skin

L'Emilia non cambia, il governo pure: resta il problema del gioco

27 gennaio 2020 - 09:37

L’Emilia Romagna ha respinto la spallata di Matteo Salvini contro il governo: non passa la linea del gioco ma crolla quella contro del M5S.

Scritto da Alessio Crisantemi
L'Emilia non cambia, il governo pure: resta il problema del gioco

 

L’argine Emiliano ha tenuto. Nonostante il fiume in piena sospinto dal leader Matteo Salvini, la Lega non è riuscita a strappare la regione “rossa” per eccellenza al centro sinistra. Con una vittoria del candidato Stefano Bonaccini decisamente netta, come nessuno se l’aspettava. Invece, come evidenzia subito il governatore fresco di riconferma, “Questa terra libera e grande ha decretato la prima, vera sconfitta di Matteo Salvini”. In effetti, il verdetto consegnato dalle urne evidenzia una regione che ha respinto la spallata del Capitano contro il governo nazionale. Una sconfitta ancora più pesante, per il capo del Carroccio, non soltanto perché è la prima degli ultimi due anni, ma anche perché è stato proprio lui a dare al voto un significato “nazionale”, annunciando la crisi di governo in caso di una vittoria della Lega. Invece, no. A non andare in porto, insieme alla spallata salviniana, è però anche il fronte a tutela del gioco pubblico messo in piedi sul territorio da Forza Italia, che esce dalle urne con un risultato inferiore al 3 percento. Praticamente nulla per pensare di portare avanti una linea di cambiamento, soprattutto dai banchi dell'opposizione.

