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Il gaming tra vecchie e nuove ipotesi di contenzioso tributario

08 giugno 2019 - 08:58

Giancarlo Marzo, avvocato del Foro di Bari, fa il punto sulle ipotesi di contenzioso tributario nel settore del gaming.

Scritto da Giancarlo Marzo, Avvocato del Foro di Bari
Il gaming tra vecchie e nuove ipotesi di contenzioso tributario


Considerando che l’industria del gioco è una delle prime in Italia, con un giro d’affari praticamente raddoppiato negli ultimi anni e un gettito erariale in entrata ormai alla soglia dei 10 miliardi di euro, non c’è da stupirsi se il Legislatore riservi al settore un’attenzione crescente. Il comparto del gaming diventa, quindi, uno dei principali ambiti di intervento normativo, come quello realizzato, in ultimo, con i decreti legge nn. 50 del 2017 e 87 del 2018 (cd. DL Dignità), nonché con la legge di Bilancio 2019 (L. n. 145/2018), tutti volti a determinare - tra le altre cose - un nuovo incremento del prelievo fiscale.


In particolare, è stato annunciato un aumento delle aliquote del prelievo erariale unico (Preu) di cui all’art. 39, comma 13 del D.L. n. 269/2003 per i giochi di ultima generazione che, soltanto lo scorso anno, hanno determinato all’incirca la metà delle entrate statali complessive provenienti dal settore. Parliamo delle cd. amusement with prizes (Awp o new slot) e delle videolottery (Vlt) di cui all’art.110, comma 6, lett. a) e b) del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, cd. Tulps), introdotti nel quadro delle riforme destinate a contrastare l’evasione fiscale e il dilagare del gioco illegale, su cui si punta, ancora una volta, per moltiplicare i ricavi erariali derivanti dalla filiera del gioco legale.
Si tratta di congegni elettronici, collegati alla rete telematica di cui all’art. 14-bis, comma 4 del Dpr n. 640/1972, che distribuiscono vincite in denaro. Nello specifico le Awp o new slot, che si attivano tramite moneta metallica o con appositi strumenti di paga- mento elettronici, grazie alla scheda di gioco inserita nella cabinet consentono di giocare pte per un costo non superiore ad 1 euro e montepremi massimo di 100 euro. Diversamente, le videolottery distribuiscono vincite in denaro con criteri e possibilità di vincita (o perdita) maggiori rispetto alle slot da bar, tanto da poter essere quasi assimilate alle macchine installate presso i Casinò. Le Vlt si attivano in presenza di un collegamento alla rete stessa, con trasmissione in tempo reale del gioco dal server centrale della sala in cui l’apparecchio è installato e conseguente memoriz- zazione live delle giocate, senza alcun controllo dei dati rilevanti, anche ai fini fiscali, da remoto.


Tanto le new slot quanto le videolottery coinvolgono tre soggetti differenti: il concessionario, che vanta la titolarità del nulla osta per l’installazione delle macchine; il gestore, che stipula con il concessionario un contratto per la realizzazione delle varie fasi delle operazioni di gioco, distribuisce gli apparecchi di cui è possessore all’esercente e ne cura la manutenzione; l’esercente, che detiene la proprietà del locale, munito di apparati di connessione con la rete telematica del concessionario, in cui la new slot o la videolottery viene installata.
Ebbene, sono proprio i suddetti operatori della filiera che, nel disperato tentativo di sopravvivere in un mercato sempre più elitario, si trovano ad affrontare una serie di problematiche fiscali di difficile risolu- zione -dall’ammortamento delle slot all’imponibilità ai fini Iva dei correlati proventi- spesso idonee a sfociare in un defatigante contenzioso con l’Amministrazione finanziaria.

 

