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Dirty Soccer, Cassazione: 'Revocare arresti domiciliari, mancano prove'

03 marzo 2016 - 16:06

I giudici della Corte di Cassazione revocano gli arresti domiciliari all'imprenditore Nerjaku Edmond coinvolto nell'operazione Dirty Soccer sulle combine in Lega Pro.

Scritto da Redazione
Dirty Soccer, Cassazione: 'Revocare arresti domiciliari, mancano prove'

 


Nessuna prova a sostegno delle accuse. Con questa motivazione i giudici della Corte di Cassazione hanno accolto in parte il ricorso dell'imprenditore Nerjaku Edmond contro l'ordinanza del tribunale libertà di Catanzaro per il suo coinvolgimento nell'operazione Dirty Soccer riguardante l’alterazione di incontri di calcio per il campionato di Lega Pro, quale scommettitore/finanziatore di alcune combine. 


LA CUSTODIA CAUTELARE - Le motivazioni della disposizione della custodia cautelare sono ricordate dalla stessa Corte di Cassazione. "Con ordinanza del 25 giugno 2015 il Tribunale di Catanzaro, adito in merito all'istanza di riesame proposta da Nerjaku Edmond contro la misura cautelare della custodia in carcere disposta dal giudice tutelare dello stesso Tribunale perché gravemente indiziato di far parte di una associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di frodi in competizioni sportive ed in truffe, frode sportiva ed estorsione, aveva sostituito la misura impugnata con quella degli arresti domiciliari confermando nel resto il provvedimento impugnato. A sostegno della sua decisione il tribunale osservava che l'indagato era accusato di far parte di una associazione a delinquere operante a livello internazionale con lo scopo di commettere frodi in competizioni sportive, truffe, estorsioni e sequestri di persone a scopo estorsivo".

 

Secondo l'accusa "detta organizzazione si sarebbe adoperata per alterare i risultati di gare calcistiche del campionato di Lega Pro, realizzando vincite attraverso scommesse collegate a tali gare, 'combinate' con la corruzione di calciatori e dirigenti sportivi; il ricorrente, in particolare, sarebbe stato coinvolto nella frode collegata all'incontro di calcio L'Aquila-Tuttocuoio ed all'estorsione finalizzata al recupero della somma illecitamente ma non utilmente investita in essa".

IL RICORSO - Secondo il legale di Nerjaku Edmond però "la motivazione sviluppata dal Gip sarebbe stata in contrasto con le esigenze di completezza imposte dalle norme di riferimento; le lacune del giudice di prima istanza non risultano poi per nulla colmate dal tribunale; in riferimento al reato associativo, la motivazione nulla dice in ordine alla partecipazione dell'indagato se non formulando una semplice espressione, apodittica e priva di reale contenuto motivo; le captazioni rivelano il ruolo associativo, questo dice l'ordinanza e nulla più; nessuna indicazione specifica di tali captazioni né, tanto meno, alcuna illustrazione delle ragioni per le quali esse sarebbero così probanti; analogamente dove si contesta l'estorsione e dove anche si illustra apoditticamente la conclusione senza indicazione alcuna degli indizi su cui poggia tale conclusione; neppure in riferimento alla frode sportiva (peraltro non riuscita) relativa all'incontro di calcio L'Aquila Tuttocuoio, il tribunale indica le fonti indiziarie del suo convincimento di ricorrenza della richiesta gravità indiziaria". Col secondo motivo di ricorso denuncia ancora la difesa ricorrente violazione dell'art. 185 c.p.p. e vizio della motivazione sul punto, sul rilievo che l'ordinanza di custodia cautelare del Gip calabrese sarebbe inficiata da nullità derivata, perché annullata dal Tribunale di Genova quella emessa dal Gip di Savona, territorialmente incompetente, in quanto non nuova, rispetto a quella annullata, la misura assunta poi dall'autorità calabrese ai sensi dell'art. 27 del Codice di procedura penale.

LA SENTENZA - Secondo i giudici della Cassazione, il ricorso è fondato nel suo primo motivo di ricorso e viceversa infondato in riferimento alla doglianza processuale affidata alla seconda censura. La Corte sottolinea "la palese genericità della motivazione impugnata, considerato che non viene mai indicata la fonte indiziaria dell'assunto fatto proprio dal tribunale a sostegno del sillogismo logico giustificativo delle sue conclusioni. L'ordinanza in esame infatti si dipana in una prima parte, di due pagine, genericamente dedicata alla descrizione di massima del fenomeno nel quale si cala il processo ed in tale ambito si afferma che il ricorrente si inserisce in una delle due associazioni per delinquere finalizzate alle frodi sportive ed altro identificate dagli inquirenti, indicando sodali, partecipi e saltuari concorrenti nei singoli reati; nella terza pagina si tratta più dappresso la figura del ricorrente, evocando fatti di frode sportiva collegati agli incontri Pro Patria-Pavia, Livorno-Brescia, Crotone-Catania, non riportati nella contestazione a carico dell'indagato; dalla quarta pagina si affronta invece l'accusa relativa alla partita di calcio l'Aquila-Tuttocuoio, descritta nei suoi profili fattuali ma senza alcuna indicazione probatoria a sostegno dell'accusa rubricata, se non genericamente richiamando, 'conversazioni ed incontri da cui emerge la combine', e la pretesa estorsiva dell'indagato per la restituzione dei soldi investiti nella scommessa non andata a buon fine.  Quanto all'accusa associativa poi, la stessa, per il tribunale, sarebbe giustificata dal ruolo ricoperto dal ricorrente di finanziatore delle combine e risulterebbe indiziariamente sostenuta dal 'materiale intercettivo', non indicato nello specifico e pertanto sottratto alla possibilità del controllo difensivo nonché alla successiva valutazione del giudice dell'impugnazione. Alla pag. 6 infine, l'ultima dell'ordinanza, il tribunale torna all'incontro di calcio tra l'Aquila ed il Tuttocuoio per affermare che la relativa combine 'si regge su una solida piattaforma investigativa avendo il contenuto delle intercettazioni un significato univoco', confermato dalla successiva estorsione consumata dal ricorrente per recuperare il denaro scommesso, estorsione anch'essa provata 'dall'invio di numerosi sms e contatti telefonici'. Tanto premesso, evidenzia la corte che vertesi, nella fattispecie, in un tipico esempio di motivazione apparente, di sviluppo cioè costruito su apodittiche conclusioni mai collegate a fonti indiziarie specificamente indicate nella loro sostanza probatoria e dimostrative dei dati del sillogismo logico giustificativo di esse. L'ordinanza impugnata, va, in conclusione, cassata con rinvio al Tribunale di Catanzaro affinché provveda, in piena libertà di giudizio, alla valutazione motivata della sussistenza o meno, a carico dell'indagato, della gravità indiziaria richiesta dalla legge come requisito della misura cautelare per cui è causa, puntualmente e specificamente indicando le fonti di prova e quanto in esso rappresentato o contenuto", concludono i giudici.
 

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