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Vaccari: un tandem pubblico-privato per il rilancio dell'ippica

05 agosto 2017 - 08:33

La riforma del settore ippico, secondo il senatore Stefano Vaccari, deve passare per una serie di step come il corretto svolgimento delle corse, la lotta al doping e alle infiltrazioni criminali.

Scritto da Sara Michelucci
Vaccari: un tandem pubblico-privato per il rilancio dell'ippica

La situazione dell'ippica italiana, anche alla luce dei problemi occupazionali che stanno emergendo e della chiusura di ippodromi storici, torna a investire l'attenzione politica. Il ministro Maurizio Martina ha assicurato che l'articolato sull'ippica al Collegato Agricolo sarebbe pronto, ma cosa si auspica per il rilancio del settore? Lo abbiamo chiesto al senatore Pd, Stefano Vaccari, da tempo attivo sul tema.

“Quando vedrò il testo esprimerò un giudizio più compiuto, ma confido nelle buone intenzioni espresse dal ministro Martina. Fra l'altro l'impegno a completare il rilancio del settore ippico è contenuto anche nella proposta di riordino del settore dei giochi che il Governo ha formulato alla Conferenza Unificata”.

A suo avviso quali sono gli elementi fondamentali per riformare il settore ippico e dargli nuovo slancio?

“Innanzitutto la riforma non si può permettere di disperdere 150 anni di storia dell'ippica nel nostro Paese. Una storia con anche delle macchie ed errori soprattutto negli organismi di gestione che non vanno ripetuti, ma che lega il nome del nostro Paese in tutto il mondo a questa tradizione sportiva, che ha portato anche a risultati olimpici e internazionali di indubbia importanza. La 'cultura del cavallo' soprattutto in alcune regioni del Paese come la Sardegna, è un elemento identitario che intreccia le feste religiose o pagane, l'economia degli allevamenti, l'attività sportiva e di abilità, che non si può cancellare. Pertanto io mi immagino uno Stato che indica regole e indirizzi, mantiene la funzione di controllo (rendendola più efficace di oggi) e delega quella di gestione ad un soggetto terzo, dove gli operatori devono essere i protagonisti per le competenze e le capacità che hanno accumulato sul campo. L'obiettivo deve essere per tutti quello di qualificare il settore, riportando le corse ad essere attrattive per il grande pubblico, perché in grado di garantire in modo trasparente il rispetto delle norme antidoping, il contrasto all'illegalità nella gestione e nelle scommesse, il benessere animale”.

Quanto conta la riforma delle scommesse e quanto l'elemento sportivo?

“La riforma delle scommesse è un elemento fondamentale. Ora ci si basa su un sistema che è fermo a regole scritte negli anni '70. Anche qui serve qualificare, alzare l'asticella per evitare incursioni di sistemi organizzati illegali e non lasciare la prerogativa della giocata solo agli esperti, ma allargare l'accesso prendendo spunto da altre esperienze di altri Stati europei come le lotterie dedicate. L'elemento sportivo si tiene con quello delle scommesse: se voglio attrarre pubblico la competizione sportiva deve essere di alto livello, trasparente e svolta nel rispetto della legalità e dei diritti dei lavoratori e degli animali”.
Gli ippodromi a suo avviso che ruolo hanno in tutto questo e come vanno riformati?
“Gli impianti dove si svolgono le competizioni devono essere sempre più spazi polivalenti, anch'essi da mettere in sicurezza favorendo gli investimenti, dotandoli di servizi ed attività per le famiglie, come è capitato per alcuni stadi di calcio”.
La soluzione “privatistica” per l'ippica la convince?
“No, non mi convince. Così come non mi convince la 'statalizzazione' se mi passa il termine. La soluzione più idonea a mio avviso è quella che ho indicato sopra: il pubblico che detta le regole e fa i controlli e il privato che gestisce in modo trasparente e partecipato”.
Per quanto riguarda il tanto discusso tema delle classificazione degli ippodromi, quali sono i parametri che a suo avviso andrebbero adottati?
“Su questo tema in un paio di occasioni ho interrogato il ministro per capire le ragioni di una mancata attuazione dei nuovi criteri di classificazione già nel 2017, anziché uno slittamento al 2018. Il lavoro di revisione fatto dal ministero su criteri obsoleti aveva portato a un punto di mediazione concordato con gli operatori che rimetteva un po' di ordine riconoscendo gli impianti più virtuosi che negli anni hanno cercato di qualificare l'offerta al pubblico e adeguare gli spazi destinati ai cavalli”.
In Italia pensa che gli ippodromi siano in un numero eccessivo rispetto alla reale domanda?
“Senza dubbio la situazione di stallo del settore degli ultimi decenni non ha giovato al sistema e ha messo in crisi di pubblico molti impianti. Se si avvia con determinazione il rilancio andrà garantito un tempo massimo per adeguarsi a chi sceglierà di farlo e accompagnando, assieme ai comuni, la riconversione degli impianti che non riusciranno a garantire gli standard minimi”.
Per quanto riguarda la convenzione con le società di corse, invece, cosa auspica?
“Spero che non si butti a mare il lavoro fatto tra il 2015 e il 2016 tra ministero e società per rivedere i parametri che determinano la contribuzione annuale, arrivando a definire anche meccanismi di graduale riduzione dell'intervento pubblico al fianco di una diversa gestione del sistema delle scommesse”.
È d'accordo sull'introduzione di altri giochi negli ippodromi per richiamare pubblico o serve fare altro?
“Non sono d'accordo. Il tema non è introdurre nuovi giochi ma rendere quelli che ci sono più trasparenti, popolari e puliti. Negli ippodromi italiani già oggi ci sono bellissime esperienze di coinvolgimento dei bambini in tante attività anche di educazione nel rapporto con i cavalli, a corollario delle corse che andrebbero replicate”.
Il tema del corretto svolgimento delle corse, del doping e della lotta alle infiltrazioni criminali che peso ha?
“Come ho precisato prima, tutti questi devono essere elementi qualificanti del progetto di rilancio del settore senza i quali la riforma sarà monca”.

 

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