GLI AMMORTAMENTI DELLE NEWS SLOT: BENI MATERIALI O IMMATERIALI? - Con specifico riguardo agli apparecchi da intrattenimento di cui all’art. 110, comma 6, lett. a) del Tulps, tra gli operatori desta particolare preoccupazione la relativa procedura di ammortamento, necessaria per ripartirne il costo tra gli esercizi di vita utile degli stessi macchinari e determinare, così, il reddito d’impresa dei singoli esercizi.
Ciò che complica l’ammortamento delle slot machines è l’impossibilità di ricondurle, in maniera inequivoca ed unitaria, ad una categoria di beni specifica a causa della loro natura “ibrida”, a metà tra semplici macchine e più sofisticati software. In altre parole, visto che le slot vengono concepite come congegni elettronici composti da una cabinet metallica e da una scheda di gioco assimilabile ad un software, in assenza di apposite indicazioni normative, non è chiaro se le Awp debbano essere inquadrati tra i beni materiali - ed eventualmente tra quali di questi - ovvero tra i beni immateriali.
Non solo. Pur volendo ricondurre le Awp tra i beni materiali, non è dato rinvenire uno specifico coefficiente di ammortamento da utilizzare nell’attività di gestione dei predetti apparecchi da intrattenimento, a causa del mancato aggiornamento delle linee guida contenute nelle tabelle ministeriali di cui al
Dm 31 dicembre 1988 per le varie tipologie dei beni materiali strumentali impiegati nell’esercizio di attività commerciali, atti e professioni, divisi in categorie. Revisione, questa, che, a norma del Dl n.78/2009, sarebbe dovuta avvenire entro e non oltre il 31 dicembre 2009.
Di fronte ad un simile quadro, i gestori degli apparecchi da gioco hanno dovuto colmare la suddetta lacuna normativa e, nel tentativo di ricondurre le slot ai beni materiali, hanno cercato le più disparate soluzioni a furia di astrazioni e collegamenti con altri gruppi di beni ritenuti assimilabili.
Sono così giunti a ricondurre le slot, quanto alla classe di appartenenza della tipologia di attività, alternativamente al Gruppo 19 “Alberghi, ristoranti, bar e attività affini”, o al Gruppo 20 “Servizi culturali, sportivi e ricreativi”- Specie 1, comprensive delle case da giuoco. Per quanto riguarda, invece, le quote di ammortamento, alcuni hanno scelto di utilizzare quella del 20 percento, in analogia con le macchine d’ufficio elettromeccaniche ed elettroniche, come pc e sistemi telefonici elettronici.
Al contrario, altri gestori hanno scelto di assimilare le slot non già ad un bene materiale, bensì ad un bene immateriale, facendo leva sul fatto che la scheda di gioco presente nella cabinet, al di là dell’involucro metallico, di fatto è un software che interagisce con il sistema del concessionario attraverso un “punto di accesso” (Pda) e consente di riprodurre il gioco dal relativo videoterminale. In virtù, dunque, di questa componente immateriale determinante, hanno invocato l’art. 103 del Tuir, deducendo le quote di ammortamento nel limite del 50 percento del relativo costo.
Non sono, però, mancate le contestazioni da parte dell’Agenzia delle entrate che, pur senza rompere il silenzio sugli innumerevoli interpelli presentati al ri- guardo, ha piuttosto ritenuto assimilabili le schede elettroniche delle slot ai beni materiali, riconducendole in via residuale in “Altre attività non precedentemente specificate” della Tabella ministeriale, precisamente alla categoria “Macchinari, apparecchi e attrezzature varie”, con quota di ammortamento pari al 15 percento.
Eppure, la suddetta associazione potrebbe non essere troppo conveniente per l’Erario per due ragioni di fondo. In primo luogo perché la scheda elettronica delle slot, a differenza del videoterminale che la contiene, cade presto in obsolescenza, sia sotto il profilo materiale che commerciale, tanto da richiedere, più o meno annualmente, una sostituzione o un aggiornamento. Quale logico corollario, dovrebbe ritenersi applicabili - ai fini fiscali oltre che civili- l’art. 102 del
D.P.R. n. 917/1986, cd. Tuir, a mente del quale i coefficienti fissati con decreto del Mef per la deduzione delle quote di ammortamento devono essere “stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi”, nonché l’art. 102-bis, comma 2, del pari riferito alla “durata delle vite utili” dei beni strumentali stessi.
In secondo luogo, annoverare le Awp tra i beni materiali significa ammetterli a godere della misura del super-ammortamento, inizialmente introdotta dalla Legge di Bilancio 2016 per incentivare gli investimenti in beni strumentali nuovi, con una maggio- razione del costo di acquisto degli stessi del 30 percento o 40 percento, poi confermata al 30 percento per il 2018 nonché, in ultimo, per il 2019.


