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Il ritorno alla normalità (distorta) del gioco

19 luglio 2021 - 07:44

Nonostante i rischi di tenere fermo il gioco legale ora compresi anche dalle regioni c’è chi torna a chiedere lo stop delle attività. Per un ritorno alle vecchie, cattive abitudini.

Scritto da Alessio Crisantemi
Il ritorno alla normalità (distorta) del gioco

Ci risiamo. È bastato un primo, lieve accenno di ritorno alla normalità, come quello che sembra finalmente attraversare il paese, per far tornare subito in voga tutte le vecchie (ma evidentemente, non troppo) cattive abitudini. Anche in ambito politico e istituzionale. A farne le spese - tanto per cambiare - è ancora una volta il comparto del gioco pubblico, che oltre ad essere alla disperata ricerca di rimettere in sesto le proprie attività, dopo un anno e mezzo di pandemia e uno di lockdown che hanno stravolto ogni business plan ed eroso qualunque tipo di riserva economica, si ritrova presto a fare i conti con gli attacchi - forse gratuiti - da parte dei “soliti” detrattori, individuabili in alcune frange del Terzo settore, di stampo evidentemente proibizionista. Stavolta a riportare sotto i riflettori il “problema” dell’azzardo è l’Osservatorio per il contrasto della dipendenza grave, che ha elaborato e inviato al ministero della Salute - Direzione generale della prevenzione sanitaria e agli assessorati regionali della salute, un documento contenente “raccomandazioni per l’adozione di misure urgenti restrittive delle attività che svolgono l’offerta di gioco pubblico legale”. Si tratta - come rivelato in anteprima su queste pagine - di una raccolta di “consigli” (non richiesti) basati su delle non precisate analisi effettuate dallo stesso Osservatorio, dalle quali emergerebbe “un grave incremento del gioco patologico conseguente al riapertura delle imprese di gioco”. Con tanto di invito a intervenire adottando “un'adeguata e rinnovata regolazione di tutta la gamma dei giochi, al fine della prevenzione del Disturbo da gioco d'azzardo” e di “mantenimento del regime di cautela per un possibile riacutizzarsi della pandemia”.
Tutto ciò nonostante le svariate rilevazioni - queste sì documentate - provenienti da più fonti politiche e istituzionali le quali testimoniano il rischio opposto: cioè quello di un grave rischio di sicurezza per i consumatori in caso di prolungata chiusura della rete del gioco legale a causa del proliferare di un’offerta illecita e fuori controllo. Senza alcuna garanzia né di vincite né tanto meno di alcuna possibile tutela o prevenzione nei confronti di possibili derive patologiche. Anzi.
A rendere poi tutto questo ancora più assurdo - e, diciamolo, pure anacronistico - è il fatto che la richiesta inviata alle Regioni arrivi proprio nel momento in cui le amministrazioni locali hanno appena compreso, una volta per tutte, che la loro linea abolizionista perseguita (da chi più e chi meno) attraverso le singole leggi locali si è rivelata un fiasco assoluto e un rischio concreto: al punto da vedersi costretti, in tutti i casi, a fare marcia indietro, concedendo una proroga o sospendendo gli effetti per scongiurare un dramma occupazionale e uno sfracello da punto d vista dell’ordine pubblico e di quella sicurezza che si premuravano di voler tutelare, ma nel modo evidentemente sbagliato. Solo per questo, dunque, sarebbe lecito attendersi che le singole amministrazioni, stavolta, possano ignorare completamente quello che appare un invito alla “sospensione programmata” del gioco legale fornito dall’Osservatorio. Anche per via della formulazione raffazzonata del documento che non sembra neppure chiarire se intende preoccuparsi del rischio i contagio da Covid nei locali di gioco oppure di quello di un aumento del disturbo da azzardo patologico visto che entrambi le tesi risultano non confermare dai fatti. Anzi, al contrario, non solo è stata già invocata da più parti - come dicevamo - la necessità di riaprire i locali di intrattenimento per scongiurare il rischio di isolamento procurato dall’online o - peggio ancora - quello di un rilancio dell’illegalità, ma è stata anche ampiamente dimostrata l’efficacia dei protocolli di sicurezza seguiti dall’industria del gaming al punto da essere ancora oggi un dei rari casi di locali pubblici dove non sono mai stati segnalati dei focolai, in qualunque fase della pandemia e dei processi di riapertura. Di fronte all’evidenza, peraltro, che in nessuna tipologia di locale di gioco si può configurare il minimo rischio di assembramento già in condizioni normali (e per di più in estate), figuriamoci dunque in seguito alla ridefinizione degli spazi in ragione delle misure anti-contagio.
Ecco quindi che i consigli dell’organismo di prevenzione - il quale, sia chiaro, è bene che continui nel suo prezioso lavoro di monitoraggio e segnalazione - questa volta appaiono non solo gratuiti e ingiustificati ma anche del tutto fuori luogo.
Peccato però che come spesso accade di fronte a tutte le crisi e in mano a governi rappresentati da maggioranze estese, dove ogni componente sembra dover dimostrare qualcosa, forse anche ricercando dei diversivi rispetto al tema unico che cannibalizza ogni dibattito rappresentato proprio dalla crisi stessa (in questo caso, la pandemia), anche questa volta il campanello di allarme (ingiustificato) suonato dall’Osservatorio pare aver trovato un uditore nel Ministero della Salute, che a poche ore dal ricevimento del documento in questione ha diramato un regolamento nazionale sul Gap rivolto proprio alle Regioni, le quali vengono chiamate ad adottare misure che “che favoriscano l'integrazione tra i servizi pubblici e le strutture private accreditate, gli enti del Terzo settore e le associazioni di auto-aiuto della rete territoriale locale”.
Ricordando l’effettiva (e sacrosanta) necessità di prevenire e curare i disturbi legati al gioco patologico, ribadendone con l’occasione i numeri reali di diffusione, sulla base delle rilevazioni ufficiali di ormai qualche anno fa. E chissà che non fosse proprio questo l’obiettivo della pubblicazione - apparentemente estemporanea - del decreto, arrivata a poche ore d’ala fuoriuscita della nota dell’Osservatorio. Come a ribadire che la situazione non sia affatto ignorata né tanto meno fuori controllo come spesso si vuole fa apparire. A voler essere ancora più ottimisti, si potrebbe addirittura pensare che l’azione del Ministero voglia o possa essere propedeutica al riordino del gioco sul territorio, con l’obiettivo di raggiungere una vera sostenibilità dell’offerta che il governo ha promesso di voler ottenere durante la legislatura, avviando i lavori a breve. Se così fosse, dunque, si potrebbe ragionare in senso inverso, pensando al documento dell’Osservatorio come conseguenza di questo clima di “ricostruzione”, che coerentemente con l’uscita dalla pandemia e con i lavori in corso in ogni altro settore, potrebbe portare alla riorganizzazione anche del gioco pubblico, facendo abbandonare ogni possibile deriva proibizionista che stava invece prendendo piede durante i precedenti due esecutivi.
Sta di fatto, tuttavia, che comunque si vogliano leggere o interpretare i fatti di questi ultimi giorni, il risultato sembra portare alla solita, identica confusione tipica del nostro paese, soprattutto nella gestione di questo settore: offuscata da tanti pregiudizi e troppi interessi. Nella speranza generale che il governo possa smentire questo sentimento diffuso, attraverso i fatti, e non più soltanto attraverso le parole, come da copione.

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