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Slot nei Ctd, udienza sul caso Stanleybet il 3 dicembre

07 ottobre 2014 - 09:48

È stata fissata per il prossimo 3 dicembre la prima udienza del Tribunale civile di Roma della causa portata avanti da Stanleybet contro un alto dirigente dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Scritto da Amr
Slot nei Ctd, udienza sul caso Stanleybet il 3 dicembre

 

Il bookmaker ha chiamato ha chiamato in giudizio per il risarcimento dei danni i dirigenti apicali dei Monopoli di Stato, tra cui il firmatario della circolare sulle slot del 13 giugno 2013, Roberto Fanelli, e altri dirigenti regionali, materiali “esecutori di gravi presunte violazioni del diritto comunitario a danno di Stanleybet e dei suoi Ctd”, afferma il bookmaker estero secondo cui non è accettabile che le agenzie ad esso collegate non possano installare slot machine al loro interno, come stabilito da una circolare dei Monopoli. 

“I danni accertati per Stanleybet e per i suoi Ctd, secondo le prime stime, superano – ad oggi - i 5 milioni di euro”, aveva allora affermato il bookie.

 

LA QUESTIONE CONCESSIONE -  I gestori dei Ctd collegati a Stanleybet e ad altri operatori “il cui ingresso in Italia è stato impedito, in violazione del diritto comunitario, hanno pieno diritto di installare le slot machine nei propri locali, contrariamente a quanto sostenuto dai dirigenti dell’Amministrazione e dai concessionari di scommesse. Stanleybet e gli altri operatori, infatti, non hanno potuto ottenere la concessione a causa di una situazione di grave distorsione del mercato; di contro, i cosiddetti concessionari storici hanno beneficiato per 16 anni, nel periodo 2000-2016, di ben tre gare discriminatorie graziosamente servite dal Coni prima e da Aams poi, in violazione dell’obbligo di disapplicazione, da parte di funzionari pubblici, di norme che violano il diritto comunitario. Sia Stanleybet che le altre compagnie estere sono così state costrette a offrire i loro servizi tramite Ctd e/o Ced in applicazione dell'interpretazione obbligatoria della Corte di Giustizia e della Suprema Corte di Cassazione italiana, quale unica modalità di raccolta che allo stato è consentita a seguito delle reiterate discriminazioni subite da tali operatori nelle fasi di accesso al sistema concessorio nazionale.

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