In effetti la legge di Bilancio 2019 non aveva previsto alcuna proroga del super- ammortamento, sebbene l’agevolazione fiscale potesse continuare ad ap- plicarsi agli investimenti effettuati per tutto il corso del 2018 e completati, a certe condizioni, entro il 31 dicembre 2019. Ma il decreto legge del 30 aprile 2019, n. 34, il cd. il decreto “crescita”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 100 recante “Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi”, entrato in vigore dal 1° maggio 2019, ripristina ormai l’agevolazione del super ammortamento.
In particolare, l’art. 1 del citato decreto prevede che, ai fini delle imposte sui redditi, per i titolari di reddito d’impresa e per gli esercenti atti e professioni che investono in beni materiali strumentali nuovi dal 1° aprile 2019 al 31 dicembre 2019, con riferimento esclusivo alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria, il costo di acquisizione sia maggiorato del 30 percento. L’agevolazione è riconosciuta anche per gli investimenti effettuati entro il 30 giugno 2020 a condizione che, entro la data del 31 dicembre 2019, il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione. La maggiorazione del costo, però, non trova applicazione sulla parte di in- vestimenti complessivi eccedenti il limite di 2,5 milioni di euro.


Insomma, se tant’è, anche per le Awp acquistate tra il 1° aprile 2019 e il 31 dicembre 2019, il cui investimento venga completato alle condizioni stabilite nel decreto non oltre il 30 giugno 2020, sarà possibile procedere alla deduzione del 130 percento del costo sostenuto, con conseguente scarso vantaggio per l’Amministrazione Finanziaria.

Peraltro, la misura del rinnovato super ammortamento potrebbe risultare particolarmente vantaggiosa per gli operatori che dovranno presto sostituire il loro parco macchine, visto l’annunciato ritiro dal mercato delle attuali Awp. Le suddette slot machine, infatti, saranno progressivamente rimpiazzate da quelle di ultima generazione, collegabili da remoto, dotate di nuove componenti hardware e software per garantire il riconoscimento dell’età del giocatore ed il pagamento mediante moneta elettronica.
Invero, la procedura di sostituzione delle vecchie slot è iniziata già con la legge n. 208 del 2015 (la legge di Stabilità 2016) che, all’art. 1, comma 943, ha scandito le tappe dell’iter di dismissione dei “vecchi” apparecchi. Il provvedimento ha contemplato, in una prima fase, un rialzo della tassazione e una limitazione nel rilascio dei nulla osta di esercizio, al fine di arginare un aumento della diffusione delle macchine da gioco sul territorio, per poi passare ad una seconda fase, con l’introduzione di una nuova generazione di macchine attivate da ambiente remoto. Nello specifico, la norma statuisce che i nulla osta per le “vecchie” Awp non potranno più essere rilasciati dopo il 31 dicembre 2019 e che i macchinari di vecchia generazione dovranno essere dismessi definitivamente entro il 31 dicembre 2020, per essere sostituiti da quelli tecnologicamente più evoluti.
Le modalità di smaltimento dei “vecchi” apparecchi sono state disciplinate dal legislatore con l’art. 1, comma 1050, della legge n. 205/2017. La disposizione, pensata per evitare possibili utilizzi illeciti degli apparecchi da gioco dismessi dal mercato, ha previsto che, con provvedimento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, venga stabilita una specifica procedura obbligatoria per lo smaltimento e la distruzione degli apparecchi stessi.
Per quanto riguarda, invece, la seconda fase, vertente sull’introduzione delle nuove macchine, rileva il decreto legge 12 luglio 2018 n. 87, il cosiddetto decreto “Dignità”, recante “disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese” , convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2018, n. 96. In effetti, il decreto ha previsto una serie di misure significative in materia di gioco, con riferimento agli apparecchi di futura generazione. Nello specifico, all’art. 9-quater ha disposto che l’accesso agli apparecchi da intrattenimento per il gioco lecito sia consentito esclusivamente mediante l’utilizzo della tessera sanitaria, al fine di inibirne l’uso ai minori.

