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CdS: 'No Vlt, Questura ha seguito criteri della legge delle Marche'

19 dicembre 2019 - 11:28

Il Consiglio di Stato conferma diniego ad installazione di Vlt vicino a luogo sensibile e legittimità del distanziometro delle Marche, negando 'effetto espulsivo'.

Scritto da Fm
CdS: 'No Vlt, Questura ha seguito criteri della legge delle Marche'

"È palese che anche la Questura si è avvalsa di una misurazione effettuata da uffici comunali (il Comando di Polizia e la Polizia municipale), confermata con due note del 6 e 7 giugno 2018, e il criterio seguito dalla Polizia locale nell’effettuare le misurazioni appare strettamente conforme alla prescrizione della norma regionale, basato sul 'raggio di 500 metri', misurato su cartografie ufficiali".

Questa è una delle motivazioni con cui il Consiglio di Stato ha confermato il diniego di autorizzazione all’installazione di una videolottery in un locale di Civitanova Marche (Mc), per l’esistenza di un luogo sensibile nel raggio di 500 metri (istituto di credito), rigettando la richiesta di riforma della sentenza del Tar Marche che aveva avvalorato  i criteri di misurazione delle distanze di attività di gioco dai luoghi sensibili adottati dalla Questura di Macerata in mancanza di precisazioni della Regione in merito.

 

Secondo i giudici amministrativi, inoltre, "non si ritiene necessario il ricorso ad una consulenza tecnica d’ufficio per la verifica della distanza".
 
Il Tar poi ha bocciato anche il motivo di ricorso inerente "l’illegittimità costituzionale manifesta della norma regionale anche per violazione degli artt. 32 e 47 Cost., per l’inefficacia del distanziometro a contrastare il fenomeno del disturbo da gioco d’azzardo patologico e la sua idoneità ad aprire le porte all’offerta illegale", nonché il contrasto "dell’effetto espulsivo col principio della tutela del risparmio, in questo caso di utenti giocatori, con i valori costituzionali dell’ordine pubblico, dell’impresa e del lavoro".
Secondo il Collegio, "il metodo del distanziometro, lungi dall’essere contrastato nella legislazione nazionale e regionale, o nella giurisprudenza, rappresenta, a tutt’oggi, uno degli strumenti cui è affidata la tutela di fasce della popolazione particolarmente esposte al rischio di dipendenza da gioco.
La distanza dai luoghi sensibili prescritta dalla Regione Marche, con l’art. 5 della legge regionale 7 febbraio 2017, n. 3, non è diversa da quella individuata da altre Regioni, oscillante fra i 300 e i 500 metri, e non determina ex sé un divieto generalizzato di apertura di esercizi dedicati al gioco.
Anche sul metodo di calcolo, la Regione Marche si colloca nella media delle Regioni che hanno scelto il criterio della distanza calcolata non secondo il metodo del 'più breve tragitto pedonale'.
La giurisprudenza di questo Consiglio, ha ritenuto che una distanza di 500 metri risulta essere sufficientemente ragionevole, adeguata e proporzionata, rispetto ai fini di prevenzione della ludopatia e di tutela della salute dei soggetti più deboli (cfr. V Sez. n. 5237 del 2018; Sez. IV, 27/11/2018, n. 6714; Sez. III, 10 febbraio 2016, n. 579; Consiglio di Stato sez. V, 06/07/2018, n.4145).
Di fatto, il fenomeno cosiddetto 'espulsivo' lamentato dalla ricorrente va apprezzato, semmai, con riguardo non solo alla distanza, bensì anche al numero e tipologia di luoghi sensibili individuati, tenuto conto della natura non tassativa dell’elencazione contenuta nell'art. 7, comma 10, del d.l. n. 158 del 2012.
La Corte Costituzionale ha ritenuto non irragionevoli le scelte regionali di ampliare il numero dei luoghi sensibili, includendovi persino luoghi adibiti ad 'attività operative nei confronti del pubblico' che 'si configurano altresì come luoghi di aggregazione, in cui possono transitare soggetti in difficoltà' (ha ritenuto ad es. legittima l’inclusione delle caserme, cfr. sentenza n. 27/2019).
La Corte ha enunciato il principio secondo cui rientrano nella discrezionalità del legislatore, nei limiti della non irragionevolezza, le scelte dei luoghi la cui vicinanza potrebbe mettere a rischio soggetti più fragili e tali valutazioni ben potrebbero, ad esempio, essere legate alla specifica conformazione territoriale.
La Corte ha osservato anche come le scelte regionali sul punto sono state assai diversificate e solo per alcuni luoghi si riscontra un costante inserimento nell'elenco, mentre non sono infrequenti valutazioni specifiche di singole Regioni (si pensi oltre alle caserme, alle stazioni bus o ferroviarie – Corte Cost. n. 27 del 2019).
D'altra parte, la Corte Costituzionale, nei suoi numerosi interventi in materia, ha ritenuto che la tutela della salute dei soggetti più deboli è sussumibile tra gli obiettivi che, ai sensi dell'articolo 41 della Costituzione, possono giustificare limitazioni all'iniziativa economica privata, tenuto conto della non assoluta preminenza del principio di libertà dell'attività economica privata nella nostra Costituzione.
Anche a livello comunitario, le esigenze di tutela della salute vengono ritenute del tutto prevalenti rispetto a quelle economiche (cfr. Corte di Giustizia Europea, sentenza del 22 ottobre 2014, C-344/13 e C367/13)".
 
