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Se ci fosse il partito del gioco pubblico

16 agosto 2022 - 10:20

In vista delle nuove elezioni vengono depositati i simboli e programmi dei partiti: ma nessuno raccoglie le istanze del gioco. Che dovrebbe organizzarsi.

Scritto da Alessio Crisantemi
Se ci fosse il partito del gioco pubblico

 

A chi verrebbe mai in mente di fondare un partito in rappresentanza degli interessi degli operatori del gioco pubblico o, meglio, quelli di quei consumatori che vorrebbero continuare a giocare “liberamente”, tentando la fortuna (in maniera sana), senza doversi scontrare con pregiudizi ed eccessive restrizioni, dovendosi sentire dei “peccatori” o - peggio ancora - dovendo ricorrere all’offerta illegale? Probabilmente a nessuno. Di certo, almeno, non in Italia. Dove il settore è praticamente isolato, di fronte all’opinione pubblica e ai media, quindi tenuto (solo in un certo senso) a debita distanza dalla politica, se non in occasione di qualche campagna elettorale, quando le promesse si sprecano, nei confronti di qualunque comparto economico e di qualunque istanza più in generale. Salvo poi rimanere, nella maggior parte dei casi, delle mere promesse: soprattutto per quanto riguarda questo settore.

Nonostante il mercato del gaming italiano sia uno dei più sviluppati a livello mondiale, dal punto di vista economico, lo stesso non si può certo dire dal punto di vista industriale e della rappresentanza istituzionale. Certo di associazioni, federazioni et similia ce ne sono fin troppe, talune anche particolarmente significative, ma in nessun caso - a quanto pare - risultano incisive, vedendo cosa accade al settore, da una manovra all’altra, di governo in governo, di legislatura in legislatura. Se l’idea di un partito dovesse sembrare davvero qualcosa di troppo insolito, forse addirittura eccessivo, si potrebbe allora guardare al caso del Regno Unito dove, se non altro, la rappresentanza politica del settore è espressa formalmente - e significativamente, pure - in Parlamento dal Betting and Gaming Council, che porta avanti liberamente e in maniera totalmente legittima e trasparente, gli interessi dell’industria e di tutti i suoi lavoratori. Come avviene per tanti altri comparti. Da noi è assolutamente impensabile e, anzi, appare bizzarro anche soltanto sentirne parlare: al punto che qualcuno sarà sobbalzato sulla sedia già leggendo il titolo di questo editoriale.
Eppure l’Italia, oltre ad essere - ahinoi! - caratterizzata da gruppi politici, partiti o movimenti che portano avanti alcune battaglie o proposte palesemente insostenibili (da ricordare, tra le tante, la battaglia campale di alcuni, di tanti anni fa, per il federalismo fiscale, mai attuata e nemmeno perseguita nonostante le esperienze di governo dei suoi stessi promotori, senza per forza tornare sulle varie smodate proposte cavalcate e poi subito archiviare dal Movimento 5 Stelle, come l’abolizione del Parlamento e altre ancora), appare proprio come la terra dove esperienze simili a quelle del Regno Unito non potranno mai essere raccontate. Seppure proprio nel nostro paese siano esistiti anche partiti non propriamente in linea con le esigenze della “morale pubblica”, come quello dedicato (in un certo senso) all’amore che aveva portato addirittura in Parlamento anche le pornostar. In modo curioso, per carità, ma senz’altro legittimo, proprio come vuole la nostra amata Costituzione.
Qualunque cosa, dunque (addirittura, anche chi inneggia al fascismo, quello sì espressamente vietato dalla Costituzione), ma non il gioco pubblico. Nonostante il peso economico che lo stesso Stato (attraverso i governi e parlamenti che si sono succeduti) ha voluto attribuirgli. Salvo poi contrastarne l’effettivo esercizio consentendo interventi “terzi”, a livello locale, minandone le fondamenta ma mettendo a repentaglio la tutela della legalità e, di conseguenza, la sicurezza dei consumatori.
Da noi, invece, non solo non esiste un partito o un movimento di rappresentanza di interessi legittimi e alla pari di quelli di ogni altra industria, ma non esiste neppure un “testimonial” o una figura che possa prenderne le difese. Come dice l’esperto Marco Trucco nel suo articolo pubblicato sulla rivista GIoco News di questo mese, non esiste neppure un “Orsini” di turno che possa prendere posizioni anche molto più semplici e logiche da mantenere, rispetto a quelle che si continuano ad ascoltare oggi in difesa dell’invasione russa dell’Ucraina. O delle campagne no-vax proposte su altri fronti. Segno evidente che il gioco, in Italia, continua ed essere un tabù, nonostante l’altissima propensione degli italiani, che si rivela però una caratteristica innata, o comunque storica e ben radicata, che trova le sue radici ben prima della creazione di un sistema di gioco legale governato dallo Stato, quindi prima relegata per lo più all’illegalità. Salvo qualche eccezione di delega al Codice penale (che per la cronaca, per quanto assurdo possa sembrare, continua ancora oggi a vietare espressamente il gioco d’azzardo), come quelle rappresentare dai quattro casinò o dal secolare gioco del Lotto, che esistono da tantissimi anni. Tutta colpa del Vaticano, diranno alcuni, in un eccesso di sintesi e in un’inopportuna quanto estrema semplificazione. E anche se, forse, la logica potrebbe apparire comunque sensata e magari pure parzialmente fondata, la colpa maggiore rimane comunque quella dell’industria, che in questi ormai circa venti anni di attività non è ancora riuscita ad alzare completamente la testa, nonostante le tante virtù che non è in grado di vantare e neppure di far riconoscere, o più semplicemente valutare. Ma la responsabilità immensa è anche della politica, che in Italia continua ad apparire scarsamente responsabile e altrettanto rappresentativa della realtà del paese, come i risultati elettorali dimostrano ogni volta, a suon di astinenze o proteste espresse ex voto. Come questa legislatura ci avrebbe dovuto ricordare. Ma a quanto pare, no: e anche questa campagna elettorale è iniziata all’insegna del populismo, oltre ad essere figlia proprio della più totale mancanza di responsabilità della nostra classe dirigente. Siamo quindi pronti ad ascoltare ogni tipo di promessa, anche stavolta, pure nei confronti del gioco, già sapendo che mai nessuno potrà e vorrà portare avanti, in nessun modo e in nessuna sede. Finché qualcuno non riuscirà ad organizzarsi, prima o poi, in qualche modo.

 

(Foto: fonte Pxhere.com

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