Pertanto, a partire dal 1° gennaio 2020 verrà avviata la rimozione degli apparecchi privi dei meccanismi idonei ad impedire l’accesso ai minori, pena una sanzione amministrativa di 10.000 euro per ciascun apparecchio.
In attuazione delle previsioni del decreto Dignità, l’Agenzia delle Dogane ha elaborato il documento recante le regole tecniche delle nuove slot, inviato alla Commissione Europea in ossequio alla Direttiva n. 2015/1535 (Ue). Quest’ultima consente all’istituzione comunitaria di esaminare le regolamentazioni tecni- che che gli Stati membri intendono introdurre per i prodotti e per i servizi della società dell’informazione prima che vengano effettivamente adottate. L’obiettivo è quello di garantire la compatibilità dei testi con i principi del diritto dell’Unione Europea e del mercato interno. Di conseguenza, è proprio all’approvazione comunitaria del provvedimento notifica- to, volto ad aggiornare le regole tecniche di produzione e verifica tecnica degli apparecchi e congegni da divertimento ed intrattenimento, che rimane subordinato il debutto delle “nuove” slot.

L'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO: PRESUPPOSTI E TERMINI DELL'ESENZIONE - Ulteriore questione che si è posta per gli apparecchi da intrattenimento è quella dell’esenzione Iva, non già con riguardo ai proventi conseguiti dai concessionari di Awp e Vlt, quanto con riferimento ai proventi realizzati da soggetti che collaborano a vario titolo con i concessionari medesimi, in qualità di fornitori di beni e servizi. Ma andiamo con ordine.
L’aliquota Iva, ai sensi dell’art. 74, comma 6, del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633, si applica soltanto ai giochi per i quali non è prevista una vincita in denaro. E’ quanto risulta - come ricordato in tempi recenti anche dall’Agenzia delle entrate in occasione di un interpello (n.112 del 18 dicembre 2018) - dall’art.135,
n. 1, lett. i) della Direttiva 2006/112/Ce, a mente del quale le scommesse, le lotterie e altri giochi d’azzardo con poste di denaro, salvo condizioni e limiti stabiliti da ciascuno Stato membro, rimangono esenti da Iva. Si tratta, però, di un’esenzione che va interpretata restrittivamente, in quanto deroga alla regola generale secondo cui l’Iva è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo, e sempre in maniera conforme agli obiettivi perseguiti dal Legislatore comunitario tramite la suddetta esenzione. In effetti, l’esenzione prevista per le scommesse, le lotterie e gli altri giochi d’azzardo non mira ad assicurare un trattamento fiscale più favorevole, come nel caso relativo a determinate prestazioni di servizi d’interesse generale in ambito sociale, ma risponde a delle ragioni di carattere pratico, visto che le operazioni di gioco d’azzardo mal si prestano all’applicazione dell’Iva (Corte di Giustizia Ue, sent. 10 giugno 2010, causa C-58/09).
Ciò detto, sul piano nazionale, la fonte normativa per il comparto dei giochi leciti in materia di Iva è rappresentata dall’art. 10, comma 1, nn. 6, 7 e 9 del Dpr n. 633/1972.
Coerentemente con quanto disposto a livello europeo, ai sensi del cit. art. 10, comma 1, n. 6, l’esercizio del gioco e alla raccolta delle giocate tramite Awp e Vlt gode del regime di esenzione Iva. Quest’ultimo, a norma dell’art. 1, comma 497 della Legge n. 311/2004 (Legge finanziaria 2005), è stato esteso “anche relativamente ai rapporti tra i concessionari del­ la rete per la gestione telematica ed i terzi incaricati della raccolta stessa”. In sostanza, l’art. 1, comma 497, L. n. 311/2004 in relazione alla raccolta delle giocate completa l’ambito di applicazione dell’art. 10, primo comma, n. 6 del Dpr n. 633 in considerazione del fatto che per la raccolta stessa i concessionari posso- no avvalersi di terzi.
Tra l’altro, sebbene con esplicito riferimento alle sole Awp, la Circolare n. 21/E del 13 maggio 2005 ha specificato che rientrano nell’ambito dell’esenzione "i rapporti fra concessionario e terzi incaricati della raccolta delle giocate, cioè i rapporti che il concessionario instaura sia con l’esercente, sia con il c.d. gestore, ovvero con qualsiasi altro soggetto autorizzato dal conces­ sionario alla raccolta delle giocate". I predetti chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate in ordine al rapporto tra concessionario e terzi incaricati della raccolta delle giocate con gli apparecchi Awp, risultano comunque applicabili anche al gioco realizzato tramite gli apparecchi Vlt e ai rapporti instaurati dal concessionario con i terzi incaricati, a condizione che, nell’ambito del gioco con Vlt, realizzino attività qualificabili come raccolta delle giocate.
