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Se il Legislatore non c'è, le imprese 'ballano': e rischiano di saltare

02 maggio 2022 - 09:00

L'assenza di regole specifiche per il gaming competitivo affiancata dall'iper-regolamentazione delle sale giochi, fa esplodere una nuova bomba che il regolatore deve disinnescare.

Scritto da Alessio Crisantemi
Se il Legislatore non c'è, le imprese 'ballano': e rischiano di saltare

 

 

Quando nel 2018 il nostro Editore annunciava l'uscita di una testata giornalista (la prima, in Italia) interamente dedicata al fenomeno nascente degli esports, alcuni (molti) – dentro e fuori al settore del gaming – lo avevano considerato una specie di azzardo. Un qualcosa di avanguardistico, forse un eccesso, di fronte a quella che veniva considerata una moda passeggera, se non addirittura una classica bolla. Come pure, poco tempo dopo, quando veniva comunicata l'iniziativa immediatamente successiva, cioè la pubblicazione di un libro dedicato a quello stesso settore, proponendone una trattazione approfondita e una specifica regolamentazione, c'era chi riteneva tutto questo prematuro, se non addirittura fuori luogo. Non tutti, per fortuna: come dimostrano i numeri che attestano un autentico successo editoriale, sia della testata che del libro (realizzato insieme all'Istituto Eurispes e con il contributo dell'Istituto italiano per il credito sportivo, oltre a quello di tanti esperti e addetti ai lavori). Non è infatti un caso se, da li a poco, si è iniziato a parlare di un'esigenza di regolamentazione, spingendo addiritto il Coni a studiare la materia, allo scopo di valutarne l'impatto non solo sullo sport tradizionale (arricchito dalla suggestione di portare questa disciplina alle Olimpiadi), ma più in generale sui giovani e, quindi, sull'intera società. Ed è proprio in questa fase che sono iniziate ad emergere quelle stesse criticità e difficoltà operative che venivano anticipate nel libro (e affrontate quotidianamento sul giornale online) e approfondite attraverso una lettura ragionata, mirata alla creazione di una normativa ad hoc. Tenendo anche conto che, oltre alle varie insidie di carattere giuridico, amministrativo e regolamentare, si potevano già allora ravvisare molteplici opportunità, anche di carattere economico e di business, per gli stackeholder di questa nascente e nutrita filiera, che poteva in parte sovrapporsi anche alla filiera del gioco pubblico tradizionale. Come è poi successo, non solo in Italia, ma in tutto il mondo: e a dimistrarlo sono le varie fiere internazionali del mondo del gaming, dove gli esports sono diventati sempre più protagonisti.
Solo che adesso, nonostante tutti questi movimenti, il lassismo della politica, la noncuranza delle varie istituzioni e della stessa industria del gioco, ha portato alla situazione di questi giorni, che è letteralmente esplosa lo scorso fine settimana, quando l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, spinta dalle sollecitazioni dell'industria del gaming “tradizionale”, ha avviato una serie di controlli nei locali pubblici che hanno portato ad alcuni sequestri di “sale lan”, dove venivano praticamente varie forme di gaming ed esports. Un'iniziativa comprensibile, vista dal mondo del gioco pubblico, (tenendo conto della concorrenza illecita spesso rappresentata da alcune tipologie di locali adibiti a sale giochi, ma senza le necessarie autorizzazioni poiché operanti con Pc e console e non con apparecchi comma 7, come denunciato dagli operatori) ma scioccante, al contrario, se osservata dall'universo degli sport elettronici. Un settore tutt'altro che esiguo e, anzi, sempre più popolato, non solo di giocatori ma anche di imprese, attività e startup, che dopo aver reclamato per anni l'attenzione da parte di tutti, si ritrova col diventare – o, comunque, apparire – quasi fuorilegge: come sembrerebbe emergere dai fatti di cronaca delle ultime ore. E dal tumulto che ne è conseguito nelle ore successive, unito allo sconforto di tanti giovani e giocatori.
Eppure, nonostante tutto questo fosse sotto gli occhi di tutti e ormai da lungo tempo, ci ritroviamo oggi nello stupore più generale di fronte a un'operazione non proprio banale eseguita dall'Amministrazione, che è finita con lo stupire un po' tutti: ma che si dovrà valutare nel tempo e nella sostanza per capire se si possa considerare anche troppo avventata, oppure del tutto giustificata. Sì, perché nella complessità generale del fenomeno, esistono una marea di fattispecie diverse, che necessitano di una trattazione distinta e, soprattutto, di uno studio completo e approfondito, come sollecitiamo da tempo, su queste pagine e su quelle di EsportsMag.it
Sì, perché nel caos generale di queste ore, esploro alla luce dei sequestri, sarebbe bene evidenziare come non tutte le offerte di gioco competitivo nei locali, pubblici o privati, sono da considerare fuori legge: e che non tutte le forme di gioco offerte in determinate sale lan sono da ritenere “esports”. Ma, soprattutto, che gli operatori del comparto Amusement, o del “gioco tradizionale” che dir si voglia, non sono affatto contro gli sport elettronici. Anzi. In tutti i casi, al contrario, sono più che interessati a valutare questo tipo di offerta che è si diversa da quella che sono abiutati a trattare, ma che potrebbe essere integrata, svilupata o comunque offerta all'interno dei loro locali, o in altri dedicati. Non appena si saranno capite (e disciplinate) le modalità.
Peccato però che ancora una volta, l'assenza di regole specifiche figlie di quel lassismo e del malcostume politico di cui sopra (in perfetto stile italiano), ha portato alla creazione di una sorta di limbo normativo, dove ognuno ha cercato una propria interpretazione, per dare sfogo alla voglia di giocare e di competere di tanti giovani, oltre alla necessità di creare nuovi fonti di reddito.
Solo che tutto questo è accaduto proprio nel momento in cui il Legislatore aveva avviato una riscrittura generale delle regole del gioco “tradizionale”, che ha portato a un autentico giro di vite sul settore delle sale giochi, nel quale occorre oggi dichiarare ogni singolo prodotto di gioco presente al loro interno, che deve inevitabilmente essere mologato, certificato e documentato, attraverso specifici nulla osta e dietro al pagamento di specifici contributo (sotto forma di Imposta sugli intrattenimenti). Anche se in questa ricognizione generale del comparto Amusement non è stata compresa in nessun modo l'eventuale offerta di gioco “competitiva”, esercitata attraverso dispositivi “non tradizionali” come possono apparire oggi le console o i pc, normalmente destinati a un uso domestico. Per un'altra faccia di quella stessa medaglia, più volte richiamata su queste pagine, rappresentata dal paradosso del gioco pubblico, che è vittima di una deregulation insita in una situazione di iper-regolamentazione.
Da qui la situazione di crisi e l'emergenza di cui parliamo oggi, che certo non aiuta nello sviluppo del settore degli sport elettronici, ma potrebbe forse contribuire alla nascita di una disciplina specifica per il settore e al completamente di una normativa sostenibile per il comparto Amusement. O, almeno, questo è l'auspicio. Per entrambi i settori, che non possono più aspettare. E ora che è esplosa la bomba, ancora da disinnescare, la soluzione appare ancora più urgente e necessaria. E doverosa, pure, ricordando che c'è chi ne parla (e scrive) già dal 2018. O, volendo, da molto prima, tenendo conto che si tratta soltanto, in un certo senso, di un'ulteriore estensione della sfida rappresentata dal Riordino generale del comparto, all'interno del quale dovrebbero rientrare tutte le forme di gioco. Se mai un giorno lo Stato dovesse decidere di affrontarla davvero.

 

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