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Tassa 500 milioni, Corte costituzionale: 'Tar valuti legittimità'

13 giugno 2018 - 13:35

La Corte costituzionale rimette al Tar Lazio valutazioni su legittimità costituzionale della tassa dei 500 milioni introdotta con legge di Stabilità 2015.

Scritto da Fm
Tassa 500 milioni, Corte costituzionale: 'Tar valuti legittimità'

 


"In questa situazione così profondamente modificata in melius − sia per i concessionari, inizialmente obbligati (dalla disposizione censurata) essi soli per l’intero ed ora (in forza della disposizione sopravvenuta) obbligati unitamente a tutti gli altri operatori della filiera, tenuti anch’essi in misura proporzionale ai compensi contrattuali del 2015; sia per gestori ed esercenti, inizialmente tenuti a riversare l’intero ricavato delle giocate, senza possibilità di trattenere il compenso loro spettante, ed ora obbligati anch’essi, ma solo in misura proporzionale ai compensi contrattuali del 2015 − è mutato, di conseguenza, anche il presupposto della non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità, sicché si impone la restituzione degli atti al giudice rimettente per valutare, in tutti i giudizi a quibus, se permangano, o no, ed eventualmente in quali termini, i dubbi di legittimità costituzionale originariamente espressi nell’ordinanza di rimessione".

Lo dispone la Corte costituzionale nella sentenza con cui si esprime nei giudizi di legittimità costituzionale della cosiddetta "tassa dei 500 milioni" introdotta con la Stabilità del 2015, vale a dire l’art. 1, comma 649, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)", promossi dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con sedici ordinanze del 16 dicembre 2015 e sei del 17 novembre 2015, iscritte ai numeri da 144 a 153, da 158 a 160 e da 164 a 171 del registro ordinanze 2016 e al n. 80 del registro ordinanze 2017 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 35, 36, 37 e 38, prima serie speciale, dell’anno 2016 e n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2017.
 
 
A questo proposito, ricordano i giudici della Corte costituzionale, "nelle ordinanze di rimessione il Tar Lazio formula argomentazioni sostanzialmente coincidenti a sostegno dei sollevati dubbi di legittimità costituzionale".
 
 
Le controversie "riguardano il gioco lecito praticato ai sensi dell’art. 110, sesto comma, lettere a) e b), del Tulps, in riferimento al quale sono selezionati mediante procedure ad evidenza pubblica i soggetti cui affidare in concessione la realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco mediante apparecchi del tipo Amusement with prizes (Awp) e Video lottery terminal (Vlt).
Il Tar rimettente ritiene che la disposizione censurata si ponga in contrasto con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza per contraddittorietà intrinseca della disposizione, in quanto l’intervento legislativo ‒ avvenuto in dichiarata anticipazione del più organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera, nell’ambito della rete di raccolta del gioco per conto dello Stato, ed in attuazione dell’art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita), che prevede la 'revisione degli aggi e compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori secondo un criterio di progressività legata ai volumi di raccolta delle giocateì − ha stabilito la riduzione delle risorse statali a titolo di compenso, in 'quota proporzionale al numero di apparecchi riferibili [ai concessionari] alla data del 31 dicembre 2014'; in tal modo ha ancorato il criterio di ripartizione dei compensi ad un dato fisso, qual è il numero degli apparecchi riferibili a ciascun concessionario al 31 dicembre 2014, o in sede di ricognizione successiva, e non piuttosto ad un dato di flusso, quale i volumi di raccolta delle giocate".

DISPOSIZIONI IN CONTRASTO CON LA COSTITUZIONE - Inoltre "la disposizione censurata violerebbe l’art. 3 Cost., ed in particolare il principio di uguaglianza e di ragionevolezza, in quanto, posto che il riferimento al numero degli apparecchi non è indicativo del reddito conseguito da ciascun concessionario, l’intervento del legislatore presume, irragionevolmente, che ciascun apparecchio abbia la stessa potenzialità di reddito, là dove quest’ultima dipende, invece, da una molteplicità di fattori. La irragionevole ripartizione del versamento imposto ai concessionari può – secondo il Tar − produrre un’alterazione del libero gioco della concorrenza tra gli stessi, favorendo quelli che in presenza di una redditività superiore per singolo apparecchio, si trovano a versare, in proporzione al volume di giocate raccolte, un importo minore, per cui possono destinare maggiori risorse agli investimenti, nonché gli operatori del settore dei giochi pubblici diversi da quelli contemplati dalle lettere a) e b) dell’art. 110 del Tulps.
Altresì la disposizione censurata contrasterebbe con l’art. 41 Cost., sotto il profilo della violazione del principio di libertà dell’iniziativa economica privata. I soggetti privati che, nell’intraprendere l’attività di impresa, sostengono consistenti investimenti, devono vedere tutelata la legittima aspettativa ad una certa stabilità nel tempo del rapporto concessorio.
Osserva ancora il rimettente che il previsto meccanismo di inversione dei flussi di pagamenti aumenta il rischio, cui sono esposti i concessionari, del mancato adempimento delle obbligazioni gravanti sugli altri operatori della filiera, senza che da tale mancato adempimento derivi il venir meno dell’obbligo dei concessionari di versare allo Stato l’importo di 500 milioni di euro concernente l’intera filiera.
Infine, con specifico riferimento ai gestori, il Tar del Lazio ritiene che la disposizione censurata violi gli artt. 3 e 41 Cost., sotto il profilo del mancato rispetto del principio di ragionevolezza e di libertà dell’iniziativa economica, in quanto il nuovo meccanismo disegnato dalla norma comporta che l’erogazione del compenso ai gestori, a differenza che per i concessionari, sia rinviata nel tempo e sia subordinata alla sottoscrizione dei contratti rinegoziati con gli stessi. Inoltre impone autoritativamente a detti gestori, in posizione di minore forza contrattuale rispetto ai concessionari esercenti pubbliche funzioni, di rinegoziare i contratti e, in caso di mancata rinegoziazione, prevede che nessun compenso possa essere loro erogato, anche se maturato nella vigenza di un precedente contratto di diritto privato".
 
 
TAR CHIAMATO A DECIDERE - "I suddetti vari giudizi incidentali - si legge ancora nella sentenza della Corte costituzionale - vanno riuniti per connessione oggettiva e soggettiva, atteso che le ordinanze di rimessione investono la stessa disposizione, censurata con argomentazioni sovrapponibili.
Quanto all’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale deve considerarsi che il Tar rimettente è chiamato a decidere della legittimità del menzionato decreto direttoriale dell’Adm sul presupposto della sussistenza di una situazione giuridica tutelata non solo dei concessionari, ma anche dei gestori. La valutazione di rilevanza operata dal Tar è plausibile perché, anche se il decreto impugnato riguarda direttamente solo la posizione dei concessionari, i gestori sono anch’essi interessati atteso che l’onere, come ripartito tra i concessionari, non può non riflettersi sui gestori in sede di rinegoziazione.
La disposizione censurata è costituisce il parametro di legittimità dell’atto impugnato e quindi certamente il Tar ne deve fare applicazione.
Inoltre il mancato esame di altri motivi di illegittimità del provvedimento impugnato, indicati nei distinti ricorsi introduttivi dei giudizi innanzi al Tar, non è preclusivo dell’ammissibilità della questione. Nel giudizio di costituzionalità non è sindacabile l’ordine logico secondo il quale il rimettente reputa, con motivazione non implausibile, di affrontare le varie questioni o i motivi di ricorso portati al suo esame (sentenza n. 132 del 2015).
Sussiste quindi la rilevanza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale".
 
 
 

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