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La rivoluzione è iniziata e il riordino non può più attendere

07 dicembre 2020 - 11:17

Nella settimana caratterizzata dalla “storica” acquisizione di Gamenet della rete di Lottomatica, il settore guarda al futuro e attende la riforma.

Scritto da Alessio Crisantemi
La rivoluzione è iniziata e il riordino non può più attendere

Nonostante la possibile crisi di governo che diventa ogni giorno sempre più probabile e malgrado l'annuncio del piano italiano per la gestione del Recovery Fund, che promette la scrittura di un nuovo futuro per il paese, costruito sulla base dell'iniezione di capitali provenienti dall'Europa per gestire il post-Covid, a catturare l'attenzione generale del comparto del gioco pubblico, questa settimana, è la notizia relativa all'acquisizione da parte del gruppo Gamenet di tutte le operazioni di gioco online e retail dell'ex leader storico del mercato, Igt. Meglio noto, in Italia, sotto il nome del brand principale: Lottomatica. Un'operazione colossale, che sposta la rete di gioco più importante del nostro paese sotto il controllo di un altro gruppo di gioco il quale, dopo essere cresciuto in maniera notevole negli ultimi anni, a suon di acquisizioni (prima quella del gruppo Intralot, seguita, più di recente, da quella del gruppo di betting Goldbet), diventa ora non soltanto il leader indiscusso sul mercato italiano, ma anche uno dei più importanti gruppi di gaming a livello internazionale. Una notizia che, nel settore, fatica ad essere assimilata dagli addetti ai lavori, arrivando in un momento di particolare difficoltà e di notevoli frustrazioni, dovuto all'emergenza sanitaria e ai conseguenti lockdown, che hanno imposto la serrata generale di tutta la filiera e inserito nei piani di sviluppo e nei libri contabili di tutte le aziende una serie di punti interrogativi ancora difficili da interpretare.

Anche se l'operazione che vede protagonista il fondo Apollo è da ritenere un'iniziativa squisitamente finanziaria e comunque slegata dalle dinamiche provocate dalla pandemia essendo stata pensata e gestita già nei mesi precedenti, i risvolti dal punto di vista industriale sono comunque notevoli e sotto gli occhi di tutti. Richiamando inevitabilmente quegli scenari più volte delineati dal governo, di una “concentrazione” della filiera ritenuta necessaria per la stabilizzazione del settore e la creazione di un futuro sostenibile. Anche se in molti guardano con timore alla (parziale) uscita di scena di Lottomatica dal mercato dei giochi – o comunque da un pezzo assai significativo di esso – interpretandola come se si trattasse di una sorta di resa, di fronte alle crescenti difficoltà politiche e mediatiche – e non solo economiche - che si trovano a dover affrontare le imprese del gioco ancora oggi, oppure – peggio ancora – come una sorta di rinuncia per via delle condizioni ritenute ormai impossibili per operare (pensando, magari, all'ancora irrisolta “Questione territoriale” che continua a rendere impossibile l'emanazione delle gare per il rinnovo delle concessioni), in realtà, bisognerebbe guardare a questa operazione per quello che è: una manovra finanziaria, appunto. Nulla di più. Visto che accanto al bicchiere mezzo vuoto da cui si osserva la cessione di Lottomatica, c'è quello decisamente pieno di Gamenet: il quale, in ottica decisamente contraria, sul gioco rilancia eccome. Applicando la stessa analisi crisi che porta a una “resa” da parte di Igt, dunque, bisognerebbe osservare che lo sviluppo (notevole) dell'altro gruppo rappresenta un serio investimento sul futuro, che scaturisce, evidentemente, dalla fiducia in un mercato che si considera strategico e non certo di breve durata. In questo senso, dunque, dovrebbe portare a una lettura ottimistica dei fatti, soprattutto in ottica di futuribilità del comparto.

Sta di fatto, però, che il settore è ancora in attesa di risposte da parte della politica e del governo, che ha più volte promesso la riforma generale del comparto, senza però attuarla, né tanto meno predisporla. Trasformando la suggestiva idea del Riordino in una sorta di slogan (progressivamente svuotato di ogni contenuto) che ha già accompagnato la prima parte della legislatura, attraversando due governi, dopo averne ereditato i primi passi da quello precedente. Adesso però i tempi sembrano essere davvero maturi, dopo il rinnovamento messo a punto dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, oggi più forte e presente che mai, e in vista di una ricostruzione del paese e dell'intero comparto economico che dovrà interessarsi anche del mercato dei giochi. Anche (e soprattutto) per via delle gare per il rinnovo delle concessioni che impongono delle scadenza. Almeno in teoria. Visto che il governa ha già annunciato di spostare le lancette in avanti al 2022 e forse anche di più, rendendo più che labile ogni possibile scadenza. 

Sta di fatto, però, che il governo non potrà certo permettersi lo smantellamento dell'intero comparto del gioco pubblico a cui si potrebbe andare incontro continuando ad affrontare da spettatori, con un approccio puramente lassista, la disfatta della Riserva di legge provocata dalla Questione territoriale. Oltre al notevole danno occupazionale che il paese non può assolutamente permettersi, né ora né mai, in questa fase il governo riesce ad avere contezza esatta di quanto costa privarsi di un settore strategico come quello dei giochi: cioè circa 602 milioni al mese. A tanto ammonta, infatti, la perdita erariale provocata oggi dall'interruzione delle attività del gaming retail provocata dalla pandemia che coinvolge i settori del gioco pubblico che, stando alle entrate del 2019, hanno garantito allo Stato 7,24 miliardi sui 15,5 miliardi di incassi complessivi, certificati dal Dipartimento delle Finanze. Una quota difficile da sostituire, anche attraverso uno straordinario piano di attuazione del Recovery Fund, che comunque non abbiamo. Anche se la nuova economia che dovrebbe scaturire dal piano di utilizzo dei fondi europei dovesse riuscire a creare nuovi asset nell'industria italiana, alimentando la suggestione di rinunciare ad altri settori “scomodi” o comunque di ridimensionarli significativamente, continua a rimanere impensabile l'abbandono del gioco di Stato. Anche per via degli effetti devastanti a cui il paese andrebbe incontro in termini di illegalità e di ordine pubblico e non solo a causa della disoccupazione. Tutto questo in un momento storico in cui c'è già l'allerta massima attorno al possibile e ulteriore rinvigorimento della criminalità organizzata a causa del dissesto provocato nelle economie domestiche e societarie dalla pandemia. Per questo lo Stato non può più scegliere, né rimandare: la riforma dei giochi d'ha da fare. E dovrà essere pensata, gestita e attuata nel più breve tempo possibile. Magari entro il 2021, come suggerito e indicato dal sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, in modo da gestire le gare già nell'anno successivo, evitando ulteriori slittamenti delle gare, che potrebbero risultare – prima o poi – poco graditi anche all'Europa. Soprattutto adesso che i riflettori di Bruxelles saranno fortemente accesi sul nostro paese, una volta erogati i fondi previsti dal piano di recupero.

 

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