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Proroga concessioni bingo, Consulta: 'Altri 90 giorni per deposito relazioni'

31 luglio 2020 - 15:31

La Corte costituzionale concede a Mef, Adm e Ufficio parlamentare di bilancio altri 90 giorni per depositare la relazione informativa sulla proroga delle concessioni per il bingo.

Scritto da Redazione
Proroga concessioni bingo, Consulta: 'Altri 90 giorni per deposito relazioni'

Alla fine, la Corte costituzionale ha deciso di accordare al ministero dell'Economia e delle finanze, all'Agenzia delle dogane e dei monopoli e all'Ufficio parlamentare di bilancio più tempo per depositare la relazione informativa sulla proroga delle concessioni per il bingo. 

Secondo quanto si legge nella nuova ordinanza del 22 luglio, la Consulta assegna ai tre enti “il termine di 90 giorni dalla comunicazione dell'ordinanza per il deposito presso la Cancelleria delle rispettive relazioni informative in ordine alle circostanze specificate nell'ordinanza del 26 marzo”.

 

La Corte costituzionale lo scorso 26 marzo aveva chiesto il deposito della documentazione entro 120 giorni, con particolare riferimento ai profili economici-finanziari relativi alla genesi e all’applicazione dell’articolo 1, comma 1047, della legge di Stabilità 2018 che ha modificato l’articolo 1, comma 636, della legge di Stabilità 2014 innovando la disciplina del regime di proroga tecnica delle concessioni scadute o in scadenza, in virtù della quale l’Agenzia delle dogane e dei monopoli con la circolare prot. n. 2018/ 2115 dell'8 gennaio 2018 ha comunicato ai concessionari del Bingo che “le somme mensili dovute dai concessionari per la prosecuzione in proroga della gestione delle concessioni sono rideterminate in euro 7.500 ed euro 3.500 rispettivamente per ogni mese o frazione di mese superiore a quindici giorni ovvero per ogni frazione di mese inferiore a quindici giorni”e che “pertanto, a far data dal 1° gennaio 2018 sono tenute a versare gli importi rideterminati anzidetti ferme restando le modalità e i termini di versamento ad oggi previsti”.
 
Nel marzo 2019 il Tar Lazio aveva rimesso alla Corte costituzionale le questioni di legittimità costituzionale relative alla norma, ritenendo che la modifica sembrerebbe aver "violato, anzitutto, l’articolo 3 della Costituzione, in quanto la disposizione in esame costituisce una legge-provvedimento che sembra incidere irragionevolmente su un gruppo di operatori economici precisamente determinato”.

E sembrerebbe violato "anche l’articolo 41 della Costituzione, atteso che la libertà di iniziativa economica privata è da ritenere compromessa a causa dell’impossibilità per gli operatori di compiere consapevolmente le proprie scelte economiche, rimanendo essi soggetti di fatto a un regime che reputano troppo gravoso, cui tuttavia non possono realmente sottrarsi, non essendo dato stabilire quando potranno eventualmente rientrare nel mercato, a seguito della partecipazione alla nuova gara”.
 

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