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Tar ribadisce: 'No risarcimento danni per attività gioco chiuse per Dpcm'

08 giugno 2022 - 15:40

Ennesimo no del Tar Lazio ai titolari delle attività di gioco chiuse dal Governo in pandemia: Dpcm del 14 gennaio 2021 'idoneo a contenere quanto piú possibile i contagi'.

Scritto da Fm
Tar ribadisce: 'No risarcimento danni per attività gioco chiuse per Dpcm'


Il Tar Lazio non cambia la propria linea in merito ai risarcimenti chiesti da alcune attività di gioco per le chiusure imposte dal Governo italiano per il contenimento della pandemia di Covid.
Come già accaduto ad aprile, con una nuova sentenza i giudici amministrativi capitolini bocciano il ricorso di una società di gestione della raccolta delle giocate mediante apparecchi Awp e Vlt, atto ad ottenere dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal ministero della salute il risarcimento dei danni patrimoniali subiti a seguito del Dpcm del 14 gennaio 2021, in quanto "adottato senza una corretta istruttoria, non essendo dimostrato il maggior rischio di contagio ed ignorando i protocolli di sicurezza adottati nella primavera 2020 per la riapertura dei locali destinati al gioco lecito".

Per il Collegio tale richiesta è infondata, "essendo legittimo il Dpcm come la Sezione ha già avuto modo di chiarire", poiché esso non è stato firmato "né a seguito di una carente istruttoria, né in violazione dei principî generali che regolano l’azione amministrativa.

Difatti, i documenti versati in atti dalla parte resistente dimostrano in maniera chiara come la decisione, certamente dolorosa, di inibire l’esercizio delle attività delle sale da gioco con il Dpcm 14 gennaio 2021 appare sicuramente legittima, frutto di un’attenta ponderazione degli interessi in campo: come si è anticipato, la strategia politica di contenimento del virus mirava a idurre le occasioni di infezione, impedendo alla cittadinanza di partecipare ad attività rischiose reputate non essenziali. Tale scelta risponde a protocolli elaborati in sede internazionale e compendiati nel documento redatto dalle autorità tecniche italiane intitolato 'Prevenzione e risposta a Covid-19. Evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione autunno-invernale': esso, elaborato prima dell’adozione dei provvedimenti impugnati, chiariva che l’'interruzione [delle] attività sociali/culturali/sportive maggiormente a rischio (es. discoteche, bar, palestre - anche su base oraria)' fosse una misura necessaria nell’ipotesi di scenarî di rischio moderato (in realtà, la situazione si evolveva poi fino allo scenario del rischio alto). Ovviamente, l’elencazione trascritta è esemplificativa, sicché vi rientra legittimamente anche l’attività di commercializzazione dei giochi leciti, in quanto assimilabile dal punto di vista del rischio pandemico. In aggiunta, va osservato che il Comitato tecnico scientifico (Cts, organo consulenziale del Governo istituito proprio per affrontare l’emergenza pandemica) con verbale del 18 ottobre 2020, n. 119, chiariva come la scelta di sospendere le attività non essenziali fosse coerente con le finalità di contenimento del virus, rilevando, al contempo, come non fossero state ricomprese in tale elenco le attività di sale scommesse e bingo, suggerendo di correggere tale antinomia (il parere era reso sullo schema di quello che sarà poi il Dpcm 26 ottobre 2020).
Appare quindi evidente che, nell’amplissima discrezionalità di cui gode il Governo nel perseguire gli obiettivi di politica sanitaria prefissati – data la straordinaria situazione pandemica (v. Tar Lazio, sez. I, 19 febbraio 2021, n. 2102) – l’inibizione di attività quali quella della società ricorrente si rivela legittima. Tale conclusione appare corroborata dal parere reso nel verbale Cts 27 febbraio 2021, n. 161, che ribadiva come la sospensione delle attività delle sale da gioco fosse da collegare al rischio particolarmente alto di trasmissione del contagio, cosí fugando qualsiasi dubbio che la decisione poggi su giudizî etici o morali (cfr., in tal senso, Tar Lazio, sez. III-quater, 4 gennaio 2021, n. 35, resa sulle chiusure dei centri commerciali)".
 
Nella sentenza quindi si legge: "Neppure può sostenersi una lesione del legittimo affidamento nella discrasia tra le linee guida per la riapertura dell’11 giugno 2020 e le sospensioni di cui al Dpcm 14 gennaio 2021. Infatti, come osservato in precedenza, la recrudescenza della pandemia mutava totalmente il contesto: mentre le citate linee guida venivano adottate in una fase calante della pandemia, le sospensioni intervenivano in un momento di crescita inarrestabile ed imprevedibile. Di conseguenza, nessun affidamento può aver riposto la ricorrente nell’adozione delle linee guida, essendo esse riferite ad una situazione di fatto totalmente superata dagli avvenimenti (v. Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2021, n. 7988).
In aggiunta, nessun pregio hanno le doglianze circa la disparità di trattamento riservata agli esercenti il gioco lecito rispetto ai ristoratori: l’aver previsto (con il Dpcm 14 gennaio 2021) la facoltà di riapertura nella c.d. zona gialla solo per questi ultimi, infatti, costituisce misura proporzionata e coerente con l’incidenza riscontrata. Difatti, va rammentato che la possibilità di ospitare quattro persone ad un tavolo veniva combinata con una serie ulteriore di cautele (orarî limitati, posti contingentati, utilizzo di mascherine di protezione, distanziamento tra i tavoli ed altri) che, considerate nel complesso, garantivano una circoscritta esposizione al rischio di contagio. Viceversa, le caratteristiche proprie delle sale scommesse (illustrate al § 7.3.) non consentivano di poter combinare una riapertura con un tollerabile livello di rischio. Ne consegue che adeguata e proporzionata si palesa la scelta del Governo di operare la descritta distinzione tra le attività economiche".
 

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