 
Quanto alla censura secondo cui la norma della Regione Marche si porrebbe "in contrasto con lo stesso art. 32 della Costituzione, in quanto non rappresenterebbe una misura di contrasto della ludopatia, ma precludendo in radice l'esercizio del gioco lecito nella regione, non solo non contrasterebbe efficacemente la ludopatia, ma impedirebbe di indirizzare la 'domanda di gioco' verso la legalità e, quindi, di contrastare la diffusione del gioco illegale, attorno al quale proliferano ulteriori fenomeni criminosi, si osserva che il problema sollevato attiene a scelte di politica legislativa.
L’attuale indirizzo legislativo è nel senso di ritenere misura idonea e necessaria ad arginare il fenomeno della dipendenza da gioco l’individuazione di limiti al suo esercizio, attraverso l’individuazione di una distanza da luoghi di prolungata permanenza o anche di transito di soggetti 'a rischio', e attraverso l’imposizione di orari di apertura al pubblico, oltre che attraverso l’ampia serie di luoghi e fasce di popolazione da proteggere.
Allo stato attuale delle conoscenze, non sembra irragionevole né sproporzionato imporre limitazioni ad attività economiche riconosciute scientificamente pericolose alla salute, proprio perché non si tratta di introduzione di una sorta di 'proibizionismo', che potrebbe sortire effetti contrari sul piano stesso della tutela della salute, né di divieto generalizzato, ma di regolamentazione in corrispondenza di luoghi particolari.
Peraltro, nella Regione Marche non sembrano essere stati individuati i luoghi sensibili in maniera particolarmente generalizzata, rispetto ad altre Regioni e Province Autonome, dove finanche i centri storici o pedonali sono stati sottratti alla localizzazione di sale da gioco (come nei casi richiamati dallo stessa appellante oggetto delle sentenze del Tar Bolzano); sicché non può sostenersi che lo spazio per l’autorizzazione di sale gioco sia particolarmente ridotto nella regione per il fatto che sia stata adottata la distanza minima di 500 metri.
Altra questione, anch’essa di politica legislativa, è quella concernente il contrasto al gioco illegale e ai fenomeni di criminalità che proliferano attorno ad essa: l’inadeguatezza di questa non può costituire argomento valido per sostenere la non appropriatezza delle limitazioni introdotte al gioco lecito a tutela della salute, attraverso il c.d. distanziometro.
La perizia di parte, peraltro, svolge un’analisi distorta, perché prende in considerazione tutte le attività di gioco lecito e non si riferisce solo alla installazione di apparecchi e congegni.
Per tutte tali ragioni, non si ritiene necessario disporre consulenza tecnica d’ufficio per accertare in concreto l’effetto espulsivo del gioco legale nella Regione Marche".
 
 
Infine, "si rileva che analoga questione di costituzionalità, per contrasto con gli artt. 41 e 32 della Costituzione, dell’art.1, comma 197 ss., della l. r. Regione Campania n. 16 del 2014 è stata ritenuta infondata dalla V sezione di questo Consiglio di Stato (sentenza del 6/07/2018, n.4145)".
 
 

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