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Tar Veneto: 'Legittima l'ordinanza sul gioco di Verona'

06 novembre 2017 - 10:12

Il Tar Veneto torna a confermare la legittimità dell'ordinanza sul gioco varata dal Comune di Verona.

Scritto da Fm
Tar Veneto: 'Legittima l'ordinanza sul gioco di Verona'

 


"L’impugnata disciplina limitativa degli orari di apertura dei pubblici esercizi in cui si svolgono attività di gioco compulsivo o scommessa – che consente un’apertura giornaliera pari a otto ore (dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 17.00 alle ore 22.00 di tutti i giorni) – appare al Collegio proporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti (prevenzione, contrasto e riduzione del gioco d’azzardo patologico), realizzando un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, non essendo revocabile in dubbio che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresce il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, che a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie".

 

Lo sottolinea il Tar Veneto nel respingere il ricorso di alcune società di gioco contro la vigente normativa sul gioco del Comune di Verona.
 
 
"L’idoneità dell’atto impugnato a realizzare l’obiettivo perseguito deve essere apprezzata, tenendo presente che scopo dell’ordinanza comunale non è quello di eliminare ogni forma di dipendenza patologica dal gioco (anche quelle generate da gratta e vinci, lotto, superenalotto, giochi on line, etc.) - obiettivo che travalicherebbe la sfera di attribuzioni del Comune (Tar Veneto, 114/2016) - ma solo quello di prevenire, contrastare, ridurre il rischio di dipendenza patologica derivante dalla frequentazione di sale da gioco o scommessa e dall’utilizzo di apparecchiature per il gioco.
La riduzione degli orari di apertura delle sale pubbliche da gioco è, in altre, parole, solo una delle molteplici misure che le autorità pubbliche possono mettere in campo per combattere il fenomeno della ludopatia, che ha radici complesse e rispetto al quale non esistono soluzioni di sicuro effetto (Cons. St. n. 2519/2016)", sottolineano i giudici.
 
 
"Neppure può ritenersi sussistente la lamentata violazione del principio di affidamento, considerato che l’ordinanza impugnata trova giustificazione in fatti e normative sopravvenuti rispetto all’avvio dell’attività (l’aumento del numero delle persone affette da disturbi del gioco d’azzardo; l’approvazione della L.R.V. n. 6/2015, il cui art. 20 promuove interventi degli Enti Locali finalizzati alla prevenzione, al contrasto e alla riduzione del rischio di dipendenza dal GAP) e che, in ogni caso, gli imprenditori del settore, in quanto soggetti professionali, erano a conoscenza o avrebbero dovuto conoscere con l’utilizzo della diligenza professionale (1176, comma 2, c.c.), che la normativa europea e nazionale di riferimento consentiva alle autorità pubbliche di porre restrizioni all’esercizio di attività economiche legate all’attività di gioco o scommessa, allo scopo di tutelare la salute pubblica e il benessere socio-economico dei cittadini e in particolare delle fasce più deboli e vulnerabili della popolazione, maggiormente esposte alle lusinghe, suggestioni e illusioni del gioco d’azzardo.
Priva di pregio è anche la doglianza con cui si lamenta la disparità di trattamento rispetto agli orari di esercizio delle sale bowling e delle sale biliardo, considerato che le attività ivi praticate (gioco del biliardo e bowling) non sono comparabili con l’attività di gioco compulsivo connessa all’utilizzo delle slot machine e delle Vlt e tenuto conto che eventuali apparecchi per il gioco con vincita in denaro installati presso le sale bowling e le sale biliardo dovranno anch’essi rispettare i nuovo orari di esercizio (accensione e spegnimento) previsti dall’ordinanza sindacale.
Si rileva, infine, che le ricorrenti non hanno formulato specifiche censure avverso i provvedimenti impugnati, nella parte in cui fissano la misura minima e massima delle sanzioni applicabili in caso di trasgressione dei divieti, sicchè il ricorso sul punto deve ritenersi inammissibile", conclude la sentenza del Tar Veneto.
 

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