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Rio2016: dietro al successo del Regno Unito, il contributo del gioco pubblico

23 agosto 2016 - 08:09

Il segreto del successo della Gran Bretagna alle Olimpiadi, secondo nel numero di medaglie dopo gli Stati Uniti è nel contributo (ben sfruttato) proveniente dal gaming.

Scritto da Ac
Rio2016: dietro al successo del Regno Unito, il contributo del gioco pubblico

 

Parliamoci chiaro. Il risultato sportivo ottenuti dalla Gran Bretagna alle olimpiadi di Rio de Janeiro è un autentico trionfo. Oltre ad essere arrivata seconda dietro al (solito) colosso Stati Uniti, il Regno Unito è stato il primo Paese della storia a migliorare nell’Olimpiade successiva il già eccellente risultato dei Giochi disputati in casa. A Londra nel 2012 aveva ottenuto 65 medaglie, oggi 67. Davvero niente male. Soprattutto perché il successo non è affatto casuale, ma è il frutto di un attento e positivo lavoro di gestione politica dello sport. Ed economica, pure. Che interessa da vicino il mondo del gaming. Come evidenziato nei giorni scorsi anche dal Sunday Times che in un articolo di prima pagina ha rivelato come il governo britannico stia addirittura pensando di applicare al Paese gli stessi principi che hanno reso grande lo sport britannico.

 
IL LEGAME TRA GAMING E SPORT - Alla base del successo dello sport britannico c’è un fondo, denominato 'Uk Sport', e finanziato in gran parte dagli introiti della Lotteria nazionale. Secondo il meccanismo – più volte citato anche nel nostro paese, ma mai realmente perseguito, delle cosiddette 'good causes': le buone cause alle quali vengono destinati i proventi del gioco da parte del governo, tra le quali rientra appunto lo sport nazionale. Il fondo per lo sport fu istituito dal primo governo di Tony Blair, nel 1997, e col tempo si stanno raccogliendo i frutti. Oggi, un quinto delle entrate della della National Lottery viene impiegato in questo modo.
Oltre ai denari (in questa pagina, la ripartizione dei fondi per ogni sport) , tuttavia, c'è dietro una chiara e sacrosanta scelta politica, orientata al merito e basata su un principio molto semplice: finanziare chi vince o progredisce, togliere a chi ha fallito. All’inizio di ogni quadriennio olimpico lo 'Uk Sport' stabilisce quali e quanti fondi vanno dati a ciascuna federazione e quali sono gli obiettivi da raggiungere. E i Giochi danno i verdetti del campo. Chi vince o si migliora vede confermati o aumentati i suoi fondi, che per le Olimpiadi di Rio ammontavano a poco più di 400 milioni di euro. Chi perde li vede ridotti se non, addirittura, cancellati. Lo scopo è quindi quello di finanziare l’eccellenza. Con risultati più che concreti e assolutamente tangibili. Per fare un esempio, dopo Londra 2012, grazie alle 12 medaglie ottenute nel ciclismo, i fondi per la federazione vennero aumentati del 16 percento, mentre quelli a favore del tennis tavolo furono completamente azzerati. Paradossalmente però con questo criterio alcuni degli sport più praticati in Gran Bretagna, come il basket e la pallavolo, non vengono finanziati.
A rilanciare il modello è però la nuova premier Theresa May, convinta che aiutare tutti sia solo fonte di mediocrità generalizzata, e per questa ragione sembra intenzionata ad applicare la strategia olimpica anche in campo industriale. Finanziando quei settori che costituiscono le punte d’eccellenza dell’economia britannica e abbandonando al loro destino il resto, dato che il soldi dell’Unione europea, che tengono in piedi tante attività britanniche, sono destinati a breve a scomparire. Lo stesso Rod Carr, leader di Uk Sport, ha detto nei giorni scorsi: “La nostra visione è quella di ispirare la nazione attraverso il successo olimpico e paralimipico”. Per un nuovo modello da seguire nel Regno Unito post-Brexit. E chissà se anche in ambito industriale verrà previsto un contributo da parte dei giochi.
 