Anche se la sinistra ha perso nettamente in Calabria, com'era ampiamente previsto, ha vinto dunque la sfida più difficile. Con il Movimento Cinque Stelle che, al contrario, crolla dovunque. Ed è proprio la disfatta del Movimento di Beppe Grillo a rappresentare il dato più vistoso. Anche in questo caso, in realtà, il crollo era prevedibile: ma il risultato è stato doppiamente umiliante, sia in Calabria che in Emilia Romagna. Confermando la parabola discendente che rispetto alle elezioni politiche di marzo 2018 evidenzia come la scelta di presentare liste senza allearsi col Pd lo ha fatto apparire inaffidabile, non solo ininfluente. E ora i Cinque Stelle rischiano di assumere un ruolo più che marginale. Ma è proprio questo il punto forse più significativo a livello nazionale, diventando ancora più evidente come la composizione della maggioranza in Parlamento più che in governo sia sproporzionata e non (più) rappresentativa della volontà popolare a causa dell'ormai sovrastimata presenza pentastellata. Quindi, se all'indomani del voto si può considerare scongiurata l'ipotesi di una crisi di governo e un ritorno alle elezioni anticipate, ciò che ne dovrà derivare sarà comunque un ridimensionamento del peso “politico” del Movimento, le cui battaglie non saranno più legittimate a tenere banco e a guidare l'azione dell'Esecutivo, dettandone l'agenda. Forse è proprio questo il risultato a cui puntava, nel tempo, il Partito democratico (al di là del successo in Emilia, che doveva consentire di rimanere al timone), sopportando diverse ingerenze dell'alleato di governo negli ultimi mesi.
Ecco, dunque, l'unica buona notizia che potrebbe ricavare l'industria del gioco pubblico dal risultato elettorale dell'Emilia: con la disfatta del Cinque Stelle che significa, tra le altre cose, anche l'insussistenza delle politiche “anti-gioco” condotte dal Movimento e sbandierate ripetutamente ai quattro venti come chissà quale risultato. O, peggio ancora, come se si trattasse di un obiettivo di importanza primaria che emergeva sistematicamente dalle parole dei suoi rappresentanti: a partire dal leader uscente Luigi Di Maio, che nell'abdicare in favore del reggente Vito Crimi, ha citato tra i “risultati” raggiunti anche quello di aver compromesso l'industria del gioco. Idem a livello regionale, nella stessa Emilia, dove il candidato Simone Benini ha più volte difeso la linea abolizionista del Movimento e della regione. Sia pure di fronte alla più totale indifferenza della popolazione rispetto alla tematica, che diventa oggi ancora più evidente. E deflagrante. Per questo il 5 Stelle dovrà per forza modificare il proprio atteggiamento e fare quadrato attorno all'esecutivo. Non è un caso che la prima dichiarazione di Crimi va proprio in quella direzione: "Ora non resta che continuare a lavorare pancia a terra con il governo – ha scritto sul so account Twitter subito dopo i risultati elettorali - che, dopo queste elezioni, deve proseguire nel suo percorso". 
Del resto, per il carattere nazionale che proprio Salvini, insieme a Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, ha impresso alla consultazione, perdere in Emilia non significa solo una sconfitta. Dando ossigeno, sia pure di riflesso, a un governo fino a ieri decisamente asfittico e condizionato dalle beghe interne, che ora potrà invece accreditarsi come un‘alleanza politica in grado di reggere. Con il premier Giuseppe Conte che ne esce rafforzato, dopo i ripetuti attacchi di Salvini degli ultimi mesi. 
Ecco quindi che gli scenari più incerti si dovrebbero aprire ora all'opposizione, più che nella maggioranza, con un foto che apre un’incognita sull’identità della destra e sulla sua strategia politica. Se la linea della “spallata” scelta da Salvini si è trasformata in un boomerang, qualcuno gli chiederà non tanto un passo indietro, quanto, almeno, l'adozione di una linea meno propagandistica ed estremista. Anche in chiave europea, dove le uniche sponde fuori confine mantenute dalla coalizione sono quelle tenute vive da Silvio Berlusconi col Ppe (e quelle marginali di Meloni con i conservatori). Quello che occorrerà capire nei prossimi mesi, dunque, è proprio la linea che intenderà adottare Matteo Salvini: magari anche sul gioco pubblico, dove la Lega si è dimostrata decisamente confusa. Con un elettorato generalmente non ostile al comparto e una buona parte della dirigenza comunque sensibile alle esigenze delle imprese e dell'industria in generale, che nel perenne clima di campagna elettorale ha visto anche questo tipo di sensibilità venire accantonata, in favore di slogan istantanei del tipo: “meno giochi e più asili”, o cose simili. Tradendo, a volte, anche il vero pensiero leghista (e non certo per gli asili, ma per i riflessi sulle imprese e l'occupazione).
Certo, rimane il nodo centrale per gli addetti ai lavori del comparto: ovvero, il “problema” dell'Emilia Romagna, dove la riconferma di Bonaccini, rappresentando una conferma per le politiche da lui condotte sul territorio, porta con sé anche quelle realizzate nei confronti del gioco pubblico. Quella linea, cioè, ritenuta uno scempio dagli addetti ai lavori del comparto, rischiando di compromettere ben 3700 posti di lavori, che pur sfuggendo – com'è evidente - all'attenzione dell'opinione pubblica, rimane un cancro per l'industria e l'intero indotto che oggi sembra essere dichiarato incurabile. Se il governatore emiliano non ha mai dimostrato attenzione e interesse nei confronti alle esigenze di questa filiera, adesso sarà ancora più difficile pensare di ottenere una inversione di marcia da parte della giunta rispetto all'adozione delle legge sul gioco. Come pure appare improbabile la riapertura di un confronto, dopo la campagna elettorale caratterizzata anche dal tema del gioco e, soprattutto, dopo il verdetto delle urne. Con l'unica speranza di salvezza per l'industria che torna ad essere affidata al governo, con il Riordino del comparto che diventa sempre più l'unica soluzione all'annosa Questione territoriale, di cui l'Emilia rappresenta forse il punto più critico e attuale. Con il nuovo equilibrio che dovrà trovare il governo all'indomani del voto regionale che potrebbe rendere più agevole anche l'ipotesi di una riforma del settore.
 
 

Articoli correlati