliquota del Preu, pari al 21,6 percento della raccolta sulle Awp e del 7,9 percento sulle Vlt, è già destinata a subire ulteriori aumenti già definiti con decorrenza 1 gennaio 2020 (21,68 e 7,93 percento) e 1 gennaio 2021 (21,75 e 8 percento).
Con enormi preoccupazioni e difficoltà da parte degli addetti ai lavori. Non solo. Se, per quanto riguarda le Awp, il precedente rincaro era stato parzialmente compensato da una riduzione del “payouy” di due punti percentuali, stavolta non risulta percorribile neanche questa strada: non prevista dal Legislatore (almeno finora) e comunque difficile da attuare, visto che la precedente sostituzione degli apparecchi in esercizio nella Penisola non è ancora stata completata e, soprattutto, una nuova sostituzione vorrebbe dire ulteriori investimenti senza la possibilità di ammortizzare neppure i precedenti. Come pure nel segmento delle Vlt, dove un aumento delle imposte e una riduzione del payout richiede “soltanto” un aggiornamento dei software senza passare per la ri-omologazione e sostituzione di tutti i terminali come avviene per le Awp, bisogna anche considerare che questo segmento è attualmente alle prese con altri oneri amministrativi, come l'introduzione della tessera sanitaria che entrerà in vigore da gennaio 2020 e le disposizioni antiriciclaggio che hanno già richiesto ulteriori aggiornamenti tecnologici che anche qui si traducono in importanti investimenti. 
Per questo, conti alla mano, non ci sono più i margini per tenere in piedi la filiera degli apparecchi a queste condizioni: il che significa che, procedendo in questo senso, nei prossimi mesi non ci sarà più nulla di ordinare. O, almeno, non ci sarà più la rete legale del gioco pubblico, mentre rimarrà probabilmente un'offerta di gioco diversa da quella di Stato, che bisognerà a quel punto reprimere e non certo riordinare. Con gli ulteriori inasprimenti della tassazione previsti dal governo, si arriverebbe ad un prelievo sui ricavi del 75 percento per le Awp e del 62 percento per le Vlt. Impossibile da sostenere, per tutti. Come del resto era stato evidenziato, addirittura, anche dall'Ufficio parlamentare di bilancio nel focus tematico (n.6) “La fiscalità nel settore dei giochi”, in cui si denunciava che “Gli aumenti delle aliquote a fronte di una domanda di giochi che mostra generalmente una elevata elasticità al prezzo e, soprattutto, la riduzione dei punti di vendita potrebbero comportare una significativa flessione della raccolta complessiva, indebolendo la stabilità economica della filiera e causando una riduzione delle entrate erariali. La corrente sostenibilità economica del comparto deriva da investimenti passati, intrapresi sulla base di condizioni fiscali diverse”. E questo, prima degli ultimi tre aumenti dello scorso anno. Figuriamoci, dunque, cosa potrebbe accadere ora. 
E' dunque evidente che lo Stato, oltre ad avere le tasche vuote, ha anche la memoria corta, visto che con questo tipo di misure dimostra di aver perso completamente di vista le ragioni e le necessità che avevano spinto il Legislatore, ormai più di 15 anni fa, a operare una legalizzazione del comparto. Quando si parlava di emersione, messa in sicurezza e sostenibilità, spiegando che l'offerta di gioco legale sarebbe dovuta essere sempre competitiva rispetto a quella illegale e sostenibile, per evitare ricadute a favore dell'illecito sia da parte dei giocatore che degli operatori. Altri tempi, probabilmente, non tanto e non solo per via delle differenti condizioni economiche. Forse anche a causa della battaglia senza quartiere perpetrata nei confronti del comparto negli ultimi danni che ha completamente offuscato le menti e compromesso la trattazione della materia anche a livello politico e istituzionale, facendo passare il comparto del gioco da un settore dell'economia nazionale (seppur bistrattato rispetto agli altri, come sempre è avvenuto) ad autentico "peso" istituzionale, del quale tutti i governi sembrano volersi alleggerire. Salvo poi utilizzarlo come mero bancomat di Stato. 
Quello che manca oggi, comunque, è di certo il coraggio di attuare (e, prima ancora, di pensare) vere e proprie riforme, dalle quali, invece, si potrebbero creare i presupposti per tirare fuori entrate significative e magari anche maggiori dal comparto dei giochi, ma in maniera diversa. Magari attraverso la riformulazione della tassazione, come si ipotizzava tempo fa, parlando dell'ipotesi di una tassazione sul margine anche per gli apparecchi, salvo poi abbandonare la pista, in favore di soluzioni che si sono rivelate fino ad oggi più semplici e immediate. Ma adesso non più.
 

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