Ora, proprio la suddetta qualificazione ha comportato svariate perplessità in ordine all’imponibilità dei proventi derivanti da rapporti contrattuali non pacifi- camente riconducibili alla raccolta propriamente detta. Da questo punto di vista, neppure le precisazioni fornite con il decreto cd. “terzi raccoglitori” dall’allora Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato sono risultate risolutive. In effetti, in quella sede è stato stabilito che "per attività di raccolta delle giocate, (ndr si intendono) le attività strumentali all’offerta del gioco e, in particolare: 1) le attività omogenee consistenti nella messa a disposizione degli apparecchi e nelle azioni per il funzionamento degli stessi presso i punti di vendita con modalità conformi alle prescrizioni normative in materia; 2) le attività omogenee consistenti nella raccolta e nella messa a disposizione del concessionario, a scadenze concordate, dell’importo residuo". Il che ha lasciato qualche perplessità in ordine, non tanto alle attività relative alla messa a disposizione e alla manutenzione degli apparecchi, quanto a quelle ulteriori, funzionali alla raccolta delle giocate, non meglio specificate e normalmente poste in essere dagli esercenti.
Di conseguenza, si è presto sviluppato un denso contenzioso, con accertamenti emanati quasi “a cascata” dall’Agenzia delle entrate che, equivocando sulle predette attività, è giunta a rivendicare l’imponibilità ai fini Iva dei proventi di raccolta conseguiti dagli esercenti, nonché ad irrogare ai gestori le sanzioni conseguenti alla mancata regolarizzazione delle relative fatture di acquisto. Invero, dal 2008, pare es- sersi consolidato un forte orientamento giurispru- denziale a sostegno dell’esenzione dei predetti proventi, sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo, alla luce della centralità del ruolo svolto dall’esercente nella raccolta delle giocate in favore del concessionario (ex pluribus, Ctr Bologna, sent. n. 54 del 4 luglio 2012), ormai acclarato anche dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con decreto direttoriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 maggio 2011. In particolare, quest’ultimo ha previsto l’obbligo di iscri- zione, anche in capo agli esercenti, in un apposito elenco pubblico (cd. albo Ries) per tutti i soggetti che svolgono un ruolo attivo nella raccolta delle giocate mediante apparecchi da intrattenimento (in questo senso anche Ctr Bolzano, sent. n. 11/2015)
Ciò nonostante l’Agenzia delle entrate non ha annullato in autotutela tutti gli atti di cui sopra già emessi, con la conseguenza che, per molte controversie ancora pendenti, si attende il giudizio finale della Corte di Cassazione.
Nel frattempo, con la Circolare sulle “nuove metodologie di controllo per sale giochi e biliardi” del 2014, l’Amministrazione finanziaria ha riconosciuto l’ampliamento del novero dei collaboratori dei concessionari incaricati della raccolta delle giocate, in aggiunta ai tradizionali gestori ed esercenti citati dalla Circolare n. 21/E del 2005, tra cui il gestore della sala Vlt, il fornitore tecnologico del sistema di gioco che si occupa dell’aggiornamento e della distribuzione, il procacciatore o mandatario, che funge da intermediario tra il concessionario e il gestore di sala. Si tratta di prestazioni di “mandato, mediazione e intermediazione” riferibili, tra le altre cose, alla raccolta di giocate mediante apparecchi da intrattenimento che rientrano tra quelle in esenzione Iva indicate al n. 9 del comma 1 dell’art. 10 D.P.R. n. 633/1972. A completare il quadro, la nota Adm n. 27604 del 31 marzo 2014, che prevede il beneficio dell’esenzione Iva in tutte le ipotesi in cui le prestazioni rese dal collaboratore del concessionario siano necessarie e indispensabili per la raccolta del gioco, previa valutazione da effettuarsi, soggettivamente, caso per caso.

