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Consiglio di Stato riammette esercente in elenco operatori gioco

10 dicembre 2015 - 10:56

Per il Consiglio di Stato i Monopoli non avrebbero svolto necessari accertamenti per verificare pendenze penali prima di cancellare l'esercente da elenco operatori di gioco

Scritto da Redazione GiocoNews
Consiglio di Stato riammette esercente in elenco operatori gioco

 

"L'Amministrazione era tenuta a valutare la consistenza del comportamento oggetto del procedimento penale, apprezzandone discrezionalmente l'incidenza della condanna sulla sua moralità professionale, con riferimento al tipo di reato commesso, fornendo, in relazione alla decisione adottata, adeguata e congrua motivazione. Nella specie viceversa si è proceduto ad un meccanico automatismo, inferendosi dalla semplice esistenza di un procedimento penale nei confronti del ricorrente la conseguenza, erroneamente ritenuta inevitabile, della cancellazione dall’elenco degli operatori di apparecchi da divertimento ed intrattenimento con vincite in denaro".

 

Con questa motivazione il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato da un esercente al Presidente della Repubblica contro la cancellazione, per l’anno 2013, dall’elenco degli operatori di apparecchi da divertimento ed intrattenimento, con vincite in denaro disposto dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli in quanto pendente un procedimento penale per omesso versamento di oneri previdenziali.

Secondo i Monopoli ciò significava la violazione dei requisiti necessari per ottenere l’iscrizione all'elenco degli operatori per l'articolo n° 5 che recita "è richiesta l’insussistenza negli ultimi cinque anni di misure cautelari, provvedimenti di rinvio a giudizio, condanne con sentenza passata in giudicato...” per reati collegati ad attività di stampo mafioso, delitti contro la fede pubblica, delitti contro il patrimonio, reati di natura finanziaria o tributaria, reati riconducibili ad attività di gioco non lecito".
 
Ma, secondo il ricorrente, "l’Amministrazione avrebbe disposto direttamente la cancellazione dall’elenco, senza neppure pronunciarsi sull’istanza tesa al rinnovo ed assicurare riguardo la partecipazione procedimentale del richiedente e il provvedimento di cancellazione invocherebbe, per la prima volta, una ragione non indicata nella comunicazione di avvio del procedimento". Inoltre, non sarebbe stata resa alcuna dichiarazione mendace in sede di compilazione dell’autodichiarazione per il rinnovo dell’iscrizione nell’anno 2013, e "l’Amministrazione avrebbe operato un inammissibile automatismo tra l’esistenza delle due categorie a giudizio per la medesima fattispecie e la disposta cancellazione, senza la minima valutazione dei fatti addebitati al ricorrente in sede penale ed omettendo specifica istruttoria al riguardo".
 
I giudici del Consiglio di Stato ricordano che "il reato per il quale si è proceduto e poi pronunciata sentenza di condanna nei confronti del ricorrente è 'omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali'. Com'è noto, è controverso se considerare ancora reato, se non supera i 10mila euro annui, l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, visto che la legge 28 aprile 2014, n. 6 ha previsto la trasformazione in illecito amministrativo, mantenendo comunque la possibilità per il datore di lavoro di non rispondere neppure amministrativamente, in caso di versamento delle ritenute entro il termine di tre mesi dalla contestazione della violazione. Questa disposizione è contenuta in una legge delega ancora inattuata, ma è talmente puntuale che se ne può affermare l'immediata applicazione, quanto meno con effetto abrogativo della citata norma incriminatrice, in ossequio al 'favor rei', e comunque limitatamente agli effetti amministrativi, come nella specie".
 
 

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