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Tassa da 500 milioni, il Tar rinvia a Corte costituzionale

17 novembre 2015 - 10:59

Il Tar del Lazio rinvia alla Corte costituzionale la questione della tassa sui 500 milioni di euro prevista dalla legge di Stabilità e solleva dubbi sulla disparità di trattamento e sulla ragionevolezza.

Scritto da Anna Maria Rengo
Tassa da 500 milioni, il Tar rinvia a Corte costituzionale

Sarà la Corte Costituzionale a doversi occupare della norma sull’addizionale da 500 milioni per concessionari slot e Vlt prevista dalla legge di stabilità 2015. Lo ha stabilito con diverse, attese, sentenze di merito, dopo il rigetto della richiesta di sospensiva, il Tar del Lazio: la Seconda sezione "dichiara rilevante e non manifestamente infondata" la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle società, evidenziando dei dubbi in riferimento alla disparità di trattamento e alla ragionevolezza della norma e anche che potrebbe avere "un peso potenzialmente insostenibile" per gli operatori.

 

IL RICORSO – I ricorrenti avevano posto la "questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 per violazione del principio del legittimo affidamento, violazione e contrasto con gli artt. 3, 41, 97 Cost.".

 
LE MOTIVAZIONI DEI GIUDICI - Secondo il Collegio “la norma di cui all’art. 1, comma 649, della legge di stabilità per il 2015 presenti altri profili che rendono la questione di legittimità costituzionale non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3 e 41, comma 1, Cost.” e mette in rilievo “il canone di ragionevolezza”, ritenendo che “la norma contestata presenti dubbi di compatibilità costituzionale con riferimento sia al profilo della disparità di trattamento sia al profilo della ragionevolezza”.
 
I giudici evidenziano che “il criterio introdotto per ripartire tra i concessionari l’importo totale di euro 500 milioni è legato non ad un dato di flusso, quale i volumi di raccolta delle giocate, ma ad un dato fisso, quale il numero di apparecchi esistenti e riferibili a ciascun concessionario al 31 dicembre 2014 o in sede di ricognizione successiva.
Tale contraddizione, ad avviso del Collegio, è di per sé idonea ad indurre il sospetto che la norma di cui all’art. 1, comma 649, della legge di stabilità per il 2015 abbia violato sia il principio di ragionevolezza che quello di uguaglianza”.
Inoltre, “la previsione normativa, in sostanza, sembra avere violato i canoni di ragionevolezza e parità di trattamento presumendo, in maniera illogica, che ciascun apparecchio da intrattenimento abbia la stessa potenzialità di reddito laddove quest’ultima dipende da una molteplicità di fattori (quali, in primo luogo, la differenza tra Awp e Vlt e, poi, ad esempio, il comune, il quartiere, la strada in cui l’apparecchio è situato nonché la sua ubicazione all’interno del locale) che rendono implausibile il criterio scelto dal legislatore”.

 

Secondo il Tar “la descritta irragionevole ripartizione del versamento imposto tra i concessionari potrebbe produrre un’alterazione del libero gioco della concorrenza tra gli stessi, favorendo quelli che, in presenza di una redditività superiore per singolo apparecchio, si trovano a versare, in proporzione al volume di giocate raccolte, un importo minore, per cui possono destinare maggiori risorse agli investimenti e, in senso più lato, favorendo gli operatori del settore dei giochi pubblici diversi da quelli in discorso”.
 
LA DECADENZA DELLA DELEGA - I giudici fanno inoltre notare come la norma “è diretta solo a taluni concessionari ed operatori di gioco, mentre la legge delega preconizzava una revisione degli aggi e dei compensi in tutti i settori del gioco; ha introdotto una drastica riduzione delle somme a disposizione per aggi e compensi, mentre la legge delega si limitava a disporne la revisione; ha stabilito una misura fissa di 500 milioni di euro ripartita non con criteri di progressività ancorati al dato della raccolta di gioco; ha preteso di anticipare la sola revisione degli aggi e dei compensi.
La riduzione dei 500 milioni di euro dovrebbe intervenire tanto sui concessionari quanto sui terzi operatori della filiera, ma la modalità con la quale i concessionari ed i terzi dovrebbero ripartire l’onere sarebbe rimessa alla rinegoziazione dei contratti in essere e tale meccanismo sarebbe irragionevole ed inidoneo a produrre l’effetto sperato”.
 

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