IL CONFRONTO TRA ITALIA E UK - L’edizione brasiliana dei Giochi olimpici può essere quindi visto anche come un successo economico per lo sport britannico, come non si può invece dire per l'Italia. Come analizzato dall'Independent, ogni medaglia è costata ai contribuenti inglesi 4 milioni di sterline (cioè circa 4.6 milioni di euro), ovvero significativamente meno rispetto ai 14.5 milioni calcolati per la campagna di Rio 2016 per l’Italia sul budget 2015 (59.1 milioni per medaglia se invece considerassimo gli investimenti pubblici totali nei 4 anni che hanno preceduto la kermesse di Rio, ovvero 1.65 miliardi di euro).
L’investimento di Uk Sport nel periodo 2013-2017 è stato di 543 milioni di sterline. I contributi pubblici incassati dal Coni nel solo arco temporale 2013-2015 sono stati di 1 miliardo e 238 milioni di euro.
Il 40 percento dei finanziamenti arriva direttamente dalle tasche dei risparmiatori, scrive la Bbc: equivale a circa 80 sterline l’anno per cittadino. A Pechino gli sport che hanno portato più medaglie (atletica, ciclismo, canottaggio, vela e nuoto) avevano ricevuto la metà dei contributi, e hanno portato 36 delle 47 soddisfazioni olimpiche.
 
SCENARIO POSSIBILE ANCHE NELLA PENISOLA - Del resto, come già evidenziato qualche anno fa dallo studio condotto dall'Istituto Bruno Leoni per Confindustria, il modello britannico è quello da cui l’Italia può effettivamente trarre qualche suggerimento per l’ulteriore affinamento della propria disciplina fiscale e regolamentare. Questo perché Italia e Regno Unito sono i due paesi europei col mercato dei giochi meglio regolato e più esteso. Rilevando tuttavia come quel che manca all’Italia è "la capacità di distribuire valore a partire dai giochi in un modo che sia trasparente e pre-programmato". Al contrario, per quanto riguarda l’aspetto regolatorio, è il Regno Unito a voler seguire il modello Italiano, e nello specifico in relazione all’assegnazione di licenze anche a quegli operatori con sede nello spazio economico europeo ma che offrono gioco ai residenti britannici.
'BUONE CAUSE' ANCHE DA NOI - Il modello delle good causes britanniche, comunque, non è del tutto estraneo al nostro Paese, benché, come spesso accade, in Italia esso sia connotato da asistematicità e incongruenza. Per fare un paio di esempi, il gioco del Lotto già alimenta un fondo con il quale il Ministero dei beni e delle attività culturali finanzia a cadenza triennale importanti interventi di recupero e conservazione del patrimonio culturale. Non solo. Per la ricostruzione dell’Abruzzo post-terremoto, il decreto omonimo ha introdotto disposizioni per aumentare il gettito erariale dai giochi di 500 milioni annui da destinare allo scopo. Anche se i risultati di questa destinazione di scopo territoriale, rimangono ancora oggi controversi, con la regione Abruzzo che lamentava di non aver ricevuto i fondi promessi dal decreto a partire dai giochi, probabilmente incamerati dallo Stato e mai distribuiti alla municipalità locale. Ma come detto in principio parlando di Regno Unito, oltre a un sistema economico adeguato, occorre una chiara volontà e organizzazione politica.
Comunque, guardando ancora al modello 'misto' italiano dei finanziamenti, c’è anche il vincolo di destinazione su parte del gettito da Preu che nel tempo ha finanziato anche lo sport e in particolare il Coni con 403,8 milioni nel 2013 e l’ippica (l’ex Assi, a sua volta ex Unire con 17,5 milioni di euro nel 2013). Secondo l'Istituto Bruno Leoni, quindi, c’è uno spunto che si potrebbe trarre dall’esperienza del Regno Unito è che tutti i percettori di valore della filiera del gioco, incluso soprattutto lo Stato, dovrebbero contribuire nel farsi carico delle “devianze” da esso generate. Per cui l’idea di un fondo alimentato volontariamente dall’industria, sulla scorta del Responsible Gambling Trust britannico, andrebbe approfondita da governo e stakeholders in maniera pragmatica e realista, se del caso prevedendo degli sgravi d’imposta per i contributori. Del pari, scriveva l'Istituto di ricerca guà all'epoca, "lo Stato dovrebbe vincolare una parte maggiore del gettito fiscale che già introita per finanziare progetti di recupero sul territorio, così ponendo fine al contenzioso con gli amministratori locali ed evitando che la regolazione del gambling si sviluppi disarmonicamente e a macchia di leopardo sul mercato nazionale". Chissà che non sia il caso di pensarci nuovamente.

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