LE NUOVE IPOTESI DI CONTENZIOSO TRIBUTARIO - Le contestazioni concernenti i buoni omaggio e le anticipazioni di futuri ricavi. Essendo ormai quasi completamente tramontato il contenzioso scaturito dagli avvisi di accertamento seriali fondati sulla pretesa imponibilità ai fini Iva dei proventi della raccolta percepiti dagli esercenti, l’Agenzia delle entrate sembra ora volgere lo sguardo alla fiscalità diretta. In effetti, le ultime contestazioni mosse dagli Uffici attengono all’asserita non inerenza di costi fisiologici all’attività di raccolta delle giocate, quali: i costi dei biglietti omaggio che gestori ed esercenti sono soliti distribuire ai clienti per incoraggiare il gioco; le perdite su crediti derivanti da anticipazioni di futuri incassi concesse e/o imposte dall’esercente al gestore, contestualmente alla sottoscrizione del- l’accordo commerciale.
Quanto ai biglietti omaggio, si tratta di ticket a titolo gratuito distribuiti, sulla base di una prassi ormai consolidata, dalle società esercenti l’attività di gestione di macchine Vlt con bar. Lo scopo promozionale è duplice: incentivare nuovi clienti al gioco e fidelizzare quelli abituali. Ebbene, il Fisco pare negare la deducibilità di simili oneri, qualificandoli come liberalità, perciò non inerenti all’attività d’impresa. La tesi erariale, però, non convince: da un lato, la distribuzione dei biglietti omaggio persegue l’obiettivo di aumentare le giocate e, per l’effetto, il giro d’affari; dall’altro lato, considerando l’impossibilità di utilizzare il ticket per scopi diversi dal gioco, difetta l’“animus donandi”, tipico delle liberalità.
Parimenti assimilati a liberalità dall’Agenzia delle entrate gli anticipi su futuri ricavi nell’ambito dei rapporti contrattuali imposti dall’esercente al gestore, come contropartita della clausola di esclusiva concessa e con l’obbligo di restituzione entro l’anno. Si tratta, in realtà, di strumenti perfettamente leciti che il gestore può utilizzare per creare nuovi locali di raccolta nonché per consolidare i rapporti già attivi, tentando altresì di rimediare al vertiginoso calo degli utili dovuto al continuo aumento del Preu. Il problema si pone per il caso in cui il gestore non riesca a recuperare i crediti derivanti dalle suddette anticipazioni, atteso l’infruttuoso esperimento di tutte le azioni esecutive utili al loro recupero. Nell’ipotesi, quindi, di acclarata inesigibilità dei predetti crediti, l’Amministrazione finanziaria ritiene indeducibili le relative perdite, negando la correlazione tra gli esborsi in parola e i ricavi d’impresa, alla luce di un’assimilazione dei primi a improbabili liberalità. Anche questo tipo di contestazione, però, presenta alcuni margini di opinabilità. In primo luogo, la stessa Agenzia delle entrate, con il documento di prassi relativo alle metodologie di controllo per “Sale Giochi e Biliardi” datato 2014, ha legittimato, oltre alla conclusione di accordi contrattuali differenti - modellati sulle esigenze di volta in volta perseguite dalle parti - la ripartizione delle somme tra concessionari, gestori ed esercenti alla luce di quanto statuito contrattualmente. A ciò si aggiunga che mal si concilia con il concetto di inerenza qualitativa (e non quantitativa) fatto proprio dai Giudici di legittimità la tesi della non inerenza delle anticipazioni e della conseguente indeducibilità delle perdite sui correlati crediti eventualmente rilevate, dovendosi ritenere deducibili tutti i costi geneticamente necessari alla potenziale realiz- zazione di reddito (cfr. Cass. civ. Sez. V Sent., 17/07/2018, n. 18904 e 11/01/2018, n. 450). Rimangono, quindi, senza dubbio alcuni spazi di manovra per la difesa del contribuente in sede contenziosa.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE - In conclusione, pare evidente come quella tra il Fisco e gli operatori della filiera del gioco sia una partita tutt’ora aperta. A fronte dei costanti aumenti del prelievo erariale disposti dal Legislatore, i gestori si ingegnano per rimanere sul mercato e tenere testa ai competitors, cercando di sopravvivere alla progressiva erosione dei loro margini di guadagno tramite politiche contrattuali più appetibili per gli esercenti. Non mancano, quindi, nuove ipotesi di contenzioso tributario nel mondo del gaming: dopo la stagione degli ammortamenti e dell’esenzione ai fini Iva, è il turno della fiscalità diretta con le contestazioni concernenti i biglietti omaggio e le perdite su crediti. Come evitarlo? Curare nei dettagli la predisposizione degli accordi negoziali, evidenziando l’intrinseco collegamento tra i bonus e le agevolazioni concesse agli esercenti e i corrispondenti contratti relativi all’installazione delle slot, così da renderne inequivocabili le finalità, potrebbe essere un buon inizio.

(articolo tratto da "IlSole24Ore") 

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