skin

Dignità, sicurezza e lavoro: la riapertura non è solo libertà

10 maggio 2021 - 10:02

Mente il governo studia i numeri e le forze politiche invocano l'allentamento delle restrizioni, il gioco rischia il default: ma il rischio è anche per sicurezza e legalità.

Scritto da Alessio Crisantemi
Dignità, sicurezza e lavoro: la riapertura non è solo libertà

 

Sarà una vera e propria settimana di fuoco, per la maggioranza di governo, chiamata a delineare il futuro del paese, attraverso la ripartenza post-Covid. Non solo quello prossimo e relativo al programma per l'estate, ma anche quello di medio-lungo termine, che dipende comunque, inevitabilmente, dalle scelte che verranno prese in questi giorni e dallo stesso programma di riaperture che l'esecutivo è chiamato a riorganizzare, sulla base delle nuove evidenze e delle varie esigenze, oggi più impellenti che mai. Sono quelle dei lavoratori di tutte le categorie ancora in attesa di ripartire, che si aggiungono alle proteste, ogni giorno sempre più forti, dei cittadini esasperati dalle limitazioni della libertà, e che diventano vieppiù difficili da contenere.

Mentre si è ormai quasi giunti alla metà dell'anno, il secondo compromesso dalla pandemia, la situazione rischia oggi di esplodere, e non solo a livello sociale. Per chi lavora in un comparto come quello del gioco pubblico, tra i più colpiti e penalizzati dalle restrizioni, non è soltanto una questione di libertà individuali o di ritorno alle abitudini quotidiane. Si tratta, invece, di una vera e propria necessità, dettata dalla condizione economica e lavorativa, ormai non più sostenibile, con aziende sull'orlo del baratro e intere categorie ridotte allo stremo. Mentre il conto dei giorni di stallo degli operatori del gioco ha ormai raggiunto quota 300, la politica non è ancora stata in grado di produrre una data certa per la ripartenza delle loro attività: diventando così uno dei pochi settori che non ha neppure ottenuto una mera citazione nel cronoprogramma di riapertura di cui leggiamo e scriviamo ogni giorno. Privando così un'intera filiera della propria dignità e non soltanto della redditività.

Ma non è tutto. Sì, perché provando a guardare la situazione del gioco anche da un punto di vista esterno alla filiera – come in pochi stanno facendo, in questo momento – diventa subito evidente che la questione è ben più ampia e generale, non riguardando soltanto gli addetti ai lavori, diventando una materia di interesse pubblico, nazionale. Non può (e non deve) infatti sfuggire la realtà che si sta delineando nelle città italiane alla luce del prolungato lockdown. O, meglio, al buio del lockdown, visto che l'interruzione della raccolta del gioco riguarda inevitabilmente soltanto quella delle attività lecite, mentre l'illegalità continua a prendere piede su tutto il territorio, (ri)conquistando nuovi spazi che lo Stato è finito col concedere perseguendo la linea ostinata del rigore assoluto, senza condizioni né valutazioni. Sarebbe infatti bastato studiare un minimo la realtà dei locali di gioco per capire, com'è evidente, che qualunque analisi tra costi e benefici mirata alla riapertura dei giochi farebbe pendere l'ago della bilancia verso la ripartenza. Tenendo conto dei rischi di contagio che risultano decisamente contenuti all'interno di questi locali, rispetto a molti altri che, al contrario, sono già stati fatti riaprire, anche da molto tempo, o stanno per farlo nei prossimi giorni. Tutto questo a fronte di costi altissimi, per lo Stato, non solo in termini economici diretti, per via delle mancate entrate erariali, o dal punto di vista del rischio occupazionale, ma anche e soprattutto in termini di ordine pubblico e sicurezza, con i giocatori che si stanno sempre più riversando su offerte di gioco illecite, più che sul solo canale legale online. Con tutto ciò che ne consegue, visto che oltre a favorire il mercato sommerso, c'è anche un tema di tutela dei consumatori che non può esistere di fronte a un'offerta illecita dove i giocatori non hanno alcune certezze né evidenza delle probabilità di vincita ma neppure della certezza dell'incasso.

Per questo non è più pensabile di rimandare al domani quello che si poteva tranquillamente fare già tanto tempo prima, partendo almeno dalle zone gialle, come il settore chiedeva – e a gran voce – già da inizio anno. E come si potrebbe decidere già da oggi, interpretando in forma estesa le promesse del premier Mario Draghi che in occasione del vertice europeo di Oporto, ha parlato di riaperture “ma con la testa”. Nella consapevolezza generale che vanificare i sacrifici, invertendo il trend del calo dei contagi e dei morti sarebbe un errore imperdonabile: ma ben sapendo, al tempo stesso, che anche la morte economica di migliaia di imprese, sarebbe uno scenario altrettanto grave e allo stesso modo impossibile da accettare e non solo da perdonare. Per questo, sentendo il presidente del Consiglio affermare: “Voglio riaprire, voglio che le persone tornino fuori a lavorare, a divertirsi, a stare insieme. Ma bisogna farlo in sicurezza, cioè calcolando bene il rischio che si corre”, non rimane che segnalargli la realtà del gioco, che probabilmente fino ad oggi è sfuggita all'esecutivo. Visto che i rischi, come abbiamo detto, sono molto minori rispetto ai danni del lockdown nel caso dei giochi e sapendo che i dati, come afferma il premier stesso, “sono abbastanza incoraggianti”. Tanto basta, dunque, per invocare una data certa, e possibilmente vicina, anche per i giochi.

(Foto di archivio)

Articoli correlati