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La discriminazione continua

02 novembre 2020 - 10:29

Come se non bastasse il secondo lockdown del gioco pubblico e le enormi disparità create sul territorio dalle norme regionali, il comparto continua ad essere discriminato anche nei ristori.

Scritto da Alessio Crisantemi
La discriminazione continua

Nessuno verrà lasciato solo, diceva il premier Giuseppe Conte, annunciando i provvedimenti di “ristoro”, come vengono oggi definiti gli aiuti concessi dall'esecutivo alle categoria colpite dalla crisi economica provocata dalla pandemia e dal lockdown. Nessuno, eccetto gli operatori del gioco, verrebbe da dire. Tenendo conto delle troppe “distrazioni”, per usare un eufemismo, che continuano ad accompagnare in maniera quasi sistematica ogni provvedimento che riguarda il settore. L'ultima “dimenticanza” da parte del governo e dei tecnici che predispongono le norme in questa fase di emergenza, riguarda i codici Ateco contenuti all'interno del decreto “Ristoro” il quale, come noto, non solo esclude il codice relativo alle imprese dei gestori di apparecchi da intrattenimento (pur essendo queste, ricordiamolo, le più colpite dalle restrizioni) ma, addirittura, la maggior parte di loro che gestisce anche una o più sale, essendo prevalente l'attività di gestione (con codice 92.00.02 da inserire nella richiesta del contributo) perde anche il diritto al ristoro sulla chiusura delle sale, stante l'attuale formulazione del provvedimento di legge.

Nel nuovo decreto appena varato dal Consiglio dei Ministri si prevede espressamente, all’articolo 1, il riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti che dichiarano di svolgere come attività prevalente una di quelle riferite ai codici Ateco contenuti all’allegato 1 dello stesso Decreto-Legge, che più di altre stanno subendo limitazioni e restrizioni a seguito delle ulteriori misure di contenimento del contagio adottate dal Governo. Sebbene in tale allegato siano presenti alcune categorie di operatori di raccolta di giochi pubblici, effettivamente colpite dalle misure restrittive in vigore (nello specifico, quelle riferite al codice 93.29.30 delle “sale giochi e biliardi”, così come quelle afferenti al codice 92.00.09 relativo alle “altre attività connesse con le lotterie e le scommesse”), il grande assente continua a essere il codice Ateco 92.00.02: quello cioè relativo alle imprese di gestione e noleggio di apparecchi.

Nonostante anche questa categoria, com'è evidente, risulta duramente colpita dalle chiusure imposte dall’ultimo Dpcm e, soprattutto, risulta già affossata dal precedente lockdown di primavera, che è durato ben oltre quello di qualunque altra attività. Per questa ragione, le associazioni di categoria che rappresentano gli operatori degli apparecchi si sono subito mosse per segnalare l'anomalia (grave) che risulta ancora una volta discriminatoria per chi lavora nel comparto, anche in virtù della possibilità – sancita dall’articolo 1 comma 2 del Decreto 137/2020 - che prevede la possibilità di integrare l’Allegato relativo ai codici Ateco inclusi nel provvedimento con ulteriori codici di attività, in modo da poter vedere effettivamente riconosciuto il contributo a fondo perduto anche a tale categoria. Un'istanza che il governo non potrà fare a meno di accogliere, continuando a dimenticare gli operatori del gioco pubblico, tenendo anche conto delle ulteriori restrizioni che potranno arrivare nelle prossime settimane, fino ad arrivare, addirittura, alla serrata pressoché totale di ogni attività di gioco, proprio come la scorsa primavera, per mano dello stesso governo o, in alternativa, da parte degli enti locali. Sì, perché, a non dimenticarsi mai del gioco pubblico e dei suoi addetti, ma in direzione del tutto opposta, sono gli amministratori regionali, che mettono sempre in prima posizione le attività di intrattenimento quando si tratta di introdurre limiti, chiusure o restrizioni. Come hanno dimostrato la Lombardia, l'Umbria o la Basilicata, dove una delle principali urgenze delle rispettive amministrazioni è stata proprio quella di interrompere le attività delle sale da gioco e – addirittura – anche quella delle slot nei bar. Nonostante l'inesistenza di assembramenti, mai ravvisati all'interno di questo tipo di locali, né tanto meno di alcun focolaio mai riscontrato in nessuna parte della Penisola, all'interno di sale giochi o pubblici esercizi.
Ma anche in questo caso, purtroppo, non sono le evidenze scientifiche a dettare la linea nella gestione dell'emergenza. Per quanto assurdo possa essere, ma tant'è. Per lo sconforto più totale degli addetti ai lavori, che già devono confrontarsi con l'enorme dilemma relativo al proprio futuro, in uno scenario di crisi assolutamente senza precedenti e, a quanto pare, senza alcuna certezza. Dove l'unico buon auspicio, sia pure a sorpresa, è arrivato nelle scorse ore dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli dopo che il direttore generale Marcello Minenna ha depositato un suo programma ufficiale di riordino del gioco pubblico, chiedendo al governo la delega a operare una riforma complessiva, che tenga conto di tutte le esigenze del caso. Con un piano sicuramente restrittivo rispetto allo scenario precedente e attuale del gioco pubblico, in termini di mercato, ma che avrebbe comunque il grande merito di risolvere le anomalie che oggi gravano sul comparto, rendendolo finalmente sostenibile, per tutti. E scusate se è poco. Ma forse, fin troppo bello per essere vero, cioè realizzato.
 

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